filisteo del diciannovesimo secolo, ben intenzionato ma pienamente borghese, ha significato che i creatori della cultura viva, da Stendhal a Eliot, hanno vissuto fuori di essa o in opposizione a essa. Come ha notato recentemente Leslie Fiedler, questa divisione ha colpito la stessa "Partisan Review": i direttori devono affidarsi largamente a scrittori che, ideologicamente, essi considerano "reazionari" e "oscurantisti". Scientificamente: la fiducia nel metodo scientifico, non controllato da un sistema indipendente di valori umani, ha incoraggiato lo sviluppo indiscriminato di tecniche che ci hanno portato la mostruosa fabbrica Ford di River Rouge, la bomba H e l'organizzazione nazi-sovietica per il controllo e il condizionamento delle persone. Questo è un uso errato della scienza, d'accordo, ma è implicito,nella ideologia che critico. Per un uso più umano del metodo scientifico, fondato non sulla tecnica, l'abilità e il "come funziona?", ma piuttosto su un giudizio di valore di come dovrebbe essere la vita, bisogna rivolgersi a pensatori abbastanza lontani dalla grande corrente liberal-socialista: anarchici come Kropotkin, anticentralisti come Geddes, Borsodi e Gandhi, utopisti come Fourier. I temi che adesso mi interessano non sono i "grandi" problemi: Che fare con la Russia? La Pianificazione è incompatibile col Capitalismo? Ci sarà una nuova Depressione? L'America ha bisogno di un Partito del Lavoro, di un Parti.to Democratico Rivitalizzato o giusto di una dozzina ancora di Tennessee Valley Authority? La Risposta alla Bomba H è un Governo Mondiale? Mi sembrano problemi poco importanti o a cui non si può rispondere. Finché le aree dominanti del mondo saranno organizzate in vasti super-stati, la cui base economica è l'industria di scala e la cui base politica sono decine di milioni di "cittadini"' indifesi, non vedo speranza di un migiioramento significativo. Né ILCONTESTO vedo segnali che un numero considerevole di miei simili siano in condizioni di trasformare queste mostruosità in comunità a grandezza umana. Così in termini di azione di massa (cioè di politica, per come la parola è generalmente intesa), i nostri problemi appaiono insolubili. Possono arrendersi, credo, solo a un approccio più modesto e, per così dire, intimo. Riforma, ricostruzione, rivoluzione perfino, debbono iniziare a un livello più basilare di quello che abbiamo immaginato nei fiduciosi anni Trenta. · Sono i "piccoli" problemi che adesso mi sembrano significativi. Cos'è una buona vita? Come sappiamo ciò che è bene e ciò che è male? Quali sono i più importanti bisogni umani, prendendo me stesso come punto di partenza visto che sono la parte del!' universo che conosco meglio o con cui, comunque, sono stato più a contatto? Come possono essere soddisfatti nel modo migliore, qui e subito? Chi sono io? Come posso vivere amorosamente, sinceramente, piacevolmente? I pensatori che ho trovato più utili nel rispondere a questi problemi, o almeno nel parlare di essi, sono: Cristo, Socrate, Diderot, Jefferson, Thoreau, Herzen, Proudhon, Tolstoj, Gandhi, Simone Weil e Albert Schweitzer. La maggior parte di loro sono religiosi, cosa abbastanza naturale dal momento che i problemi di cui sopra sono quelli che nella nostra epoca si pongono soprattutto le persone religiose. Eppure, anche se quando leggo Gandhi o Tolstoj vedo la convenienza logica della ipotesi-Dio, quest'ultima non mi cattura emotivamente, né sento un bisogno spirituale di essa. Posso credere che l'uomo è un fine e non un mezzo, e che amarsi l'un l'altro è il dovere e il piacere più grande, senza dare a questo credo una base religiosa. Ritengo che il periodo storico a cui mi sento più vicino, per i miei valori, sia l'Illuminismo, da cui deriva tutto ciò che è più attraente tanto nella dottrina socialista che in quella democratico-borghese. Il mito di Gorbaciov in Italia Marcello Flores C'è un unico tema su cui il giudizio di Scalfari e di Agnelli, di Occhetto e di Rossanda è fondamentalmente omogeneo: ed è il ruolo e la politica del presidente dell'Urss e primo segretario del Pcus. È difficile, in questi ultimi mesi ma più in generale in questi ultimi anni, trovare grosse dissonanze tra la "linea" di "Repubblica", "Stampa", "Unità", "Manifesto", al di là delle ovvie differenze di stile e anche di contenuto che appartengono però alla penna dei corrispondenti e degli inviati. Cosa c'è dietro questa unità di giudizio? Gorbaciov è davvero un personaggio così nella storia del nostro tempo da meritare un'approvazione acritica ed entusiasta che non riuscì né a Kennedy né a Kruscev, né a Brandt né a De Gaulle, né a Mao né a Nasser, tanto per restare ad alcuni protagonisti del secondo dopoguerra? O non è cambiata forse l'informazione, il ruolo dei giornali (due dei quali, "Repul;,blica" e "Manifesto", sono giovanissimi), il modo di trattare le notizie che riguardano altri paesi, soprattutto i più importanti? O addirittura non è mutato l' "occhio dell'occidente" nel valutare la politica internazionale e ciò che accade nell'ex impero del male o nell'ex paradiso dei lavoratori? Tanto più sorprendente è questa omogeneità di giudizio e atteggiamento se si tién conto che essa riguarda proprio Gorbaciov, e non già il processo di nuova distensione in atto tra est e ovest o l'andamento della crisi dell'Urss e degli ex paesi socialisti, su cui le posizioni di questi giornali sono notevolmente dissimili. Si ritiene infatti che la crisi del!' est, culminata nelle rivoluzioni del 1989, abbia avuto origine da una decisione autonoma sovietica di abbandonare la dottrina Brezhnev o da una scelta obbligata cui l'Urss era stata costretta dalla lun,gimi- . rante politica reaganianadi riarmo (posizioni entrambe "deboli" di fronte a una valutazione storica appena approfondita). In entrambi i casi, comunque, a Gorbaciov si riconosce lungimiranza e realismo, pragmatismo politico e "senso"dei più alti valori umani. Ancor più rilevante il giudizio in occasione della guerra del golfo, su cui i quattro giornali succitati si sono divisi due a due su piattaforme opposte e inconciliabili. Ebbene, con poche sfumature, il ruolo di Gorbaciov è stato apprezzato da tutti, sia quando ha di fatto permesso, accodandosi àgli Usa nel Consiglio di Sicurezza, che si desse inizio al conflitto, sia più tardi quando ha cercato di reinserirsi nel gioco diplomatico con un'offensiva di pace evidentemente propagandistica (per l' estero ma anche per l'interno). Chi ha ritenuto la guerra di BushSchwarzkopf l'estrema e lucida realizzazione di una politica di diritto e di pace e chi l'ha vista invece come l'ennesimo attentato imperialista ai diritti dei popoli, ha unanimamente riconosciuto 9
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