Linea d'ombra - anno IX - n. 61 - giugno 1991

GIUGNO 199l - NUMERO61 LIRE8.000

1948.NasceTotip. 700 miliardidi vincite. 6o.ooomilionari. Anno dopo anno. TOTIP. Dal 1948 al lavoroper l'ippicaitaliana.

A·P·E·R·T·U·R·E LACOLLANADI LINEAD'OMBRA I TESTIPIÙATTUAUDELPENSIERORADICALE/LIBEREODERETICODELNOSTROSECOLO• TRA NARRATIVAE SAGGISTICA,FILOSOFIAE SOCIOLOGIA,STORIAE POLITICA• TRESEZIONI <;:OMPLEMENTASRAI:GGI,N· ARRAZIONIM, ANUALI. APPENA USCITI ArnoSchmidt ILLEVIATANO OILMIGLIORE DEIMONDI Unatragediachesi ripete(// Leviatano) unodei piùbei raccontmi ai scrittsi ullaguerras,eguitoda Tinao dell'immortalità, unafarsachenon hafine(Tinaelapuniziondeeglintellettuali). li volumeripropondeueraccontci onsideradtiallacriticatrai miglioridiSchmiditl,piùbizzarro, il menoirreggimentabmileaestrdoellaletteraturatedescadeldopoguerra. AA.VV. UNLINGUAGGIO UNIVERSALE Un'organicracooltdaiintervistceon i maggiosricrittordi i linguainglese. GranBretagna: Ba/fard,Barnes, McEwanS, wift,lshiguro,Kureishi, Rushdie. Irlanda: Banvil/e. Canada: Gallantl,gnatieff,Ondaaljie. Africa: BreytenbachC, oetzee,Gordimer, Soyinka. India: Desai,Ghosh. Nuova Zelanda: Frame. FrancescoCiafaloni KANT E I PASTORI Identità e memoria,utobiografeia politicaI,taliacontadineaItaliaindustrialer,adicpi rovinciaeli ambizioni universaSli,udeNordd, estraesinistra,Togliattei Silanen, oie l'America.Irestiquiraccolstionolatamente autobiografiScip. otrebbaenchedire chesitrattadinarraziodnilatticapitatiaunocheavevamenodivent'anniquandoi carriarmatci onlastella rossaentraroneoBudapesetcheha cercatodi continuaraeoccuparsdii politicaa, sinistrae inbassos, enza dimenticarsenmeai .AA. VV. VIOLENZA ONONVIOLENZA I testi fondamentadli undibattito attualissimoL.a violenza"levatrice dellastoria"o affossatricdei ogni civiltà?Leriflessionpiiùrigorosedaglioppostfirontei dachisicollocain mezzop, errenderepiùcoscienltei sceltedegliopposnordi:eipacifisti, deinonviolenti. Gli autori: EngelsTolstojG, andhi, BenjaminW, eil,BonhoefferC, affi, CapitiniF, anon,Mazzo/arAi,rendt, BobbioA, nders. VOLUMI PUBBLICATI HeinrichBoll LEZIONI FRANCOFORTESI Leleziondi ip<>EltiecnautedaBòlnl el 1963sono preziose nel rivelareil metododiscritturadell'autoreil,suo mododilavorarseullarealtàB. òllnon vuoleoffrirealcun• breviario"p,uò unicamendteimostrardei •conosceregli elementdi ellav~aumana•I.l suo umanesimo è quellodi uno scrittorcehetentadiricostruirqeualcosachevalgaa ridareall'uomoe allasocietàunvoltoumanor,esponsabile solidal.e Voices IL DISAGIO DELLAMODERNITÀ Il nostromondosta rapidamente cambiandoI p. roblemdiell'intelligenzaartificialoedellasocietàpost-industriale ci toccandoirettamentseta, nno traslorrnandol'ambienteincuiviviamo. È indispensabriilfeletterseuicambiamentie trovarechipossaaiutarcai capireloscenaricohesistadelineando,pienodinuoveidee,nuoveincertezze,nuovesperanze nuoveangosce.17grandinomidellacultura mondialneediscutonoconluciditàe passione. ~ftt~t J 5l~~:~~E~rn~1m MAI ESISTITESEMBRANOCOSI SCONTENTDI ELPRESENTECOSI SPAVENTATIDAL FUTUROf• COSA C'~ CHE NON .VA, NEL MONDO CUI APPARTENIAMOf QUALI SONO I COSTIUMANI E SOCIALIDELLAMODERNITÀ•fNE PARl..+,NO, AMIS, IELL, BEUOW, BR/EFSC, ASTORIA0IS,0AHRENOORF,GALTUNG,GELLNER, G/00ENS, IGNATIEFFK, OU.KOWSKI, U.SCH, PAZ, ROTHSCH/L0,TAYLOR, TOURAINE,WALLERSTE/N. --------------~-------------------~- Desidero essere informato sui prossimi titoli e sulle iniziative di Linea d'ombra. NOME ------------------ COGNOM_f __ _;________ _ 1NDIRIZZO--------------------- CAP___ _ ETA' ATTIVITA' TrovoLDOin □ edicola □ libreria, Odaamici, □ biblioteca LeggoLDOdalnumero__ Seziondi i LDOpreferit_e________________ _ Data________ _

• GLISCRITTORI ELAPOLITICA Il MONDODOPOlA FINEDEllA · SECONDAGUERRAMONDIALE• STORIE Dt GUERRAE Dt PACE,DI :~~~~~ ~~,~1\o~lE; ~z~ &T~'.fb,~Jo, GORDIMEII,GRASS,HAU. HAUIDA Y, KONRAD, RUSHDIE, SONTAG, THOMPSON,Vfi>NNEf?UT. LevN.Tolstoj DENAROFALSO Unromanzobrevedellavecchiaiadi Tolstoj,chehadatoil megliodellesueriflessioniteoricheneitestinarrativi,mettendoa puntoun•genere"di"raccontoteorico"odi teoriatrasformatainvicenda. Denarofalso è divisoinduepartispeculari:nellaprima unacambialefalsificata,passandodimano inmano,provocalutloecorruzione;nella seconda,bastache una sola persona dimostrilaforzadellaveritàedellagiustizia perchétutto possa positivamente cambiare. Voices Gli SCRITTORI E LAPOLITICA È la traduzioneitalianadi una seriedi dibattitiorganizzatiper il Canale 4 della televisioneingleseatroscopodiaccostare ilpubblicoallainterpretazioned imaggiori dilemmidelnostrotempo. 12 grandiuomini dipensieroeartisticontemporanei discutonodelrapportoNord/SudeEst/Ovest,dell'impegnodegliscrittorinellalottapolitica (GordimereSontag),dellaguerra(Vonnegut e Boli),di crisi e-di economiae di Europa,di prospettivemondialiper il futuro. AldoCapitini LETECNICHE DELLANONVIOLENZA Lanonviolenza è una"rivoluzionepermanente"checoinvolgedalprofondogliatteg.