STORIE/FALCIDIA sempre più liberamente e gioiosamente, i non tifosi cominciarono, ciascuno dal suo isolamento, ad allacciare nella fantasia possibÌli legami e alleanze, rammemorando piccoli episodi, indizi minimi dai quali era loro sem_brato- nei lunghi giorni dell'oppressione - di poter riconoscere altri terrorizzati clandestini dell' antisport, altre vittime della vessazione trionfante, altri spiriti anelanti alla comprensione e alla rivalsa: qualcuno, per esempio, che all'annuncio esultante di un goal avesse voltato con un pretesto le spalle al teleschermo rombante del bar sotto casa, o avesse appena abbozzato un sorriso stiracchiato e infelice, o perfino si fosse sbiancato, malgré sai, nel volto indifeso. Oppure all'edicola, qualcuno che non comprasse mai i giornali sportivi e, magari, avesse gettato furtivamente gli "inserti" calcistici nel primo cassonetto d'immondizia a portata di mano. Altri che nel corso di una appassionata discussione "palla e area", in un gruppo di amici, si fosse taciuto, sommerso dal proprio imbarazzo e dal sospetto dei contendenti: talvolta cercando affannosamente di reinserirsi con osservazioni maldestre o incompetenti, più atte ad accrescergli il disprezzo dei compagni che a salvarlo dalla derisione e dalla diffidenza. Tutti questi "paria", e altri ancora, :findal primissimo mattino, dopo la notte del cordoglio nazionale, cercarono di recuperarsi tra loro, di reincontrarsi, di mettersi comunque in contatto - di persona o per telefono - saggiando reciprocamente le rispettive disponibilità a tentare qualcosa che ristabilisse l'equilibrio, lavasse l'onta dei giorni passati, punisse tutte le oltranze e i soprusi subiti, ricostituisse gli oppressi in dignità di uomini liberi, alla pari e anzi superiori ai loro nemici. Anche bambini e giovinetti che, non rari come potrebbe sembrare, avevano vissuto come un incubo la demenziale eccit~zione dei propri congiunti, dei compagni e dei mae·stri, crearono insieme una ·fitta, mobile rete di segnali e di rapporti, dando sfogo alle più sfrenate immaginazioni di rivincita e di vendetta. . Così tutta quella mattina, nei luoghi di lavoro e di studio, nelle fabbriche, negli uffici e nelle scuole, nei quartieri, nei condomini, .nelle caserme, nei collegi, nelle prigioni, nelle botteghe, nei mercati, durante le soste ai semafori, in ogni possibile luogo di relazione e di incontro, si andò tessendo una invisibile trama, si scambiarono nomi, indirizzi, numeri telefonici, si stabilirono ap- ·puntamenti segreti in siti appartati e sicuri; e la città era come pervasa e avvolta da un brusio sempre più fitto ma percepibile soltanto da chi condivideva le mozioni da cui scaturiva tutto quel sospettoso, cauto, frenetico darsi da fare in vista di una qualche purificatoria azione collettiva, ancora indeterminata ma perseguita con febbrile, tenace ostinazione. Nei confronti dei tifosi prostrati, amareggiati, questo improvviso e crescente fervore era abilmente mascherato e occultato, magari sotto le ingannevoli apparenze della comprensione, della partecipazione, di una comune pietas patriottica. Non è che ogni tanto gli ex-schiavi non si lasciassero sfuggire qualche oscura parola, una misteriosa e minacciosa allusione, un rigurgito di rancore, un gesto sinistramente significativo: ma nulla riusciva a penetrare la coscienza degli jnebetiti sconfitti, colti da una sorta di catalessi o coatti a rimuginare dolorosamente ricordi felici, immagini brucianti, speranze ormai spente, entusiasmi capovolti in depressioni, impulsi di odio verso i fortunati, immeritevoli rivali della grande bagarre calcistica. 90 Si poté così giungere, nel pomeriggio, a stringere le grandi maglie impostate durante la mattinata, coagulando nuclei organizzati, formulando parole d'ordine e precisando·obiettivi intermedi e finali, individuando e registrando nemici in liste graduate di proscrizione, mettendo a punto tattiche, strategie e tecniche di vendetta, assegnando compiti e responsabilità. E dal calar della sera fin verso la mezzanotte, le riunioni segretè si moltiplicarono, i sussurratori e gli agitatori scesero subdolamente in campo, si mescolarono alle folle sospinte fuori delle case dal gran caldo d'estate. Le mura della città tutta, gli asfalti bollenti restituivano, irraggiandolo, il calore diurno: e, ovunque, un alito greve e funesto eccitava gli animi dei congiurati, fomentava gli slanci negli incerti, assopiva ancor più le già ottuse difese psichiche dei condannati. Discussioni, alterchi, concioni agitavano sempre più a fondo gli spiriti dei nottambuli e quelli dei reclusi tra le mura della famiglia o di altre istituzioni variamente depressive. Poi, a oscurità inoltrata, tutto sembrò sedarsi e come disciogliersi; ognuno sembrò riparare in fretta nella propria nicchia notturna. Il silenzio e la calma parevano ormai lasciare la metropoli, quando, poche ore prima dell'alba, scattarono i segnali convenuti, i piani ormai perfezionati, le azioni preordinate, tutto l'apparato predisposto per rimuovere d'improvviso la città e scagliarla come ebbra contro gli esecrati nemici. Questi ultimi, inconsapevoli e ignari di tutto, smaltivano per lo più nel sonno o nell'alcool le trasmodanti passioni sportive dei giorni appena trascorsi, la iattanza della vittoria e il crollo subitaneo che ad essa era seguito. Così tutto fu facile e rapido. · I primi sinistri bagliori, le prime dense volute di fiamme e di fumo, furono avvistate verso le due sul colle capitolino. Il Palazzo Senatorio, residenza del Comune, vi era stato individuato dalla folla inferocita come il luogo primo del malgoverno della città, aggravatosi paurosamente nella preparazione e nel- !' ingannevole tripudio del campionato. Seguirono, a breve intervallo, l'assalto e il saccheggio di alcune sedi particolarmente invise: fa Sip, l' Acea, la società del Gas, l' Atac, l'anagrafe, la Rai-Tv - centro irradiante dell'euforia calcistica - , alcuni famigerati uffici postali, le Federazioni e i clubs sportivi, .le redazioni e le tipografie della stampa "specializzata". Ma in Campidoglio non si trattò soltanto di incendio e di saccheggio. Approfittando di una seduta consiliare che si stava trascinando fino a notte tarda, i rivoltosi imbestiati -sfuggito fortunosamente il Sindaco, calatosi dentro una cesta appesa a lunghe funi sino ai piedi della scoscesa parete del Tabularium sul retro dell'edificio - riuscirono a mettere le mani sµgli assessori più odiati. Si giunse così, d'improvviso, al linciaggio e ali' eccidio: alcuni dei malcapitati penzolarono di li -a poco dalle finestre del palazzo, agganciati, ormai cadaveri, per il collo o per i piedi; altri corpi ·giacquero squartati e ammucchiati al centro della mirabile piazza, là dove si ergeva un tempo la statua equestre di Marco Aurelio: e gore e rivoli di sangue dilagavano arrossando tutto il lastricato fino alle basi dei palazzi, ruscellavano giù per l'ampia scalinata che discende dal colle. Dei Vigili Urbani, degli altri corpi dÌ polizia, dei pompieri, nemmeno l'ombra: anche nelle caserme e negli uffici era scoccata l'ora di una tremenda resa dei conti. Fu ripresa un po' ovunque, dove la furia crebbe più su se
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