Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

Foto di Massimo Siroguso (Contrasto). Abbrunate le insegne dei circoli sportivi - deserti e sbarrati -, il più folto di questi cortei salmodianti e ululanti, la maggior parte di quelle aùto caoticamente starnazzanti, si raccolse infine nell'ampio piazzale del Verano e, varcati i cancelli inopinatamente spalancati, si inoltrò lungo i viali fiancheggiati di sepolture fino a raggiungere, nel cuore dello smisurato cimitero, il Sacrario Romanista, là dove erano tumulati da sempre, e fatti oggetto di culto, i corpi dei Presidenti della Roma. Tutto intorno, a terra, furono deposte le bandiere e un silenzio spettrale sospese ogni lamentazione, ogni sussulto sonoro di ira e di disperazione. Sostarono a lungo, i tifosi, mentre le ombre si agitavano alle irrequiete fiammelle delle lampade a olio, ai fuochi fatui dei candelabri; poi, disfatti, si sciolsero rapidamente e riguadagnarono, quasi fuggendo, l'uscita, correndo a rintanarsi ciascuno nella propria abitazione. Si seppe poi che il Mausoleo Laziale non era stato raggiunto dalle bande vaganti nel contado ad est della città, soltanto perché arroccato sulla sommità di un aspro giogÒ rupestre, in una remota località dei Monti Albani. Fu così che anche in quella notte di sconfitta e di obbrobrio, il popolo disperso e clandestino, apparentemente minoritario, dei STORIE/FALCIDIA "non tifosi" non poté fruire di nessuna quiete ritrovata, di un silenzio e di un sonno bramati ardentemente da tempo. Avevano sperato nella disfatta e si ritrovavano ancora, inaspettatamente, avvolti e travolti in un magma vociante, in un frastuono che per presentarsi questa volta sotto specie di mestizia, di dolore e perfino di lutto, non cessava per ciò di risuonare violentemente prevaricatore e, infine, del tutto insopportabile. L'insofferenza di tutti coloro che, o non interessati al gioco del pallone, o disgustati in vario grado dalla stolta esaltazione generale e dalla squallida realtà di affarismo, pressapochismo, corruzione, gestita al riparo del grande campionato, con tutti i suoi danni e disagi quotidiani, interminabili, con tutte le sue disfunzioni, con tutti i suoi sperperi giganteschi e oltraggiosi: quell'insofferenza celata e repressa, e quindi trascolorata progressivamente in livido odio, era andata montando come una marea senza sbocco, causando una tensione estrema, ormai ai limiti di una spaventosa deflagrazione. Si aggiunga a tutto questo, anche solo di sfuggita, la crisi profonda di centinaia di famiglie, la lacerazione di migliaia di rapporti amorosi tra esseri che d'improvviso si scoprivano di "razze" diverse, assolutamente incompatibili. La sconfitta della Naz~onale offrì così uno spiraglio - che fu subito breccia - al fluire tumultuoso di ogni risentimento. Quella notte stessa, dapprima cautamente e con un senso di paura, poi 89

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