- giarnentidelsingoloedellacomunitàche trasformae"apre"aglialtri.Questovolume descriveimetodidilottacheallanonviolenzasirifanno,compresal descrizionedelle campagnenonviolentecontroil razzismo, inAfricae inAmerica.Unlibroimportante, anzifondamentale, inquestomomentodi crisidellasinistra. APROPOSITO DEI·coMUNISTI INVITOAl PCIPERCHt SAGGIAMENTE,SI SCIOLGA•ICOMUNI- ~~~T~~~~~~~\~:J DEGU INTELLETTUAU• PERCH! SOLOIl PCIDOVREIIECAMBIARENOMEf• BOTTEGHEOSCURE E PALAZZO• Il ROSSOE Il VERDE • MIUTANZAEVOLONTARIATO • ,Ar,,fNDICE,ELSAMORANTE, l'ICCOLOMANIFESTODEI COMUNISTI (SENZACIASSEESENZA ,ARTITOJ • lA STRANAVICENDA Dt UNA MACEllAIADALVOLTOSFREGIATO• NEllAGfRMANIADEllADISFATTA.UNA RICOSTRUZIONE~NCHIE• STASUGLIANNIDEllAPERSECUZIONEDEGLI EIIREI • UNATESTIMONESENZASTOIJA E SENZA C\JlTU~COME REAGIRl!t • PIUMA Dt UNODEIRACCONTI pt(l ALTIET RRIIIUSULPASSATO TEDESCO• NEllA TILADUZIONE 01 /t~ IEISE/t FORTINI I GuntherAnders DISCORSOSULLE TREGUERREMONDIALI Delgrandefilosofodella"discrepanza" (tra possibil~àe realtàdell'uomonel mondo moderno),analizzatoredellalogicaautodistruttivadell'umanità,teoricodeigruppi pacifistiedecologici.Ilmondonon è piùlo stesso.eglidice,"dopoAuschw~ze dopo Hiroshima".Leferitedell'olocaustoedell'atomicanonsonorimarginabili; è dalla coscienzadellelorounicitàedallaconcreta possibilitàdellafine del mondoche bisognapartireperribellarsi. linead'ombra APROPOSITO DEICOMUNISTI Anchelaredazionedi "Linead'ombra"ha volutodirelasuasullacrisichetravagliail comunismoitaliano,da una posizione decentrata,di "senzatessera"che non hannointeress1di carrierao di schieramentodentroilPCI.Nelvolumesitoccano i punticrucialideldibatt~o:l'ereditàleninista e togliattiana,le colpestorichedel partito,lacrisidiidentitàchetravagliabase efunzionari, ilruoloambiguodeglintellettuali,glischieramenti interni,lrapportoela comunanzadi certimetodicon gli altri partitie conil "palazzo",il rapportoconi Verdi,el'invitoalPCI,paradossalemanon troppo,"perchésisciolga",perchéinventi nuoveformediversedaquelletradizionali di Partito. ' · AlbrechtGoes LAVITTIMA Pubblicatoperlaprimavoltanel1954, La vitimasi affiancautorevolmente alleopere cheriflettonosulpassatodellaGermania - conaffinitàsoprattuttoconquelledi Boli.Goes,pastoreprotestante,siè basatocomenarratoresullesueesperienzedi vita,chesonostateterribiliperchéegliha fattolaguerrasbattutodaÙnfronteall'altrocomecappellanomilitare.Come.ogni inchiestachesi rispetti,e anchecome ogni"mistero"religioso, Lavittima conducea una"rivelazione" lacuiscopertalasciamoal lettoredi fare. -----------~------------------------- Agli abbonati alla rivista è riservato uno sconto . del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertjna dei primi cinque libri ·della nostra collana 11 Aperture 11 1 minimo due titoli (il volume di Aldo Capitini 11 Le tecniche della nonviolenza 11 è esaurito). Compilate questo tagliando: TITOLISCELTI__________________________ _ abbonatoa LDOdalnumero____ nuovoabbonamento indata_____________ _ □ PagamentoeffettuatosulVs c.c.p.N.54140207 O Allegoassegno O Pagatoamezzovaglia lntoct-:,ro o cnorliro ':li I ino'=I rl'nmhr!:11 orli7inni C'rl \/i,:, n'lffl 1rin A 'Jn1 ')A lAil-=,nn _tol (\'J/a:aana".l1

Gruppo redazionale: Alfonso Berardinelli, Gianfranco Bettin, Grazia Cherchi, Marcello Flores, Goffredo Fofi (direttore), Piergiorgio Giacchè, Gad Lemer, Luigi Manconi, Santina Mobiglia, Lia Sacerdote (direzione editoriale), Marino Sinibaldi. 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Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche redazionali: Alberto Cristofori, Natalia Delconte Pubblicità: Miriam Corradi Esteri: Pinuccia Ferrari Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: Paola Costa, Laura Gonçalez, Franz Haas, Franco Quadri, Edi Rabini, Stefano Velotti, il Goethe Institut di Roma e di Milano, la Cineteca di Città del Messico:l'agenzia fotografica Contrasto. Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Tel.02/6691132-6690931. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Tel. 02/8467545-8464950 Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Firenze - Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (MI)-Tel. 02/4473146 LINEA D'OMBRA - Mensile di siorie, immagini, discussioni. Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 al n. 393. Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo III/70% Numero 61 - Lire 8.000 I manoscritti non vengono restituiti. Si pubblicano poesie solo su richiesta.Dei testi di cui non siamo stati in grado di rintracciare gli aventi diritto, ci dichiariamo pronti a ottemperareagli obblighi relativi. llNEA D'OMBRA anno IX giugno1991 numero 61 ILCONTI 4 6 8 9 11 15 Luigi Bobbio Gianfranco Bettin Dwight Macdonald Marcello Flores Alessandro Triulzi Giovanni Jervis CONFRONTI 17 18 Vincenza Consolo Franz Haas La Nuova Italia. Qualche previsione Cent'anni di solitudine. Un papa e un'enciclica La fede di un non credente Il mito di Gorbaciov in Italia Impressioni di un viaggio in Etiopia Per un dibattito sugli animali Milano e il suo Grande Regista Descrizione del dolore. Su Anna Maria Ortese e M. Caramella su una storia dell'Australia (a p. 21), P. De/conte sulla "Poguesia" dei Pogues (a p. 23). Gli autori di questo numero (a p. 94). POESIA 43 65 Adunis Leonard Cohen STORIE 50 53 62 Werner Kofler Reinaldo Arenas Bernard-Marie Koltès SCIENZA 25 31 Wolfgang Sachs Giorgio Bert INCONTRI 36 Don De Lillo 46 Gi.inter Grass Le pietre e altre poesie a cura di Massimo M. Pesaresi Cammino attraverso ... a cura di Francesca Piviotti lnghilleri con una nota su Cohen cantautore di Peppo De/conte Congetture sulla Regina della Notte Fine del corteo con un 'intervista ad Arenas di Liliane Hasson Tabataba La natura come sistema Pascal, Descartes ... e la storia della biologia Emarginati, assassini, misteri ... a cura di Anthony De Curtis Benzina a colazione a cura di Roberto Menin ITINERARIOMESSICANO 70 79 88 Elena Poniatowska Luis Bunuel Julia Tunon A tu per tu con Juan Rulfo I poveri e i ricchi. Due film messicani a cura di ]osé de la Colina e Tomds Pérez Turrent "El_Indio" Fernandez, macho e regista. La copertina di questo numero è di Fabidn Gonza/es Negrfn. Questa rivista è stampata su carta riciclata. Abbonamenti Annuale: ITALIA L. 75.000, ESTERO L. 90.000 a mezzo assegno bancario o c/c. postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra.

