giunge il caso, credo tipico, di un serpente molto velenoso che, trovato in casa sotto un armadio, fu catturato e riportato incolume in campagna, anzi nei campi viciniori, e precisamente non molto distante dalle abitazioni: dove l'europeo presente pensò, con la sua mentalità (e nel suo spavento) che apparentemente non interessava a nessuno l'ipotesi che il serpente potesse subito rientrare in quella o in un 'altra casa. È dallo stesso paese l'evento, più inquietante (ma che è di qualche anno fa) di una squadra di disinfestatori che, inviati dal governo ad apprestare trincee e altre trappole davanti a un villaggio in previsione di una catastrofica e impendente invasione di cavallette, non solo furono impediti dal compiere la loro opera, ma anche duramente picchiati dalla popolazione, e sempre in virtù del rispetto che va portato verso gli animali più umili. Così, e andando verso casi ancora più allarmanti, un amico americano, psicologo di scimmie (e, ci tengo a • sottolinearlo, rispettosissimo del loro benessere) mi raccontava recentemente che l'aggressività delle associazioni contrarie alla sperimentazione animale è oggi tale da produrre, nel suo paese, non solo aggressioni fisiche, razzie e distruzioni indiscriminate nei laboratori di ricerca, ma anche proposte come quella di impiegare in futuro, invece degli animali da laboratorio, esseri umani handicappati. ~ evidente che non si può generalizzare. La nobiltà delle scelte, e anche di quelle migliori, si accompagna alla loro varietà. A una persona che mangia tutti i giorni la carne ma non comprerebbe mai una pelliccia, fa riscontro chi per analoga scelta ideale non mangia mai carne, e non ha mai posto mente àl problema delle pellicce né delle giacche o delle scarpe di cuoio; così, ai vegetariani che per coerenza non consumano bistecche si contrappongono quelli che ritengono di esser coerenti solo se rifiutano anche uova, latte e pesce; e se taluni trovano giusto non comprare scarpe di pelle di canguro (e - naturalmente - del tutto normale comprare quelle di vacchetta) altri ritengono invece che sia soprattutto importante battersi per i delfini, o per le foche; e così via. Esiste una regola generale, che vada bene per tutti? Evidentemente no. Eppure non si può ignorare che vi sono oggi - a differenza che i.o un recente passato- talune esigenze universali, e sono quelle che riguardano il futuro stesso del pianeta. La difesa delle foreste pluviali, la tutela del mare, la lotta contro le piogge acide, l'abolizione dei clorofluorocarburi, le necessità generali di risparmio energetico sono cose che purtroppo richiedono leggi, e leggi internazionali, e quindi un certo grado di coercizione, e con ciò forse anche un inevitabile tasso di ingiustizia verso taluni gruppi o individui. Tutto questo nasce da principi generali di tutela, non meno che l'imporre il casco a chi va in motocicletta. Però è evidente che queste esigenze universali di tutela dell'ambiente non s'ignificano affatto che qualcuno abbia il diritto di imporre agli altri - ad esempio - di non mangiare carne: né che sia possibile trovare criteri assoluti, i quali stabiliscano per quale motivo sia lecito e morale usare lumache di mare, polpi, pesci rossi o piccioni negli esperimenti scientifici, e invece del tutto crudele usare topolini. Con un poco di buon senso, si pongono limiti; ma in moltissimi casi questi non possono che essere limiti convenzionali. Inoltre - anche se è un criterio miope - in molti casi l'unico criterio su cui ci si può mettere d'accordo nel prendere delle misure universali è "il criterio dell' urgenza. Ad esempio, è evidente che l'Italia dovrebbe sbrigarsi a imporre alle auto le marmitte catalitiche, e che in un prossimo futuro potrà essere necessario bandire del tutto le benzine contenenti piombo, e in seguito forse bisognerà abolire in vaste zone le automobili a combustione interna, come già si pensa di fare a Los Angeles; ma oggi la scelta di non usare affatto la macchina può IL CONTESTO essere soltanto individuale, e nessuno ha il diritto di imporre questa opzione anche agli altri. Nel mondo in cui viviamo non è possibile (per ora) abolire per legge le automobili, e purtroppo non lo sarà per un pezzo. Così, per altri versi, si ritiene giusto e possibile tutelare le balene con leggi internazionali, dato che sono minacciate di estinzione, o da no1l'orso marsicano; ma in Italia i cinghiali ormai sono troppi, e anche in Africa accade che se da un lato • la tutela dell'elefante è problema grave e urgente nella maggioranza delle zone, in altre limitate zone ha prodotto una moltiplicazione tale dei capi da produrre danni all'ambiente e da richiederne l'abbattimento di una quota. Anche qui, dunque, ciò che funziona è solo un criterio empirico, che spesso riesce a procedere solo per aggiustamenti successivi, cioè in pratica per tempi brevi o medi. Fatte salve, dunque, le esigenze più operativamente sensate e fattibili di salvaguardia dell'ambiente, appare giusto lasciare a ciascuno la misura del proprio impegno, raccomandando a quegli amici della natura che sono molto appassionati, molto fanatici o molto zelanti l'opportunità di essere anche molto coerenti con i propri ideali dì mitezza nonviolenta, e quindi di rispettare le scelte altrui. Purtroppo gli estremismi e le faziosità hanno sempre un qualche successo, e non tutti si rendono conto che talune proposte sono inutilmente o ingiustamente coercitive sui diritti di altri soggetti umani che non la pensano a quel modo, o sono del tutto impraticabili, o talora perfino francamente ridicole. In particolare, nel campo della difesa degli animali (per esempio per quanto riguarda la vivisezione) gli eccessi di azione degli indignati sembrano talora il prodotto di un forte quoziente di fanatismo e di disiQformazione. Altre volte prevalgono teorizzazioni troppo categoriche. Qui si può osservare, per alleggerire il quadro, che, se da un lato tutti gli animalisti più settari sono anche dei dogmatici, per fortuna non tutti i dogmatici sono anche pienamente e attivamente dei settari: molti infatti sono soprattutto dei pedanti, e quindi non è giusto prenderli troppo sul serio malgrado i danni che fanno. Il libro di Tom Regan I diritti animali, del 1983, è considerato un classico ed è stato recentemente tradotto presso Garzanti con una breve premessa di Salvatore Veca. Si tratta di un volume abbastanza massiccio e di non scorrevole lettura, il cui tono sistematico aspira a un grande rigore di metodo e alla identificazione di solidissimi criteri generali. Per l'autore, gli animali hanno diritti intrinseci, analoghi a quelli propri degli umani: e sono diritti tali per cui, egli conclude testualmente nell'ultima parte del suo volume, "il vegetarianismo è obbligatorio", ogni forma di caccia è "moralmente sbagliata", e andrebbe del tutto bandito ogni "uso degli animali nella scienza". Ma le perplessità di chi legge sono immediate. Per cominciare: chi sono gli animali? In inglese "animai" non significa animale bensì mammifero, però Tom Regan si dà cura di precisare (in due note) una opinione piuttosto singolare: "in ass~nza di indicazioni contrarie, quando parlo di animali mi riferisco ai mammiferi normali di almeno un anno". Ma perché solo i mammiferi ? E perché dopo l'an~o? Questo non viene mai chiarito. In sostanza 15
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