MACCHINE DA GUERRA Marisa Bulgheroni Le due tartarughe giacevano accostate sulla bianca spiaggia lunare al riparo di una piccola trincea di pietre laviche nere: le due orbite degli occhi vuote, le brune corazze dilavate. Una delle due era rovesciata su un fianco, pateticamente addossata all'altra. Due vecchi coniugi suicidi dopo una vita troppo lunga? O sorpresi dalla morte in una domestica pausa sottomarina, e ora vicine, come in vita, nel sarcofago d'aria che li conteneva entrambi? O due sconosciuti che solo la morte aveva avvicinato su quella spiaggia, che mai si sarebbero incontrati se non tra le rovine di un terremoto o di un'eruzione vulcanica o tra i rottami di una catastrofe· aerea? C'è nello spettacolo della morte una nera promessa alla quale mai restiamo insensibili. L'uomo e la donna in vacanza sull'isola si fermarono, giunti lì davanti, come in un sogno ci si ferma a un comando che nessuno ha udito. Nelle cavità delle orbite dilagava un antico splendore, quasi che la cecità della morte fosse una vista più intensa. "Due tartarughe marine" disse lei. "In qualche mpdo finite qui .""Una volta ne ho incontrata una, viva, in acqua" raccontò lui. "L'ho inseguita, mi è sfuggita"." Io • non ne avevo mai viste. E nòn avrei voluto vederle ora, così". "Vieni! C'è uno spazio libero là in fondo". Sulla grande spiaggia c'erano rari gruppi di turisti accampati nelle piccole trincee di pietra lavica, chissà a quale scopo costruite. Ogni gruppo, o coppia, aveva sparso intorno i segni della propria presenza, grandi asciugamani colorati fluttuanti nel vento mattutino, costumi da bagno, borse, pinne, best seller, sacchetti della colazione; e apparivano ostili, quasi che sotto la luce del bianco sole afric;ano la vita ritornasse alle origini, e uno stato di guerra si potesse instaurare tra i primitivi occupanti e gli altri, i nuovi venuti. Una guerra che scoppiasse, lì, avrebbe trovato tutti pronti. L'uomo e la donna ripresero, dopo quei pochi attimi, il cammino: una finzione di giovinezza scioglieva i loro passi, rendenlio labile la vecchiaia già al lavoro sui loro corpi: un drappeggio leggero di cui ci si può liberare con un gesto. Un tempo splendente, lei non aveva più la sua luce, e lo sapeva; lui l'aveva acquistata negli anni, e ora la portava come l'aureola di certi santi del deserto. Si distesero sulla sabbia, tra due rocce nere affioranti, simili a prue di navi sepolte. . "Non mi hai mai chiesto perché, perché non avrei voluto vedere le due tattarughe" disse lei. "Lo so". "Ma non me lo chiedi". "Non te lo chiedo". Tacquero e nel silenzio sibilante del vento schioccavano parole mai pronunciate. "Se solo sapessi ...". "Maio non lo voglio sapere". "Se per una volta lasciassi che io ...". "A questo punto non importa". " Ma le due tartarughe sono il segno...". Si alzarono per una breve passeggiata, lui davanti, lei dietro, orma su orma presto cancellata dall'onda; e lui non si voltò, mai. Così diverso da Orfeo. L'avrebbe condotta fuori dell'Ade, in salvo senza guardarla, mai. Mentre lei non voleva essere salvata; voleva restare nell'Ade e memorizzare le parole pronunciate lassù, tra i vivi. Avanzando deciso sulla spiaggia compatta, lui aveva notato che gli altri bagnanti nelle loro trincee. parevano immobili, morti, sterminati da qualche morbo misterioso o da qualche arma chimica; quella spiaggia di vacanza, vista così nella luce piatta del mezzogiorno, sembrava l'orlo di un mondo in rovina. La mica sparsa tra i granelli di sabbia scintillava: 86 uria tempesta di _cristallilunari