ILCONTESTO La nuova Italia Qualche previsione Luigi Bobbio / Nel numero di marza di "Linea d'ombra", Piergiorgio Bellocchio (Economia italiana. Qualche previsione) ha gettato uno sguardo sui prossimi cent'anni di storia italiana, rivelando come la disastrosa situazione del debito pubblico abbia generato nel XXI secolo un processo di privatizzazione selvaggia e di deperimento dello stato. Non sappiamo su qualifonti si sia basato l'autore. Abbiamo però ragione di ritenere che le cose siano andate molto diversamente, grazie a un documento datato 17 luglio 2044 di cui siamo venuti casualmente inpossesso. Poiché siamo assolutamente certi della sua autenticità, abbiamo deciso di pubblicarlo integralmente. Roma, 17 luglio 2044. In un clima di simpatia, si sono svolte le celebrazioni del primo cinquantenario del Patto Costituzionale, che sono culminate con la grande sfilata lungo i fori imperiali davanti alle massime autorità dello stato. Soprattutto per i più giovani che non sanno quali sacrifici abbia comportato l'attuale fase di stabilità, sarà bene ricordare ancora una volta l'acuta crisi che travolse le istituzioni repubblicane alla fine del secolo scorso. Nelle elezioni del 1994 per la prima volta i partiti storici, nel loro insieme, persero la maggioranza a vantaggio di raggruppamenti populistici e destabilizzanti: le leghe, i verdi, le liste dei pensionati, gli antiproibizionisti, il Fronte degli albanesi, Maghrebini uniti per il progresso. Sembrava che la dissoluzione dello stato fosse ormai prossima. Ma i partiti storici trovarono la forza di reagire, per contrastare il razzismo e la demagogia dilaganti. Il 17 luglio 1994fu sottoscritto, infatti, il Patto Costituzionale per l'Unità dello Stato (Pcus), cui aderirono: Dc, Pds, Psi, Pri, Pli, Psdi, Msi, P2 e Sismi. L'accordo prevedeva che il 90 per cento dei seggi in parlamento fosse riservato alle forze aderenti al Pcus e che il restante 10 per cento venisse distribuito proporzionalmente, tra i gruppi di opposizione: Fu una decisione saggia e lungimirante, perché permetteva di garantire la governabilità, senza privare il sistema del positivo stimolo del pluralismo e della critica. Nel nuovo clima di fattiva operosità che seguì non fu difficile varare la riforma del parlamento che per anni era stata bloccata da voti contrapposti. Con l'introduzione della Sessione Operativa per il Voto Indipentlente Equilibrato e Trasparente (Soviet) i lavori parlamentari furono resi più agili e snelli: dopo qualche mese di rodaggio il tempo medio di approvazione di un decretolegge fu portato a 7'37". Di grande utilità si rivelò poi l'istituzione, al vertice del governo, della Postazione Organizzativa Legiferante per l'Individuazione di Temi Ben Urgenti e la Regolamentazione Onnicomprensiva (Politburo). Fu così possibile giungere, fra l'altro, alla definitiva soluzione del problema della concentrazione dell'informazione che per decenni aveva dilaniato il mondo politico. Con il Programma di Riforma Antimonopolistica per una Video-stampa Democratica ed Autonoma (Pravda) si stabilì che nessuno poteva possedere più di 154quotidiani e di 98 reti televisive e si diede mandato al Pcus di procedere, con ogni mezzo, alle necessarie acquisizioni, entro i limiti fissati dalla legge.L'incarico di garante dell'editoria fu affidato in concessione quarantennale alla società Intini s.r.l. 4 Per dare efficienza e imprenditorialità al settore pubblico, pochi anni dopo tutte le attività statali (ferrovie, poste, sanità, giustizia, scuola, banche, esercito, aeronautica e altre) furono raggruppate nella Grande Organizzazione Servizi Produzione Lavoro e Agricoltura Nazionali (Gosplan) che ben presto procedette a un'intensa e oculata politica di acquisizioni. Passarono così sotto il controllo pubblico industrie chimiche, elettroniche, meccaniche e dolciarie, l'intera rete di produzione e distribuzione di video-games, numerose tabaccherie, gran parte della haute couture e del campionato di serie A (clamoroso l'acquisto del Milan da parte della Usi di Gallarate). L'emanazione della legge anticrimine del 2004 segnÒ'infine la definitiva vittoria dello stato sulla criminalità organizzata. Essa stabilì infatti che tutti i capi di cupole, cosche e famiglie nonché di altri nuclei mafiosi comunque denominati dovessero essere scelti tra esponenti politici di sicura fede democratica. Private così della loro carica feroce e aggressiva, le organizzazioni excriminali furono indotte a unirsi nella Federazione Cosa NostraCamorra-' Ndrangheta che da allora costituisce un prezioso interlocutore del governo nei programmi di risanamento del mezzogiorno. Le conseguenze di questa svolta furono particolarmente brillanti e non solo sul piano dell'ordine pubblicò. Con la nomina dell'on. Peppe O'Fetuso a ministro delle Finanze le entrate tributarie dello stato raddoppiarono in un solo anno. Ciò non bastò però, purtroppo, a risanare il deficit pubblico, perché nello stesstJ periodo l'Italia si era impegnata in grandi programmi di intervento sociale: il 2012 fu l'anno delle Olimpiadi di Reggio Calabria e dell'Expo Universale di Ottaviano. L'anno successivo si disputò la Coppa del mondo di calcio a Corleone in 16stadi appositamente costruiti di 200.000 posti ciascuno, dotati di comodi divani in similpelle, video tridimensionali a colori, frigo-bar e pistole lancia-razzi. Alcune tra le maggiori imprese private resistevano però al nuovo corso. Il 2015 sarà ricordato come l'anno del rogo di Mirafiori, dovuto - a quanto si appurò in seguito - alla sbadataggine di un elettricista che poi scomparve misteriosamente, forse in preda a sensi di colpa. L'incendio durò una settimana, distruggendo tutti gli impianti, anche perché i vigili del fuoco si rifiutarono di intervenire in quanto l'azienda era in ritardo con il pagamento delle quote. Subito si intavolarono trattative tra il governo e la Fiat che si conclusero costruttivamente per entrambe le parti. La famiglia Agnelli ebbe in assegnazione •perpetua il ministero dell'industria e la casa torinese fu trasformata in una consociata dell'Inps, con grande vantaggio per i pensionati che cominciarono a ricevere le pensioni sotto forma di buoni acquisto per automezzi lveco. L' 11 febbraio 2029 sancì la 'definitiva conciliazione tra lo stato e la chiesa cattolica. Con il nuovo concordato lo stato conquistava la_quota maggioritaria del Vaticano e del sistema conventuale italiano trasferendola sotto il controllo dell'lri e otteneva il diritto a nominare il 75 per cento dei vescovi, scegliendoli tra politici con almeno 150.000 preferenze. In cambio introduceva 15ore settimanali di religione in tu.ttele scuole, le aziende,

