COME MAI DIO NON È VEGETARIANO? Incontro con lsaac B. Singer a cura di Matteo Belline/li "Non penso nemmeno di essere diyentato un uomo famoso. Oggi, per essere delle celebrità, bisogna chiamarsi FrankSinatra. Ma se lo dice lei, che sono famoso, chi sono io per non crederle." Sono leprime parole che mi ha detto, per strada, aMiami, nel mese di dicembre 1987, lo scrittore lsaac Bashevis Singer, 84 anni, premio Nobel per la letteratura nel 1978. Quando l'ho conosciuto, in piedi, in precari equilibri, lo sguardo stanco e unpoco assente, sulla terrav.adell'appartamento che si è comperato con i soldi del Premio Nobel, mi è sembrato di non riconoscerlo. Lo scrittore che ha disseminato la sua straordinaria opera di demoni, fantasmi e folletti, di mistero, mi era parso un uomo mite, persino troppo logorato da anni di stenti, di amori insaziabili e di infaticabile lavoro. Niente dipiù sbagliato. Prima di partire per Miami, gli chiesi di poter dare un'occhiata al celeberrimo locale, ne li' appartamento diNew York, dove raccoglie (inmodo che definire confuso è eufemistico) tutti i suoi scritti, i suoi "trofei" letterari, i celebri completi neri vecchi di anni e i cappelli estivi; soprattutto, le borse e le valigie sempre piene di indumenti e di carte, sempre pronte per nuove, improvvise fughe. La storia della vita - spesso dolorosa, sempre tormentata - di Isaac Bashevis Singer è racchiusa in queste immagini, e nella sua prodigiosa e leggendaria memoria. Ho una buonissima memoria: e lo so. So di essere nato in un piccolo villaggio, Levoncin. Ufficialmente sono nato a Radzymin: questo è quanto risulta sul mio certificato di nascita. Ma in realtà nacqui a'Levoncin, e mi ricordo che un giorno dissi a mia madre di ricordarmi tutto di quel villaggio Levoncin. Mia madre mi rispose che era impossibile, perché avevamo lasciato Levoncin quando io non avevo nemmeno tre anni. Così cominciai a raccontarle cosa ricordavo. Rimase stupefatta, incredula,:li fronte alle mie parole. Ricordavo case e persone, uomini e donne, fatti grandi e piccoli. Con dovizia di particolari. Dio mi ha dotato di una memoria prodigiosa. Ora che sono vecchio si è affievolita, e spesso mi tradisce: mi capita di dimenticare eventi successi ieri, o poche ora fa. Ma in generale, e soprattutto a proposito della mia infanzia, la mia memoria è eccellente. L'appartamento di New York, per Singer, è una tana calda e disordinata che gli ricorda Varsavia e la casa del padre, il rabbino che teneva corte nella misera via Krochmalna povera e turbolenta, e che per il giovane /saac sognava un oscuro futuro da rabbino e il profumo di letture sacre; non certo i più alti onori letteraridel mondo. A scuola non mi insegnarono aritmetica, o fisica: mi insegnarono religione. Mio padre pensava che la religione fosse un soggetto da studiare sin dalla culla, e fino alla tomba. La religione era tutto, per lui, e voleva che io crescessi con gli stessi convincimenti: e cioè che tutti i veri quesiti che ci poniamo sono di tipo religioso.· Suo padre è la persona che esercitò su di lei l'influenza maggiore? Mio padre, mia madre, la mia famiglia. Ma ovviamente l'esempio di mio padre, e dei miei nonni, mi influenzò molto. Mia madre, infatti, mi parlava sempre di suo padre e dei suoi fratelli, anch'essi rabbini (in un modo o. nell'altro). Da bambino, pensavo che tutti gli esseri umani dovessero essere dei rabbini poi, crescendo, cambiai idea. Quando mio padre mi impose di studiare per diventare anch'io rabbino mi ribellai, affermando che di rabbini, in famiglia, ce n'erano già troppi, e che era tempo che facessi qualcosa d'altro. Ne seguirono discussioni interminabili: mio padre era disperato. Non capiva come non, volessi seguire il suo esempio e perpetuare la tradizione familiare. La nostra casa si trasformò in un luogo di discussioni animate. Mio padre cercò con tutte le sue forze di convincere mio fratello che Dio esisteva, che aveva un disegno per noi poveri mortali, che la creazione aveva scopi precisi, che noi non eravamo venuti al mondo per caso, e che il mondo non era un incidente, come sostenevano i miscredenti. Il mondo esisteva grazie a Dio, e basta! Ascoltai quelle interminabili discussioni, e divennero parte integrante della mia infanzia e dei ricordi che ho dei miei cari. Ora sono in pari tempo un credente e uno scettico. Credo che Dio esista: e credo tuttora che il mondo sia stato creato da una volontà divina; il mondo è il risultato della decisione di una forza intelligente, e non di un incidente. Non credo che il "big bang" abbia creato l'universo; e quindi non credo alle teorie di molti scienziati moderni. In altre parole: credo nell'esistenza di un Dio. E credere in Dio significa credere a un disegno superiore, a una precisa finalità della creazione. In questo senso sono tuttora un credente, esattamente come lo ero quando avevo .6 o 7 anni. Ora però si dice anche scettico: in che senso? Sono scettico quando osservo gli esseri umani. Quando un uomo sostiene di aver parlato con Dio e afferma che Dio ne ha fatto il suo profeta; gli rispondo: "Non sono sicuro che tu dica la verità!". Tu sei solo carne e sangue, perché mai dovrei crederti? So che carne e sangue hanno mentito molte volte, mentono ora,.e mentiranno anche in futuro. Così divido i miei convincimenti in modo molto semplice: credo in Dio, e invece di fronte all'uomo e alla sua fede sono uno scettico, e anche peggio. L'uomo mente, o cerca di mentire: e non riesce a convincermi molto facilmente. Non le considero mai verità, le sue affermazioni; anzi, sono proprio l'opposto, temo. L'uomo mente: e io glielo dico. Magari non in modo diretto: ma, insomma, proprio non gli credo. In lei la religione, però, si accompagna sempre ad unprofondo sentimento di protesta, di ribellione. Che significato ha tale ribellione? 49
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