traduzione di Alberto Cristo/ori José Emilio Pacheco (1939) ha pubblicato parecchi libri di poesia, spesso ristampati, e alcuneraccolte di racconti: La _- sangre de Medusa (1958), El viento distante (1963), El principio del placer (1972) e due racconti lunghi, o romanzi brevi: Moriras Ìejos (1967) e Batalla.s en el desierto , in traduzione per una nuova collana della Giuntj. Pacheco è anchegiornalista, sapido e aggressivo descrittore della societàmessicana. È un nome di punta di quella cultura, sul quale "Linea d'ombra" intende ritornare nei prossimi numeri. Foto di Héctor Garcìo. Difesa dell'anonimato (lettera a George B. Moore per negargli un'intervista) Non so perché scriviamo, caro Georgè. E a volte mi chiedo perché poi pubblichiamo lo scritto; Vale a dire lanciamo una bottiglia in mare, che è pieno di sporcizia e di bottiglie con messaggi. Mai.sapremo a chi né dove la porteranno le maree. , La cosa più probabile · è che soccomba alla tempesta e all'abisso, nell'arena del fondo che è la morte. Eppure non è così inutile questa smorfia di naufrago. Perché una domenica lei mi chiama da Estes Park, Colorado. Mi dice che ha letto quanto c'è nella bottiglia (attraverso due mari: le nostre due lingue). E vuole farmi un'intervista. Come spiegarle che non"ho mai concesso un'intervista, · che la mia ambizione è essere letto e non "celebre", che l'impo11tante è il testo e non l'autore del testo, che disprezzo il circo letterario? Poi ricevo un telegramma infinito (quanto avrà speso per inviarlo). Non posso risponderle né passarlo sotto silenzio. 54 E mi vengono questi versi. Non è una poesia. Non aspira al privilegio della poesia (non è volontaria). E userò, come facevano gli antichi, il verso come strumento per tutto quello (racconto, lettera, dramma, storia, manuale di agricoltura) che oggi diciamo in prosa. · .Per cominciare a non risponderle dirò: Non ho niente da aggiungere a quello che c'è nelle mie poesie, non mi interessa commentarle, non mi preoccupa (se ne ho uno) il mio "posto nella storia" (prima o poi tutti ci attende il naufragio). Scrivo e questo è tutto. Scrivo: dò la metà della poesia. Poesia non sono segni neri sulla pagina bianca. Chiamo poesia questo luogo d'incontro con l'esperienza altrui. Il lettore, la lettrice faranno, o no, la poesia che io ho soltanto abbozzato. Non leggiamo gli altri: ci leggiamo in loro. Mi sembra un miracolo che qualcuno che non conosco pÒssa vedersi nel mio specchio. Se c'è un merito in questo - ha detto Pessoacorrisponde ai versi, non all'autore dei versi. Se per caso è un grande poeta lascerà quattro o cinque poesie valide circondate di fallimenti e cancellature. Le sue opinio'rii personali sono in verità molto poco interessanti. Strano mondo il nostro: ogni giorno gli interessano di più i poeti la poesia sempre meno. Il poeta ha smesso di essere la voce della sua tribù, quello che parla per quelli che non parlano. È diventato niente di più che un altro entertainer. Le sue sbronze, i suoi tradimenti, la sua storia clinica le sue alleanie e i suoi iitigi con gli altri pagliacci del circo o con il trapezista e.il domatore di elefanti, hanno un ampio pubblico assicurato che non ha più bisogno di leggere poesie. Continuo a pensare che la poesia è un'altra cosa: q~a forma di amore che esiste solo in silenzio, in un patto segreto fra due persone, fra due sconosciuti, quasi sempre. Forse lèi ha letto che Juan Ramon Jiménez pensò mezzo secolo fa .di pubblicare una rivista. Doveva chiamarsi Anonimato. Avrebbe pubblicato testi, non firme, e si sarebbe fatta con poesie, non con poeti. Io vorrei come il maestro spagnolo che la poesia fosse anonima giacché è collettiva (a questo tendono i miei versi e le mie traduzioni). Probabilmente lei mi darà ragione.
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