gli ospedali, le discoteche e i bar, all'interno dell'orario ordinario dei suddetti esercizi. Il nuovò clima di concordia fu suggellato dall'ascesa al soglio pontificio di un ex-ministro democristiano alle poste che assunse il nome di Liggio I. L'espulsione dell'Italia dalla Cee, avvenuta nel 2033, non creò particolari problemi perché il nostro paese aveva provveduto ad aderire alla nuova Comunità Economica Intercontinentale con la Colombia, il Bronx e Chinatown che permise di sviluppare un proficuo processo di cooperazione sovranazionale. Mentre scriviamo la parata del cinquantenario si è appena conclusa. Grandi applausi hanno riscosso le redazioni dei quotidiani nazionali nelle loro eleganti uniformi, il corpo delle guardie carcerarie dell'Aspromonte, l' équipe di Domenica In, i reparti degli stilisti del pret-à-porter, gli sbandieratori di Gladio con i loro simpatici Nasco, gli sventagliatori di Gela, le associazioni politico-affaristiche della Duomo Connection, l'Alta Autorità per il coordinamento dei produttori di gadgets, le majorettes della "Sacra Congregazione Missionaria s.p.a." del gruppo Iri-Fininvest, i giornalisti de "l'Espresso-Sorrisi e canzoni", i 28.000 dipendenti del pronto soccorso di Palmi, i membri del Consiglio Superiore della Magistratura con le loro bellissime livree, i degenti dell'ospedale psichiatrico "F. Cossiga". Al termine della sfilata, dopo le brevi allocuzioni del ministro dell'interno Pier Luigi Gava, del presidente del consiglio Ferdinando Andreotti e del Presidente della repubblica sig.ra Lucrezia Gelli, ha preso la parola il primo segretario del Pcus Leonida Craxi che ha voluto ricordare le antiche radici della nuova repubblica nel mitico '89 e nel crollo del comunismo totalitario e non ha mancato di rinnovare il proprio personale impegno per la riduzione del disavanzo pubblico, per un solerte avvio delle privatizzazioni, per la lotta contro la droga e per i referendum IL CONTESTO t, Disegno di Cork propositi vi. L'unica nota polemica, in una giornata contrassegnata da un clima di sincera cordialità, è stata la dichiarazione, diramata in serata dal sottosegretario alla Marina Mercantile, on. Gaetano Occhetto, con cui ha lamentato di essere stato escluso, ancora una volta, dal palco delle autorità. Appena i discorsi sono terminati, la gente - che era accorsa numerosa - ha affrettato il passo verso casa. Possiamo scommettere che questa sera nessuno rinuncerà ad assistere alla prima pun,tatadella 158°edizione di Fantastico con l'attesissimo ritorno della coppia Angelo Baudo e Donatella Carrà, da troppo tempo assenti dai teleschermi unificati della Video Radio Emittenza per un Massiccio Intrattenimento Anonimo (VREMIA). Cent'anni di solitudine Prime riflessioni su un'enciclica Gianfranco Bettin Appena dopo aver incontrato in Vaticano il Papa, il primo dicembre 1989 parlando in Campidoglio Michail Gorbaciov, nel discorso in cui inopinatamente celebrava il valore della "misericordia", auspicava per il mondo sovietico una "spiritualizzazione della vita che sappia rivoluzionare le coscienze, tenendo come punto di riferimento i valori morali eterni e le semplici leggi di moralità e di umanità". La lettura della Centesimus Annus ci fa scendere nel pieno di queste "semplici leggi di moralità e di umanità", in nome delle quali Karol Wojtyla sottopone a critica radicale l'esperienza storica e l'impianto ideologico del socialismo e a una critica severa gli aspetti più ingiusti, le distorsioni, gli sperperi dei sistemi capitalistici. Nel pieno dei grandi, squassanti mutamenti che tra l'estate dell' 89 e l'inverno del '90 hanno cancellato dall'Europa i "socialismi reali", Gorbaciov non poteva non sentire il fascino e la forza, suggestiva e politica insieme, di quel richiamo. E non poteva che cercare di farlo proprio, tentando anzi di riproporlo in patria, di offrirlo come orizzonte di valori e di indicazioni pratiche alle masse disorientate e arrabbiate dell'immenso impero. Molti critici rilevano ormai che proprio questo è il limite deludente del progetto, o del sogno, di Gorbaciov: il proporre, cioè, non tanto una strategia articolata e precisa di fuoriuscita dal vecchio sistema, quanto una generica sebbene sincera volontà di farlo, verificabile certo, nell'efficacia, nella sua pars destruens, che abbatte tiranni e regimi, ma impotente, vaga e velleitaria .troppo spesso nel suo cammino verso il nuovo. L'impresa di Gorbaciov è talmente poderosa da meritare ogni comprensione e ogni appoggio, ma è difficile dar torto a questi critici. È anche difficile dar torto a taluni critici dell'ultima enciclica papale. Essa è certamente stata pensata ed elaborata "dentro" gli eventi dell'89 (esplicitamente e ripetutamente richiamati nel testo, che gli dedica un capitolo cruciale). È quindi, in un certo senso, vero, come rileva Baget-Bozzo, che "questa enciclica è legata a una situazione precisa, a popoli definiti in tempi e spazi delirpitati" per cui "l'Est diviene il luogo storico e politico da cui il papa parla". Ed è anche vero - lo nota Paolo Flores d' Arcais - che il papa riprende temi e giudizi da tempo acquisiti nell'area liberal-democratica (nei suoi filoni più limpidamente critici) e, più recentemente, ecologista. Orientamenti non nuovi, dunque. Ma è un fatto che entrambe queste matrici della Centesimus Annus rinviano a elaborazioni maturate nel pieno di fondamentali processi della nostra epoca. Le trasformazioni all'Est, e le lunghe lotte, i lunghi percorsi che li hanno preparati e prodotti, così come - e specularmente - la coscienza delle aberrazioni del capita- _lismoe di quelli che sono stati chiamati i suoi "limiti" (da ultimo, 5