abbattutasi nella notte. Sbatté le ciglia su cui pesavano quei fiocchi minuti, gelati, roventi, e gli parve per un istante di poter s.venire; si riprese. "Raggiungiamo quella grande roccia grigia" disse senza voltarsi "e poi torniamo''. Nel breve arco di spiaggia che si stendeva a ridosso di quella roccia passeggiavano due uomini nudi, cerimoniosi, gli occhiali sui grandi nasi, discutendo testardamente di borsa, ognuno odiando l'àltro che chiamava "Mein Herr", mentre onde premurose riempivano le loro orme parallele di pozze scintillanti, erodendo i piedistalli di sabbia. Un soffio caldo, un'emanazione di vulcani sommersi alitava nell'aria. Poco oltre un efebo nordico giaceva immobile, disteso nel sole, sordo al vocio dei due anziani amici che l'arma o il morbo aveva risparmiato, fili di capelli color grano sinistri nel vento come spighe di un'ultima mietitura inservibile. "Torniamo" disse l'uomo. Ed eccoli di ritorno. Illibati, quasi · ossificati, le cerniere scricchiolanti, vecchi esploratori che non ospitano altra malizia che quella degli altri: niente di più da dire finché un oggetto non fiammeggia sulla retina, bruno o nero su. bianco, suscita terrori, associaziont legami dimenticati con il mondo intorno. Ritornati al loro posto, che era contrassegnato dall'accappatoio arancione di lei e da quello turchese di lui, si sdraiarono in silenzio, in pensieri paralleli fumiganti nell'aria turchina. È la vecchiaia, pensa lui, è la vecchiaia che nevica una neve nera, abbagliante, che avvolge tutto, che si disfa in cenere, che provoca follia, suicidi di massa. È questa innarurale vecchiaia che distilla immondi contagi. Siamo stati ingannati, sorpresi. Mentre guardavamo altrove, i capelli anc:;orafolti, il passo veloce, ecco, i vecchi eravamo noi, ben truccati da giovani, pronti a scattare, a correre, ma irreparabilmente vecchi, e a noi toccava morire. Sono sinopie, pensa lei, in cupo rosso marrone su fondo bianco; le due tartarughe sono sinopie di noi stessi, di come saremo, io rovesciata su un fianco, segnata dalla morte già prima di morire. Ora che le ho viste, che mi sono vista, non posso che fuggire. Voglio vivere sola la mia vecchiaia, se ne.avrò una, sarò io sola a vegliare su me stessa. Sposandomi ho commesso un atto di arroganza; volevo come un dio dispensare la felicità ed esserne ripagata in parole sonanti. La felicità, l'eresia. E ora mi si prepara un'ortodossa vecchiaia di silenzi. Meglio la solitudine. "Ti ricordi" disse "ti ricordi quel giorno, quel giorno d'agosto che ti corsi incontro, a Forio d'Ischia, con una gonna verde, per dirti che t'amavo; e non ti trovai al porto, nin nei vicoli, e il.guidatore di quella specie di risciò motorizzato che mi aveva condotta fin lì da Sant' Angelo - ti ricordi? - mi guardò, voltandosi per dirmi con gli occhi neri: ma ci soro io, volando lungo le strade bianche dell'isola tra festoni d'uva dorata ... E: si dice ancora: Ti amo? o era una formula di quegli anni cinquanta, che ora si usa soltanto nei teleromanzi? Tu arrivavi in battello da Ponza; e la sera ritornammo insieme a Forio per assistere al tramonto, per vedere il raggio verde ... E, lo sai, ora non ti amo più". Non sentì risposta, respiro o ascolto; non l'eco delle proprie parole. All'ombra della roccia nera lui dormiva un sonno ostile che la escludeva. Lei sbucciò e mangiò un'arancia sottratta al tavolo della prima colazione; raccolse la perfetta buccia splendente in una lunga esse porosa, pelle di un pianeta dove si sarebbe
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