Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

potuto abitare, l'avvolse in un tovagliolino di carta e si alzò per andare a buttarla al margine della strada dove avevano parcheggiato la macchina. Così sollecita perché voleva rivedere, controllare le due tartarugbe. Che in quel frattempo_potevano essere scomparse, che sapeva scomparse, come se lei stessa le avesse viste muoversi, avviar.si scheletrite verso l'oceano lasciando la • spiaggia ai turisti. C'erano, invece; e ora, a breve distanza, sembravano due macchine rovesciate e abbandonate; arrugginite; o forse no, non moderne automobili svuotate di ogni brandello di plastica o impronta umana, ma macchine da guerra di un'epoca arcaica, testuggini, minacciose, costruite per sfondare, distruggere, occupare. Ri,tomò al suo posto, si sdraiò ali' ombra della sua roccia senza guardare lui che continuava a dormire nel gran letto di sabbia come in un suo tartaro privato. · Una scheggia nera tra le ciglia si levò in volo senza che lui aprisse gli occhi: -un cormorano, che sorvolò lento la spiaggia, aggredì a colpi di becco le due tartarughe in cerca di quàlche sapore residuo, sparì dietro il riparo di una trincea lavica.. Allora, gli occhi ancora serrati, vidi due bagnanti alzarsi e correre verso il mare come impazziti. E nel giro di pochi minuti ne vide altri, attempati turisti stanati dai loro rifugi, in fuga verso le onde, Lungo la bianca spiaggia atlantica si andava adunando una folla atterrita sulla quale il cormorano calava a tratti in un suo gioco geometrico, silenzioso. Né sangue né grida da film dell'orrore, ma un teso silenzio seguiva la nera parabola di quei voli brevi, precisi, mentre impazziti, impazziti i laidi vecchi in costumi o accappatoi variopinti, o nudi di un'oscena nudità di animali morenti, si gettavano nell'acqua uno dopo l'altro. Suicidi, mentre il cormorano si tuffava nel turchino, una luna nera in corsa verso pianeti ancora verdi ... Sussultò, come se lei l'avesse chiamato, ma lei giaceva al sua fianco, inanimata, non respirava più; la chiamò, ripeté più volte il suo nome: "Vieni! Dobbiamo andarcene di qui! Apri gli occhi! Risponderò a tutte le tue domande!" Si svegliò, finalmente, e la vide dormire, le palpebre chiuse viola, schiacciate da un sogno pomeridiano. Una guerra era finita, sullo schermo della retina di lei, o un terremoto o un'eruzione del vulcano nero; nera come tutta l'isola era orm_aila spiaggia lunare, eletta a cimitero delle tartarughe marine, scomparsi i bagnanti e i fagotti, abbattute le trincee, sventrate le postazioni. I separatisti hanno conquistato e depredato Lanzarote, cacciato i turisti e i burocrati spagnoli, ristabilito le origini africane: Canarias libras!, come annunciavano le scritte ancora fresche sui muri bianchi dei villaggi quel mattino. Come mai io sono rimasta sola, qui, anche lui, mio marito, scomparso, senza lasciare una traccia, un messaggio. Nel vento che sollevava turbini di sabbia luccicante tese l'orecchio, ma non colse che un sibilo lieve; le sue orecchie erano vuote come conchiglie abitate da un'unica eco, mentre negli occhi si annidavano stragi, catastrofi; poi d'improvviso si udì nell'aria viola un frusciare, un raspare, un meccanico zampettare: con fanatini di posizione accesi, rossi, le due tartarughe muovevano verso il mare, simili a due lucciole di ferro - salve! vive? o trasformate in macchine? - scampate alla strage, prescelte da un dio. "Fermatele!" gridò. "Fermate il dio prima che scompaia!". Si svegliò. Sentì acqua salata negli STORIE/BULGHERONI occhi: l'oceano saliva a ricoprire la spiaggia deserta, con liquide mani curve in un gesto finale di pietà. Aprì gli occhi, si asciugò sulla guancia una goccia pesante. Trnle ciglia lo rivide al suo fianco, leggeva, salvo, come tutti gli altri, uno dei pocket book acquistati in aeroporto, classici, polizieschi, catastrofici che diseducano alla catastrofe. "Ho urlato?" chiese. "Mentre dormivo, poco fa" disse lui" ho udito soltanto una voce che mi sussurrava 'ti amo"'. "Non lamia". "Dillo ora!" "Ma piove, non senti? E prima che parli io, tu mi devi chiedere, chiedere perché ...". Cominciava a piovere sulla spiaggia illividita: un temporale di quella strana primavera africana che dissemina di minuscoli fiori lilla i neri declivi di Lanzarote, come se un sogno stagionale riaffiorasse da un'antica testa scheletrita. D'improvviso i turisti ratcolsero, sotto i primi scrosci di pioggia, i loro fagotti da zingari, e a coppie o a piccoli gruppi, vestiti o quasi nudi, si diressero correndo verso le macchine parcheggiate sulla strada, invisibile tra le stelle filanti d'-acquache cielo e terra rilanciavano respingendole. L'uomo e la donna corsero dietro agli altri nella pioggia, tenendosi per mano come bambini, eseguendo un ordine memorizzato in un'infanzia remota di temporali e di fulmini; passarono senza vederle accanto alle due tartarughe, nature morte che un nuovo, spettrale tocco di luce avrebbe cancellato; salirono per la breve ·erta fangosa. Fuggivano, come gli altri, al diluvio, calpestando una terra che sembrava tremare, aggredita dall' oceano plumbeo, mentre bagliori sulfurei solcavano l'orizzonte. Le macchine parcheggiate lungo il bordo della strada si avviarono una dopo l'altra, in un lento corteo: se nuziale o funebre, se perun·a ritirata o un'invasione, nessuno avrebbe potuto dire. Rivista Trimestrale Direttrice Lea Melandri È USCITO IL N. 10 IN QUESTO NUMERO: - Maschile e femminile nella pratica dell'Inconscio dif'aola Melchiori - Il pensiero della .poesia di Maria Zambrano Gli occhi della madre di Francesca Grazzini - Scrittura, infanzia di Paola Redae/li - Ciò che nasce nel Golfo Persico di Lidia Campagnano Immagini di Irene Kowaliska ABBONARSI È FACILE! Basta versare l'importo di L. 35.000 (4 numeri all'anno) sul CONTO CORRENTE POSTALE N. 13951488 intestato a: GRUPPO EDITORIÀLE FAENZA EDITRICE S.p.A. Via Pier De Crescenzi n. 44 - 48018 FAENZA (Ra) - Tel. 0546/66348& . 87

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