IL CONTESTO persino da un opinion-maker non certo sovversivo come Alberto Ronchey) non hanno motivato inmolte altre grandi istituzioni una riflessione come quella formulata dal papa a nome della chiesa. A fronte di quei processi, e dentro essi, Wojtyla ha schierato la sua chiesa da una parte ben precisa, quella appunto "delle semplici - leggi di moralità e umanità" citate da Gorbaciov. Ma quanto nel leader sovietico, alla prova dei fatti, cioè delle riforme da attivare dall'alto del governo, si rivela un limite arduo, un vuoto, nel messaggio del papa, destinato a diffondersi dal basso, trova una forza che nel tempo potrebbe dispiegarsi e radicarsi, cioè farsi politica vera, intervento. Massimo Cacciari ha obiettato che l'enciclica se la prende con due nemici ormai inesistenti: il socialismo reale e il capitalismo sregolato. Così, secondo Cacciari, non si capisce a chi siano attribuibili quei mali che il papa denuncia come presenti nelle società industriali sviluppate (appunto: sprechi, residue aree di povertà e ingiustizia, e quella diffusa alienazione che sostituisce il vecchio "sfruttamento" descritto da Karl Marx - per inciso, l'unico autore citato da Wojtyla- con altre forme di sfruttamento "nelle quali gli uomini si strumentalizzano vicendevolmente e, nel soddisfacimento sempre più raffinato dei loro bisogni particolari e secondari, diventano sordi a quelli principali e autentici"). Questo "uomo che si preoccupa solo o prevalentemente dell'avere e del godimento" tuttavia esiste, ed esiste il sistema economico e produttivo che lo blandisce e se ne alirnenta, ed è proprio questa la forma presente del capitalismo, la forma dominante, che è, notoriamente, anche la forma dominante nei rapporti sociali e nelle stesse relazioni tra gli individui (nonché la forma fantastica stessa in cui gli individui si pensano, che rappresenta, per così dire, la variante degradata - o la versione reale se si preferisce - dell'individuo "ricco di bisogni" ipotizzato da Marx come il cittadino ideale della sua ideale società della produzione illimitata). La lingua di Woityla è quella tradizionale della chiesa - anche se qui si presenta più piana del solito e precisa nei riferimenti specialistici al dibattito politico, sociologico ed economico - ma i terni che evoca sono da tempo al centro dell'attenzione dei più avvertiti e radicali .critici delle nostre società (si pensi, per esempio, al dibattito sul narcisismo o, sul versante più economico-sindacale, a quello sui diritti dei lavoratori e sulla loro partecipazione all'impresa, questioni che echeggiano con nitore nell'enciclica). Wojtyla sembra considerare il capitalismo come un sistema che produce forme diverse di sfruttamento e di ingiustizia, che si incarna in forme politiche e istituzionali cangianti, a differenza del socialismo che, nella sua ottica, appare destinato a tradursi sempre in un potere oppressivo. Quest'ultimo commette un fondamentale errore di "carattere antropologico" riducendo l'uomo "a una serie di relazioni sociali" nelle quali "scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale, il quale costruisce mediante tale decisione l'ordine sociale". Il diritto alla proprietà privata, ali' iniziati va, alla libertà deriva da qu,.estafondamentale "autonomia", che va riconosciuta e che il socialismo, nel suo "errore antropologico", nega. Il sistema capitalistico, sembra dire Wojtyla, non commette questo errore. In un certo senso commette quello opposto, un eccesso di intraprendenza che risulta cieco alle ragioni di "sussidiarietà" e di "solidarietà". A queste ragioni Wojtyla vede ispirata la parte migliore dell'azione storica del movimento operaio quando esso ha esplicato "una vasta attività sindacale riformista, lontana dalle nebbie dell'ideologia e più vicina ai bisogni quotidiani dei lavoratori". L'enciclica traccia un elogio del movimento operaio sicuramente, come dire, fuori moda, se non anacronistico, se lo si rapporta all'attuale dibattito politico nei paesi più sviluppati (e 6 specialmente in un paese neo-ricco e cialtrone come il nostro). Tra l'altro, esso ricorda l'esaltazione del patrimonio riformista del movimento operaio operata lo scorso anno, il primo maggio, da un Cossiga alle soglie della sua stagione più foscamente protàgonistica. Ciò per dire che in sé quest'elogio potrebbe non promettere niente di buono o, quantomeno, configurarsi come un riferimento ormai rituale. Ma la differenza di fondo, che. vale anche per tutta l'analisi del sistema capitalistico e dei suoi "mali", sta nel quadro globale di riferimento dell'enciclica. Wojtyla, a differenza di papa Leone e della sua Rerum Novarum, ha ben chiara la dimensione planetaria dei problemi, l'interconnessione tra sviluppo e sottosviluppo, tra crisi all'Est e ruolo dell'Ovest, tra Nord e Sud. È su questo scenario che si muove. Nata certo dentro la crisi dell'Est, elaborata a contatto della nuova alienazione dei paesi più ricchi, la Centesimus Annus guarda al mondo nel suo insieme. È in questo quadro globale che si ritrova quel capitalismo sregolato che, a parere di Cacciari, sembra non esistere invece più nelle aree sviluppate, di capitalismo e democrazia "maturi", non più "manchesteriani". Su questo punto Wojtyla è chiarissimo. Denuncia le persistenti e profonde contraddizioni del capitalismo sviluppato, tra le quali mette l'espropriazione della "proprietà della conoscenza, della tecnica e del sapere" che determina la ricchezza della Nazioni industrializzate "molto più" che la proprietà di risorse naturali, espropriazione che si somma, nei più poveri, alla mancanza di beni materiali. Ma con più forza e drammaticità denuncia gli esiti planetari di questo capitalismo sregolato, la cui "spietatezza" violenta e sradicante sembra irrefrenabile, nel Terzo e nel Quarto mondo. È a questo proposito che Wojtyla prende con più decisioni le distanze dal sistema; considerando "inaccettabile l'affermazione che la sconfitta del cosiddetto 'socialismo reale', lasci il· capitalismo come unico modello di organizzazione economica". Per Woityla occorre invece "rompere le barriere e i monopoli che lasciano tanti popoli ai margini dello sviluppo, assicurando a tutti - popoli e nazioni - le condizioni di base che consentano di partecipare allo sviluppo". Sta qui la motivazione positiva della "lotta contro un sistema economico, inteso come metodo che assicura l'assoluta prevalenza del capitale, del possesso degli strumenti di produzione e della terra rispetto alla libera soggettività del lavoro dell'uomo". La reiterata condanna della lotta di classe, a differenza che nella Rerum Novarum, che da tale condanna sembrava per lo più motivata, non approda qui a una generica ricerca di equità e conciliazione. C'è la precisa indicazione di un metodo: la lotta sindacale (con una pregnanza anche culturale e politiea). Naturalmente, c'è l'esperienza di Solidamosc dietro, pre e post-'89. Ma vale anche per altrove. L'esperienzà polacca legittima le parole del papa, le rende credibili - ma esse varcano quei confini e ambiscono a un'eco planetaria. È questa la dimensione cui si rivolgono, aldilà del particolare ambito in cui sono state pensate originariamente. Papa venuto dall'Est e dal freddo, ma consapevole di essere il capo di una Chiesa sempre più radicata nei Sud del mondo, assiduo osservatore e frequentatore di quei Sud, Wojtyla, dal cuore del sistema capitalistico più spericolatamente moderno è forse la sola figura di grande autorità in grado oggi di rivolgersi in modo attendibile a una platea così vasta. Alienazione e consumismo, lotta sindacale e lotta per i diritti politici: denuncia delle sperequazioni insopportabili tra Nord e Sud (con particolare accento sul tema del debito estero dei Paesi più poveri: "non si può pretendere che i debiti contratti siano pagati con insopportabili sacrifici"), della "insensata distruzione dell'ambiente naturale" - tutto ciò costituisce, per Woityla, un altro "errore antropologico" tipico del sistema capitalistico: l'uomo pensa "di poter

