STORIE/CARY mentre usciva dall'albergo per andare alla posta, si trovò davanti Louie, scesa da un taxi fermo accanto al marciapiede. Louie gli buttò le braccia al collo e scoppiò in lacrime. Non disse nientedopo averlo abbracciato forte, si limitò a guardarlo con un sorriso ansioso e imbarazzato. Quel sorriso 'tra le lacrime sembrò a Tom particolarmente artificiale e disgustoso. Che cosa ridicola, cercare di circuirlo iri quel modo. Come se fosse stato un bambinò da raggirare con carezze e paroline dolci. "Che cosa vuoi, di preciso?" le chiese. "Non hai avuto la mia lettera?" Proprio in °quel momento ricordò di non averla mai spedita, la lettera. Non era riuscito a decidere sulla frase di chiusura. E così aggiunse, in fretta, in tono impaziente, "Che senso ha darmi la caccia in questo modo? È.una cosa che di certo non gioverà a nessuno." • Louie continuò a guardarlo con la stessa lacrimosa ed esasperante espressione di dolore. Un'altra persona dal taxi, ora- il medico di famiglia di Tom, Bewley, un giovane pieno di zelo la cui faccia lunga, solenne, aveva spinto una volta Tom a dire che sarebbe stato più adatto a fare il becchino. Era un medico molto apprezzato da tutti quei pazient~danarosi che amavano veder prese sul serio le loro fisime. Tom non lo stimava molto, e così gridò, "Dio mio, e lei cosa sta facendo qui, si può sapere?" Bewley non diede segno di averlo sentito. Non guardò nemmeno Tom, rivolse invece a uno sconosciuto fermo dietro aLouie, a qualche passo di distanza - un uomo con un paio di occhiali cerchiati di corno molto grossi e molto neri, e una paio di spalle molto alte, squadrate. Anche la faccia era squadrata, col naso schiacciato e la bocca grande, piegata a quel sorriso costante, professionale che contraddistingue i direttori di reparto dei grandi magazzini o i maestri di cerimonie nei palais de dance. Tom fece appena in tempo a chiedersi chi fosse quel tizio e da dove saltasse fuori, quando vide, proprio alle sue spalle, come se si stessero riparando dietro di lui, i suoi figli. E poco distante, alla . loro destra, riconobbe all'improvviso, seminascosti dall'immenso collo di un cappotto che gli arrivava fin quasi all'orlo della bombetta, il lungo naso bianco e gHocchialetti cerchiati d'acciaio del suo amministratore. Tutta la sua vita sembrava essersi raccolta di nuovo intorno a lui in quella stradina secondaria - tutti questi legami che l'avevano gradualmente immobilizzato, avvolto in un bozzolo di materia morta, in un cumulo di assurdità polverose, che, se non fosse riuscito a liberarsene ora, una volta per tutte, l'avrebbero soffocato. "Che cosa diavolo significava tutto questo?" chiese a Louie. Lei aprì la bocca per parlare, poi le mancò il coraggio e si girò verso lo sconosciuto. Fu lui, con una lieve accentuazione di quel sorriso professionale, a rispondere, "Va tutto bene, Mr Sponson. Non vogliamo infastidirla in alcun modo. Ora èe ne andiamo." "Prima lo farete meglio sàrà," disse Tom, e con improvvisa convinzione aggiunse, "e così lei è l'investigatore privato mandato a spiarmi." "Niente affatto, Mr Sponson." L'uomo fece qualche passo avanti con la mano tesa. Immagino che non si ricordi di me." "No , in effetti non mi ricordo proprio di lei. Chi diavolo è?" Lo sconosciuto non rispose, e per qualche ragione Tom non insisté pei:ché lo facesse. Era troppo arrabbiato, troppo infuriato 66 da quel sorriso professionale, sicuro. Che cosa aveva da sorridere, quel bruto? Avrebbe voluto dargli un pugno, cancellare quel sorriso dalla sua faccia schiacciata. Ma si rese conto che così facendo si sarebbe tradito, avrebbe dato soddisfazione al bruto. Era proprio quello che voleva, vederlo perdere il controllo. Ignorò l'individuo, e disse a Louie, con aria rilassata, noncurante, "Ora, Louie, tu sei una donna di buon senso. Sai perfettamente che tutta questa confusione è assolutamente inutile. Non aiuta nessuno dei due a vedere le cose chiaramente. Renditi conto," continuò, in tono comprensivo, "che non ti sto accusando di ipocrisia cosciente, di mentire. Niente affatto. Mi rendo conto che tu credi di star facendo la cosa giusta. Per esempio, sono pronto a scommettere che tu credi di aver bisogno della mia presenza a casa. Non è così Louie?" Louie non rispose. Si limitò a guardarlo con aria triste, ansiosa. Tom pensò, ''Non sta nemmeno ascoltando;" e il suo tono si fece pi~ incalzante. "Ma non capisci che tutto questo succede solo· perché tu non ti fermi mai a chiederti cosa stai facendo davvero ... a che gioco stiamo giocando tutti?" La sua voce si alzò di tono, e avrebbe voluto agitare le mani. Ma le tenne fermamente sotto controllo. Fece un sorriso pigro, noncurante. "Mia cara ragazza, sai una cosa ..." In quel momento si rese conto che il gruppetto l'aveva circondato. Quando lo sconosciuto si era fatto avanti, gli altri l'avevano seguito, come attirati da una forza magnetica. I ragazzi · erano a un metro circa; l'amministratore, accanto al suo gomito, sull'altro lato. Tutt' a un tratto perse il filo della calma discussione che stava avendo con Louie. Fece un passo indietro, di scatto. Era stato lì lì per scappare, in realtà, era stato sul punto di dichiarare il proprio stato di fuggiasco. E scappare da cosa, poi? Dall'assurdità? Scappare dall'assurdità, dalla finzione, da una vita illusoria - sarebbe stata semplicemente follia. E quello che lo faceva infuriare, mentre guardava quegli ipocriti illusi, era la loro aria da ipocriti illusi. I ragazzi sembravano ancora più terrorizzati di Louie - Bob, sempre così sicuro di sé, lo studente benvoluto, bravo, fin troppo bravo, aveva ora l'espressione di un bambino davanti a uno spettro; e April, una ragazza paffuta, dalle guance solitamente rotonde, e un po' troppo rosee, sembrava magra e pallida. Il lugubre Bewley aveva un'espressione feroce, come se l'avessero offeso, e l'amministratore, una persona molto rispettabile e piuttosto timida, il cui passatempo preferito éra il domino, aveva quel cipiglio disperato, risoluto, che si vede di solito nell'anticamera del dentista. Tom agitò una mano e borbottò, "Ma tutto questo è assolutamente stupido", poi si rivolse alla ragazza. "Perché non sei a scuola?" · · La ragazza prese un'aria spaventata, come se stesse per me- 'ttersi a piàngere, e tutti gli altri si girarono verso di lei, come per implorarla di fare la cosa più saggia, intelligente. E ovviamente, lei la sentiva, la responsabilità, rrfanon aveva la più pallida idea di quello che ci si aspettava da lei. Poi, tutt'a un tratto, fece un passo in avanti, diede a suo padre un timido bacetto sulla guancia, molto diverso dal vigoroso abbraccio di sempre, e disse, "Ero così preoccupata per te, papà." "Ma perché, perché, perché?" Faceva appello a quella figlia cui era tanto affezionato. "Guardami ... sto bene." Fece una risata
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