SCIENZA/FODOR determinato nel pensiero. Se questo processo di risoluzione non può esso stesso svolger~i in un linguaggio ambiguo, da qualche parte bisogna fermarsi. E dunque naturale assumere come veicolo delle computazioni una notazione priva di ambiguità. Quando si sostiene di pensare in una lingua, per esempio in italiano, non è del tutto chiaro che cosa si afferma esattamente, ma di certo non si intende dire che il pensiero si svolge in una stringa di parole italiane; dovrebbe perlomeno essere italiano in qualche sistema di rappresentazioni astratte, e in questo caso ilmeccanismo della rappresentazione astratta non sarebbe più, presumibilmente, in italiano. Sicché, per quanto concerne il carattere generale della teoria, ogni linguaggio con un potere espressivo adeguato andrebbe bene. Ma se vogliamo considerare la possibilità che organismi che non hanno linguaggio pensino, e se iniziamo a specificare nei dettagli le proprietà che un buon sistema computazionale richiederebbe, -allora il linguaggio naturale non è un candidato molto plausibile. Lei ha menzionato il fatto che impariamo la nostra lingua. Sembra dire che non è così per il linguaggio del pensiero. Così lei, come Chomsky, si inserisce in una corrente che hafatto rinascere l'antica idea che molte delle nostre proprietà sono innate. Alcuni aspetti del problema dell'innatismo sono, per così dire, di natura empirica. Ma il problema è, di per sé, una questione di logica. Se lei considera l'apprendimento un processo computazionale, e se assume che i processi computazionali sono processi definiti su un veicolo di rappresentazione, allora il veicolo di rappresentazione in cui l'apprendimento avviene deve essere in qualche punto non appreso, per evitare un regresso all'infinito. Si può discutere su quanto potere rappresentativo è effettivamente innato, ma una volta accettata un'analisi computazionale dell' apprendimento, si è anche accettato l'innatismo. Questo è un fatto di logica. Sì, ma se ho ben compreso lei vorrebbe qualcosa di più; lei richiede una gran quantità di innatismo. Il linguaggio delpensiero deve avere, per le ragioni di logica cui accennava, perlomeno la stessa capacità espressiva di un linguaggio naturale, dal momento che noi apprendiamo la nostra lingua. Certamente. Se accettiamo l'assunzione (di per sé già tendenziosa ma del tutto ragionevole) che imparare una parola italiana è imparare ciò che essa significa, e se assumiamo che non si può apprendere èiò che non è possibile rappresentare, allora sembra che il vei.colo di rappresentazione di cui disponiamo debba essere almeno abbastanza ricco da poter rappresentare ogni parola che apprendiamo. Ora, un modo di mettere in dubbio questa conclusione, se lei pensa che comporti troppo innatismo, è considerare la possibilità che imparare una parola italiana non, sia imparare ciò che significa. Questa è una possibil'tà. Un'altra consiste nel mettere in questione la premessa che l'apprendimento è Ùh processo computazionale. Ma se lei accetta entrambe le tesi, allora sembra che da ciò consegua un innatismo radicale. Vorrei comprendere meglio la struttura del linguaggio del pensiero. Consideriamo la natura delle cose che possiamo apprendere, come per esempio il nostro linguaggio naturale. 80 Impariamo unaparola eproiettiamo questa parola del linguaggio naturale su qualche rappresentazione simbolica che dobbiamo presupporre innata. Da ciò che lei dice sembra emergere che il linguaggio del pensiero deve essere, in primo luogo, molto potente, e, in secondo luogo, "atomistico". Ci deve cioè essere qualche rappresentazione simbolica per quello che in italiano esprimiamo con la parola "cane", e così via per tutti i concetti che siamo ingradodi apprendere. Ad essi-perlomeno a un gran numero di essi - deve poter corrispondere un simbolo indipendente nel linguaggio del pensiero. È corretto? Ameno che lei nòn dica che molte parole che impariamo sono definibili. In questo caso -cioè se lei crede che "cane" significhi "animale", più "scuote la coda", e così via - potrebb.eavere dei vettori di simboli corrispondenti a ciò che nel linguaggio naturale è espresso con un singolo morfema. Ma se lei non crede che il progetto di definire le parole del linguaggio naturale sia andato molto lontano - e questo mi sembra evidente - allora sembra proprio che la rappresentazione mentale di una parola non possa essere la sua definizione, dal momento che molti termini sembrano non averne alcuna. L'unica alternativa sembra quindi dire che la rappresentazione è atomica, sempre se non vuole abbandonare l'idea che imparare un termine sia imparare il suo significato. Questa è una possibilità: lei potrebbe sostenere, per esempio, che ciò che impariamo sono stereotipi, o qualcosa di simile. No. Supponiamo che imparare unaparola siaproprio imparare ilsuosignificato. locomincioadapprendere "albero": devo dire che nelmio linguaggio del pensiero possiedo una rappresentazione innata di un "simil-albero"? Come posso caratterizzare più compiutamente la struttura del linguaggio del pensiero? Credo che si debbano porre due domande sulla struttura di questo sistema. Una concerne la sua sintassi, l'altra le sue espressioni primitive. Quali sono le espressioni primitive? Se lei pensa che imparare la parola "albero" consista nell'imparare che "albero" vuol dire albero - ed è difficile vedere che altro potrebbe essere - .allora, mi pare, si deve concludere che non si può imparare la parola "albero" se non si è in grado di rappresentare la proprietà di essere un albero. E questa rappresentazione dovrà essere atomica, se la parola "albero" non è definibile, come sembra. Ques.taè la linea di ragionamento che porta à credere che un repertorio di concetti primitivi innati non deve essere molto più piccolo del lessico di un linguaggio naturale. Ma questa non è un'assunzione ben più pesante di altre forme di innatismo, come per esempio. la tesi di Chomsky che le proprietà della grammatica universale sono innate? Sì, lo è. Vede, il fatto è che l'argomentazione di Chomsky è una argomentazìone empirica rivolta alle condizioni in base alle quali possiamo rispondere a problemi di questo tipo: "Come spieghiamo il fatto che i bambini apprendono il linguaggio così velocemente?", "Come spieghiamo l'esistenza di universali linguistici?". Per rispondere, si può supporre che una gran quantità di informazione è, forse, innata. Il ragionamento che stavo deli-
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