Fotodi ShepordSherbell(Sobo/Conlroslo) disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà". Di qui l'irrazionale distruzione dell' ambiente naturale e dello stesso "ambiente umano". Quest'ultimo effetto, al 'quale "si è ancora lontani dal prestare la necessaria attenzione" sembra configurarsi come il prossimo orizzonte della riflessione e dell'iniziativa papale. "Ci si impegna troppo poco - scrive Wojtyla-per salvaguardare le condizioni morali di un'autentica 'ecologia umana'" minate soprattutto da gravi fenomeni come la "moderria urbanizzazione" o dalla mancanza di attenzione a una "ecologia sociale del lavoro". Ambiente, struttura sociale, educazione formano l'uomo ma possono anche produrre "specifiche strutture di peccato impedendo la piena realizzazione di coloro che da esse sono variamente oppressi". Occorre perciò "demolire" tali strutture. Con "coraggio e pazienza". Si apre qui il capitolo più discutibile dell'enciclica e dell'intero magistero di questo papa. Qui trovano fondamento le critiche. di "oscurantismo" o di "sordità" o "cecità" alle ragioni di chi non appartiene a Santa Madre Chiesa. IL CONTESTO Wojtyla ribadisce i principi della sua etica che pone al centro la famiglia fondata sul matrimonio ("prima e fondamentale struttura di ecologia umana"), il primato dell'educazione religiosa, la sottovalutazione della differenza sessuale e del ruolo della donna, la denuncia dell'aborto e della contraccezione con una violenta campagna contro una "concezione distorta del problema demografico" che produce "campagne sistematiche contro la natalità" - una denuncia che proprio in base alle condizioni delle aree più povere rilevate dall'enciclica appare del tutto irresponsabile e, se calata nella realtà concreta, perfino cinica. Non si discute, è ovvio, il diritto dèl papa di ribadire i principi della sua morale, ma si dà il caso che Wojtyla richiami gli Stati a legiferare in nome di essa, con tutte le conseguenze I?revedibili e verificabili. · · Su questo piano le critiche sono difficilmente· contestabili (Paolo Flores d' Arcais vi ha costruito sopra buona parte del suo pamphlet "antipapista" su "Micromega" - la parte condi visibile, diciamo). In tale reiterazione dei principi dell'etica cattolica - tra l'altro perfettamente ignorati dai "laicissimi" e opportunisti cattolici dei paesi ricchi, e tragicamente presi sul serio, per convinzione o per impossibilità di fare altrimenti, dai cattolici dei paesi poveri-in questa rivendicazione solenne e orgogliosa sta la radice, anche, di quella "assenza dell'altro" dall'enciclica rilevata ancora da Cacciari, fondatamente. L'altro inteso come le altre-culture, le altre religioni - l'interlocutore possibile di un dialogo. Nello sforzo di Wojtyla di opporsi strenuamente alla guerra, nella recente vicenda del Golfo, la preoccupazione per questo dialogo, minato dal conflitto, era sembrata costante e nettissima. Qui è scarsamente avvertibile, invece, Wojtyla parla da cattolico, ovviamente, e i suoi interlocutori sembrano esclusi- . vamente le masse cattoliche da un lato e i governi dall'altro. Il resto del mondo, da conquistare all'equità, alla pace e alla democrazia, è oggetto dell'opera di "evangelizzazione" di cui la dottrina sociale è uno strumento. Sono passati cento anni dalla Re rumNovarum. Per quanti errori abbia commesso e per quanti orrori abbia prodotto il socialismo, ciò non basterà a nascondere i limiti di quella enciclica e dell'intera dottrina sociale cattolica, la sua frequentissima connivenza con le ragioni e gli interessi padronali, che di fatto isolava la protesta e la lÒtta del movimento operaio. Non basterà nemmeno l'esperienza storica dei "socialismi reali" a cancellare errori e orrori storicamente prodotti dalla "chiesa reale", dai sistemi e dai poteri che ha ispirato più o meno direttamente, dalle angosce e dalle repressioni che la sua "morale" ha radicato negli individui e nelle folle. Niente di questo può essere dimenticato, nemmeno oggi che l'argomentare del papa si articola su temi e su linee che si possono sentire più vicini e che la personalità stessa di Karol Wojtyla rende comunque credibili, sinceri, oltre che autorevoli. Ma questa vicinanza risulta soprattutto "politica" e forse, ma in senso lato, "culturale". È riscontrabile appunto, in questo caso specifico, nel superamento del generico interclassismo della tradizionale dottrina sociale della chiesa, che qui si evolve in un programma di più definito e impegnato lavoro politico-sindacale, con precise discriminanti (è comprensibile come ciò inquieti l'establishment del capitalismo, da Pininfarin_a allo "Wall Street Joumal"). Sul piano delle libertà, invece, di quelle che appartengono alla sfera più personale e individuale e che non possono essere conculcate da nessuna legiferazione, .e sul piano della ricerca più profonda e misteriosamente complessa, "trascendente" direbbe il papa, che aiuta chiunque, credente o no, questa enciclica, come tutto l'insegnamento di Wojtyla, lascia perplessi o lontani. Ci aspettano altri cento anni di solitudine, come minimo. 7

