IL CONTESTO la fede di un non credente Dwight Macdonald traduzione di Marcello Flores Dwight Macdonald è uno degli intellettuali più rappresentativi e insieme anomali del Novecento americano. Protagonista della stagione impegnata tra le due guerre, attratto dal marxismo e vicino alle posizioni di Trotsky, ha sempre combattuto battaglie di minoranza, trovandosi controcorrente anche all'interno della sinistra. Dopo essere stato a lungo uno dei principali collaboratori di "Fortune", uno dei rotocalchi che rinnovarono il giornalismo americano alla.fine degli anni Venti e nei primi anni Trenta, fu uno dei pilastri della rivista più autorevole dell'intelligentsia newyorchese, "Partisan Review", dal 1937 al 1943. Con la.fine degli anni Trenta e nel corso della seconda guerra mondiale maturò il distacco dal marxismo a favore di una posizione pacifista e anarchica che gli permise di guardare con occhio critico - tra i pochissimi in tutto l'occidente - sia a quanto accadeva in Ursscheaquellocheavvenivanegli Usae inEuropa. Fondò, diresse e scrisse quasi da solo, dal 1944 al 1949, la rivista "Politics", cui chiamò a collaborare i migliori spiriti liberi dell'epoca (Wright Mills, M. Schapiro, H. Arendt, I. Silane, N. Chiaromonte, W. Herberg, P. Goodman). Dopo la guerra collaborò assiduamente a "The New Yorker" e "Encounter". Il testo che viene qui riprodotto è la risposta di Macdonald a un questionario sulla religione inviato aiprincipali intellettuali da "PartisanReview" epubblicato nel numero di maggio-giugno 1950 dell<istessa rivista. (M. F.) Per "fede religiosa" intendo il credere che Dio esista. Dio? Non certo lo Jahveh del Vecchio Testamento, con la barba e una personalità umana, troppo umana. Né, almeno per me, l'altro estremo: il Dio degli scienziati che si manifesta nell'ordine fisico dell'universo. Posso accettare che le stelle seguano le loro orbite e che gli atomi si dividano, nella loro regolarità, senza aver bisogno di Dio per spiegarlo. Su questo problema mi trovo d'accordo con l'astronomo Laplace: "Dio? Un'ipotesi che non mi è sembrata essere necessaria". No, per Dio intendo un qualche tipo di coscienza o ordine sovrannaturale che è legato, con un significato di valore (buono, cattivo) alla nostra vita sulla terra. Un simile Dio non posso né accettarlo né respingerlo. In realtà non riesco a immaginarlo. Questa insensibilità non deriva da una mia indifferenza ai problemi morali che in passato hanno spinto gli uomini alla fede religiosa e che oggi, nell'epoca del nazismo, dello stalinismo, delle bombe atomiche e all'idrogeno, hanno comprensibilmente favorito molte conversioni religiose. Al contrario. Sono stato interessato ai problemi etici fin dagli anni Trenta, quando avevo la mente occupata da tutti quei problemi storici, sociali, economici (le teorie delle crisi capitalistiche, il materialismo storico, la disoccupazione, la lotta dei progressisti contro le guerre imperialiste) che adesso mi sembrano superficiali; e lo sono stato in tal misura da essere stato accusato proprio di essere religioso da quelli che Philip Rahv ha chiamato i "radicali laici". Eppure, sfortunatamente, non è così. Dico "sfortunatamente" perché, da un astratto punto di vista intellettuale, Dio è un'ipotesi che trovo, se non necessaria, certo molto conveniente. Per due ragioni: 1) Sono costretto a riconoscere l'esistenza di due mondi che non sembrano comunicare: quello della "scienza", dove i giudizi 8 si possono stabilire oggettivamente, sulla base di criteri quantitativi (misure), e quello dei "valori", dove i giudizi sono in definitiva soggettivi e i criteri sono qualitativi (i propri principi morali e il proprio gusto estetico si possono confrontare con quelli di altre persone e possono influenzarli, perché su questi terreni gli uomini hanno "qualcosa in comune"; ma non possono essere provati con la precisione e l'universalità dei giudizi scientifici perché l' attrazione è soggettiva, e il "me" è st;mpre diverso dal "tu"). Malgrado lo sforzo tecnicamente imponente fatto da John Dewey in Teoria della valutazione per superare questo fossato, io lo vedo ancora intatto. Questo dualismo mi mette, per qualche ragione;a disagio, e quindi cerco istintivamente di mostrare che il buono è anche funzionante, che l'onestà è lamigliore politica, la bellezza è verità e la verità bellezza. Il ponte più soddisfacente tra questi due mondi è... Dio. Ma per mè questo ponte è inutilizzabile. 2) Una funzione intellettuale di Dio ancora più importante è di servire come riferimento decisivo per il proprio sistema di valori. Discutere le basi del proprio codice morale è come prendere una di quelle bambole russe che ne contengono dentro una sempre più piccola: "Credo che uccidere è male". "Perché?" "Perché rispetto l'umanità". "Perché?" "Perché sono umano e riconosco la consanguineità di mio fratello". "Perché?" ecc. ecc. · Se uno crede in Dio arriva alla fine a un'ultima bambola molto solida, e così finisce questo processo di separazione, analitico. Dio è semplicemente e logicamente un assoluto, un fine e non un mezzo, unico nella nostra (cioè di alcuni di noi) esperienza. Un non credente, invece, arriva a una bambola che è vuota come il resto, ma che non contiene più bambole. La propria fede, in definitiva, finisce col rimanere per aria ("credo .che sia giusto così"). Questo non mi preoccupa troppo sul piano emotivo, ma è innegabilmente imbarazzante sul piano logico. Comunque, che ci posso fare? Semplicemente mi sembra di non avere disposizione per l'esperienza religiosa. Eppure tanti miei simili, in passato e anche oggi, si sono sentiti a loro agio con l'idea diDio, da farmi riconoscere che si tratta di una caratteristica umana apparentemente permanente. Ma sono anche sicuro che questa idea non mi sarebbe mai venuta in mente, se non fosse stato per loro. Neppure durante l'adolescenza, quan<!o l'esperienza personale di molti americani sembra ripetere l'esperienza della razza umana (l'ontogenesi ricapitola la filogenesi), ho mai avuto il minimo tremito di sentimento religioso. Né l'ho adesso, per quanto la brutale irrazionalità del mondo moderno mi abbia fatto comprendere altre fedi religiose e simpattflzare con esse, e sebbene in tanti modi sorprendenti mi trovi a essere d'accordo più con gente influenzata dalla religione che con i "radicali laici". Dio, per quanto sia attraente la sua idea da un punto di vista intellettuale, semplicemente non stimola i miei sentimenti o la mia immaginazione. Sempre più questo mi pare un peccato, dal momento che ho perso fiducia nella tendenza sociale non religiosa che domina oggi il paese: quel miscuglio di Marx e Dewey rappresentato in modo "puro" da Sidney Hook, in modo "degradato" dai settimanali liberal, in modo "militante" dai fratelli Reuthero dal senatore Humphrey, in modo "ufficiale" da] gruppo American for Democratic Actions, in modo "intellettuale" dalla "Parti san Review". Questa tendenza mi pare che sia fallita politicamente, culturalmente e anche scientificamente. • Politicamente: essa è fallita o, dove ha ottenuto il potere, ha prodotto gli orrori del comunismo sovietico o la ottusa mediocrità dei governi Attlee e Truman. Lenin e Kautsky sono le due figure politiche antitetiche che essa ha prodotto; entrambi mi paiono del tutto insoddisfacenti. Cultµralmente: il suo stretto legame con il progressivismo
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