IL CONTESTO la fede di un non credente Dwight Macdonald traduzione di Marcello Flores Dwight Macdonald è uno degli intellettuali più rappresentativi e insieme anomali del Novecento americano. Protagonista della stagione impegnata tra le due guerre, attratto dal marxismo e vicino alle posizioni di Trotsky, ha sempre combattuto battaglie di minoranza, trovandosi controcorrente anche all'interno della sinistra. Dopo essere stato a lungo uno dei principali collaboratori di "Fortune", uno dei rotocalchi che rinnovarono il giornalismo americano alla.fine degli anni Venti e nei primi anni Trenta, fu uno dei pilastri della rivista più autorevole dell'intelligentsia newyorchese, "Partisan Review", dal 1937 al 1943. Con la.fine degli anni Trenta e nel corso della seconda guerra mondiale maturò il distacco dal marxismo a favore di una posizione pacifista e anarchica che gli permise di guardare con occhio critico - tra i pochissimi in tutto l'occidente - sia a quanto accadeva in Ursscheaquellocheavvenivanegli Usae inEuropa. Fondò, diresse e scrisse quasi da solo, dal 1944 al 1949, la rivista "Politics", cui chiamò a collaborare i migliori spiriti liberi dell'epoca (Wright Mills, M. Schapiro, H. Arendt, I. Silane, N. Chiaromonte, W. Herberg, P. Goodman). Dopo la guerra collaborò assiduamente a "The New Yorker" e "Encounter". Il testo che viene qui riprodotto è la risposta di Macdonald a un questionario sulla religione inviato aiprincipali intellettuali da "PartisanReview" epubblicato nel numero di maggio-giugno 1950 dell<istessa rivista. (M. F.) Per "fede religiosa" intendo il credere che Dio esista. Dio? Non certo lo Jahveh del Vecchio Testamento, con la barba e una personalità umana, troppo umana. Né, almeno per me, l'altro estremo: il Dio degli scienziati che si manifesta nell'ordine fisico dell'universo. Posso accettare che le stelle seguano le loro orbite e che gli atomi si dividano, nella loro regolarità, senza aver bisogno di Dio per spiegarlo. Su questo problema mi trovo d'accordo con l'astronomo Laplace: "Dio? Un'ipotesi che non mi è sembrata essere necessaria". No, per Dio intendo un qualche tipo di coscienza o ordine sovrannaturale che è legato, con un significato di valore (buono, cattivo) alla nostra vita sulla terra. Un simile Dio non posso né accettarlo né respingerlo. In realtà non riesco a immaginarlo. Questa insensibilità non deriva da una mia indifferenza ai problemi morali che in passato hanno spinto gli uomini alla fede religiosa e che oggi, nell'epoca del nazismo, dello stalinismo, delle bombe atomiche e all'idrogeno, hanno comprensibilmente favorito molte conversioni religiose. Al contrario. Sono stato interessato ai problemi etici fin dagli anni Trenta, quando avevo la mente occupata da tutti quei problemi storici, sociali, economici (le teorie delle crisi capitalistiche, il materialismo storico, la disoccupazione, la lotta dei progressisti contro le guerre imperialiste) che adesso mi sembrano superficiali; e lo sono stato in tal misura da essere stato accusato proprio di essere religioso da quelli che Philip Rahv ha chiamato i "radicali laici". Eppure, sfortunatamente, non è così. Dico "sfortunatamente" perché, da un astratto punto di vista intellettuale, Dio è un'ipotesi che trovo, se non necessaria, certo molto conveniente. Per due ragioni: 1) Sono costretto a riconoscere l'esistenza di due mondi che non sembrano comunicare: quello della "scienza", dove i giudizi 8 si possono stabilire oggettivamente, sulla base di criteri quantitativi (misure), e quello dei "valori", dove i giudizi sono in definitiva soggettivi e i criteri sono qualitativi (i propri principi morali e il proprio gusto estetico si possono confrontare con quelli di altre persone e possono influenzarli, perché su questi terreni gli uomini hanno "qualcosa in comune"; ma non possono essere provati con la precisione e l'universalità dei giudizi scientifici perché l' attrazione è soggettiva, e il "me" è st;mpre diverso dal "tu"). Malgrado lo sforzo tecnicamente imponente fatto da John Dewey in Teoria della valutazione per superare questo fossato, io lo vedo ancora intatto. Questo dualismo mi mette, per qualche ragione;a disagio, e quindi cerco istintivamente di mostrare che il buono è anche funzionante, che l'onestà è lamigliore politica, la bellezza è verità e la verità bellezza. Il ponte più soddisfacente tra questi due mondi è... Dio. Ma per mè questo ponte è inutilizzabile. 2) Una funzione intellettuale di Dio ancora più importante è di servire come riferimento decisivo per il proprio sistema di valori. Discutere le basi del proprio codice morale è come prendere una di quelle bambole russe che ne contengono dentro una sempre più piccola: "Credo che uccidere è male". "Perché?" "Perché rispetto l'umanità". "Perché?" "Perché sono umano e riconosco la consanguineità di mio fratello". "Perché?" ecc. ecc. · Se uno crede in Dio arriva alla fine a un'ultima bambola molto solida, e così finisce questo processo di separazione, analitico. Dio è semplicemente e logicamente un assoluto, un fine e non un mezzo, unico nella nostra (cioè di alcuni di noi) esperienza. Un non credente, invece, arriva a una bambola che è vuota come il resto, ma che non contiene più bambole. La propria fede, in definitiva, finisce col rimanere per aria ("credo .che sia giusto così"). Questo non mi preoccupa troppo sul piano emotivo, ma è innegabilmente imbarazzante sul piano logico. Comunque, che ci posso fare? Semplicemente mi sembra di non avere disposizione per l'esperienza religiosa. Eppure tanti miei simili, in passato e anche oggi, si sono sentiti a loro agio con l'idea diDio, da farmi riconoscere che si tratta di una caratteristica umana apparentemente permanente. Ma sono anche sicuro che questa idea non mi sarebbe mai venuta in mente, se non fosse stato per loro. Neppure durante l'adolescenza, quan<!o l'esperienza personale di molti americani sembra ripetere l'esperienza della razza umana (l'ontogenesi ricapitola la filogenesi), ho mai avuto il minimo tremito di sentimento religioso. Né l'ho adesso, per quanto la brutale irrazionalità del mondo moderno mi abbia fatto comprendere altre fedi religiose e simpattflzare con esse, e sebbene in tanti modi sorprendenti mi trovi a essere d'accordo più con gente influenzata dalla religione che con i "radicali laici". Dio, per quanto sia attraente la sua idea da un punto di vista intellettuale, semplicemente non stimola i miei sentimenti o la mia immaginazione. Sempre più questo mi pare un peccato, dal momento che ho perso fiducia nella tendenza sociale non religiosa che domina oggi il paese: quel miscuglio di Marx e Dewey rappresentato in modo "puro" da Sidney Hook, in modo "degradato" dai settimanali liberal, in modo "militante" dai fratelli Reuthero dal senatore Humphrey, in modo "ufficiale" da] gruppo American for Democratic Actions, in modo "intellettuale" dalla "Parti san Review". Questa tendenza mi pare che sia fallita politicamente, culturalmente e anche scientificamente. • Politicamente: essa è fallita o, dove ha ottenuto il potere, ha prodotto gli orrori del comunismo sovietico o la ottusa mediocrità dei governi Attlee e Truman. Lenin e Kautsky sono le due figure politiche antitetiche che essa ha prodotto; entrambi mi paiono del tutto insoddisfacenti. Cultµralmente: il suo stretto legame con il progressivismo

filisteo del diciannovesimo secolo, ben intenzionato ma pienamente borghese, ha significato che i creatori della cultura viva, da Stendhal a Eliot, hanno vissuto fuori di essa o in opposizione a essa. Come ha notato recentemente Leslie Fiedler, questa divisione ha colpito la stessa "Partisan Review": i direttori devono affidarsi largamente a scrittori che, ideologicamente, essi considerano "reazionari" e "oscurantisti". Scientificamente: la fiducia nel metodo scientifico, non controllato da un sistema indipendente di valori umani, ha incoraggiato lo sviluppo indiscriminato di tecniche che ci hanno portato la mostruosa fabbrica Ford di River Rouge, la bomba H e l'organizzazione nazi-sovietica per il controllo e il condizionamento delle persone. Questo è un uso errato della scienza, d'accordo, ma è implicito,nella ideologia che critico. Per un uso più umano del metodo scientifico, fondato non sulla tecnica, l'abilità e il "come funziona?", ma piuttosto su un giudizio di valore di come dovrebbe essere la vita, bisogna rivolgersi a pensatori abbastanza lontani dalla grande corrente liberal-socialista: anarchici come Kropotkin, anticentralisti come Geddes, Borsodi e Gandhi, utopisti come Fourier. I temi che adesso mi interessano non sono i "grandi" problemi: Che fare con la Russia? La Pianificazione è incompatibile col Capitalismo? Ci sarà una nuova Depressione? L'America ha bisogno di un Partito del Lavoro, di un Parti.to Democratico Rivitalizzato o giusto di una dozzina ancora di Tennessee Valley Authority? La Risposta alla Bomba H è un Governo Mondiale? Mi sembrano problemi poco importanti o a cui non si può rispondere. Finché le aree dominanti del mondo saranno organizzate in vasti super-stati, la cui base economica è l'industria di scala e la cui base politica sono decine di milioni di "cittadini"' indifesi, non vedo speranza di un migiioramento significativo. Né ILCONTESTO vedo segnali che un numero considerevole di miei simili siano in condizioni di trasformare queste mostruosità in comunità a grandezza umana. Così in termini di azione di massa (cioè di politica, per come la parola è generalmente intesa), i nostri problemi appaiono insolubili. Possono arrendersi, credo, solo a un approccio più modesto e, per così dire, intimo. Riforma, ricostruzione, rivoluzione perfino, debbono iniziare a un livello più basilare di quello che abbiamo immaginato nei fiduciosi anni Trenta. · Sono i "piccoli" problemi che adesso mi sembrano significativi. Cos'è una buona vita? Come sappiamo ciò che è bene e ciò che è male? Quali sono i più importanti bisogni umani, prendendo me stesso come punto di partenza visto che sono la parte del!' universo che conosco meglio o con cui, comunque, sono stato più a contatto? Come possono essere soddisfatti nel modo migliore, qui e subito? Chi sono io? Come posso vivere amorosamente, sinceramente, piacevolmente? I pensatori che ho trovato più utili nel rispondere a questi problemi, o almeno nel parlare di essi, sono: Cristo, Socrate, Diderot, Jefferson, Thoreau, Herzen, Proudhon, Tolstoj, Gandhi, Simone Weil e Albert Schweitzer. La maggior parte di loro sono religiosi, cosa abbastanza naturale dal momento che i problemi di cui sopra sono quelli che nella nostra epoca si pongono soprattutto le persone religiose. Eppure, anche se quando leggo Gandhi o Tolstoj vedo la convenienza logica della ipotesi-Dio, quest'ultima non mi cattura emotivamente, né sento un bisogno spirituale di essa. Posso credere che l'uomo è un fine e non un mezzo, e che amarsi l'un l'altro è il dovere e il piacere più grande, senza dare a questo credo una base religiosa. Ritengo che il periodo storico a cui mi sento più vicino, per i miei valori, sia l'Illuminismo, da cui deriva tutto ciò che è più attraente tanto nella dottrina socialista che in quella democratico-borghese. Il mito di Gorbaciov in Italia Marcello Flores C'è un unico tema su cui il giudizio di Scalfari e di Agnelli, di Occhetto e di Rossanda è fondamentalmente omogeneo: ed è il ruolo e la politica del presidente dell'Urss e primo segretario del Pcus. È difficile, in questi ultimi mesi ma più in generale in questi ultimi anni, trovare grosse dissonanze tra la "linea" di "Repubblica", "Stampa", "Unità", "Manifesto", al di là delle ovvie differenze di stile e anche di contenuto che appartengono però alla penna dei corrispondenti e degli inviati. Cosa c'è dietro questa unità di giudizio? Gorbaciov è davvero un personaggio così nella storia del nostro tempo da meritare un'approvazione acritica ed entusiasta che non riuscì né a Kennedy né a Kruscev, né a Brandt né a De Gaulle, né a Mao né a Nasser, tanto per restare ad alcuni protagonisti del secondo dopoguerra? O non è cambiata forse l'informazione, il ruolo dei giornali (due dei quali, "Repul;,blica" e "Manifesto", sono giovanissimi), il modo di trattare le notizie che riguardano altri paesi, soprattutto i più importanti? O addirittura non è mutato l' "occhio dell'occidente" nel valutare la politica internazionale e ciò che accade nell'ex impero del male o nell'ex paradiso dei lavoratori? Tanto più sorprendente è questa omogeneità di giudizio e atteggiamento se si tién conto che essa riguarda proprio Gorbaciov, e non già il processo di nuova distensione in atto tra est e ovest o l'andamento della crisi dell'Urss e degli ex paesi socialisti, su cui le posizioni di questi giornali sono notevolmente dissimili. Si ritiene infatti che la crisi del!' est, culminata nelle rivoluzioni del 1989, abbia avuto origine da una decisione autonoma sovietica di abbandonare la dottrina Brezhnev o da una scelta obbligata cui l'Urss era stata costretta dalla lun,gimi- . rante politica reaganianadi riarmo (posizioni entrambe "deboli" di fronte a una valutazione storica appena approfondita). In entrambi i casi, comunque, a Gorbaciov si riconosce lungimiranza e realismo, pragmatismo politico e "senso"dei più alti valori umani. Ancor più rilevante il giudizio in occasione della guerra del golfo, su cui i quattro giornali succitati si sono divisi due a due su piattaforme opposte e inconciliabili. Ebbene, con poche sfumature, il ruolo di Gorbaciov è stato apprezzato da tutti, sia quando ha di fatto permesso, accodandosi àgli Usa nel Consiglio di Sicurezza, che si desse inizio al conflitto, sia più tardi quando ha cercato di reinserirsi nel gioco diplomatico con un'offensiva di pace evidentemente propagandistica (per l' estero ma anche per l'interno). Chi ha ritenuto la guerra di BushSchwarzkopf l'estrema e lucida realizzazione di una politica di diritto e di pace e chi l'ha vista invece come l'ennesimo attentato imperialista ai diritti dei popoli, ha unanimamente riconosciuto 9

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