Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

SAGGI/TODOROV senza influenzarsi tra loro; in. quello della distruzione totale (guerra di sterminio), il contatto c'è, ma finisce con la scomparsa di una delle due culture: è· U caso delle popolazioni indigene d'America, con rare eccezioni. Il contatto vede innumerevoli varianti che potremmo classificare in mille modi. Diciamo anzitutto che la reciprocità è qui l'eccezione invece che la regola: non è perché i serial televisivi statunitensi influenzano la produzione · francese che sarà vero, o dovrebbe essere vero, il contrario. L'ineguaglianza, in assenza di un'azione concertata dello Stato, è la causa stessa dell'influenza; essa è legata a sua volta a delle ingeguaglianze economiche, politiche, tecnologiche. Non sembra che ci si debba indignare di fronte a questo fatto (anche se possiamo a volte dolercene): in questo caso, raggiungere un equilibrio nella bilancia dei pagamenti non pare possibile. Da un altro punto di vista, possiamo distinguere tra interazioni più o meno riuscite. Ricordo il senso di frustrazione che mi si imponeva alla fine di animate conversazioni con amici marocchini o tunisini che si lamentavano dell'influe a francese; o con colleghi messicani rispetto a quella degli Stati Uniti. Sembravano costretti a una scelta molto sterile: o il malinchismo culturale, cioè la cieca adozione dei valori, dei temi e perfino della lingua della metropoli; oppure l'isolazionismo, il rifiuto del!' apporto_'.'europeo", una valorizzazione delle origini e della tradizione che portavano spesso a un rifiuto del presente e a respingere, tra le altre cose, lo stesso ideale democratico. Ognuno dei termini di quest'alternativa mi sembrava ugualmente poco auspicabile; ma come evitare la scelta? Ho trovato una risposta a questa domanda in un campo particolare, quello della letteratura, in uno dei primi teorici dell'interazione culturale: Goethe, inventore dell'idea di letteratura universale (Weltliteratur). Si può pensare che la letteratura universale non sia che il ·minimo comun denominatore delle e: l'PI Luigi Lunari · ~ V Il Maestro e gli altri O _Idipendenti di un grande teatro mila~ese .- diretto dal più cdeb_re regista dd mondo - e: decidono di costituire una filodrammatica ... Un romanzo comico che si svolge tra ~ r;J.. rivendicazioni dopolavoristiche, beauty farm ~ e sregolatezze del. palcoscenico. Patrice Bollon l'PI Elogio dell'apparenza ì '1 ~:b;;~~n::~,:,~:::~::: p~:~,totID ~ e mess,ggi mtkonfonni>tici dal Settecento ,d oggL (.J Edizioni Costa & Nolan Via Peschiera 21 · 16122 Genova letterature del mondò. Le nazioni dell'Europa occidentale, per esempio, hanno finito per riconoscere un fondo culturale comune - il mondo greco e romano - e hanno ammesso ognuna all'interno della propria tradizione alcune opere provènienti dai paesi vicini: e così un francese non ignora il nome di Dante, Shakespeare e Cervantes. Nell'età dei jet e dell'informazione via satellite, si può ipotizzare che alcuni capolavori cinesi e giapponesi, arabi e indiani potranno venir aggiunti a questa breve lista. Si procede insomma per eliminazione, ricorrendo solo a quello che può andar bene a tutti .. Ma non è questa l'idea che Goethe aveva della letteratura universale. Quel che lo interessava erano per l'appunto le trasformazioni che ogni letteratura nazionale subisce nell'epoca degli scambi universali. Ed egli indicava una duplice strada da seguire. Da un lato, non si deve assolutamente rinunciare alla propria particolarità, anzi: bisogna scavarla, per così dire, fino a che non vi si scopre l'universale. "In ogni particolarità, che sia storica, mitologica, o proveniente da una fiaba, che sia inventata in modo più o meno arbitrario, si vedrà risplendere e trasparire l'universalità attraverso il carattere nazionale e individuale". Dal!' altro, di fronte alla cultura straniera, non ci si deve sottomettere ma vedervi un'altra espressione dell'universale, e dunque cercare di incorporarla: "Bisogna imparare a conoscere le particolarità di ogni nazione, per poterle rispettare, ed è questo a permettere che si possa entrare in rapporto di scambio con essa: poiché le particolarità di una nazione sono come la sua lingua e la sua moneta." Prendendo un esempio dal nostro tempo e non da quello di Goethe, se Cent'anni di solitudine appartiene alla letteratura universale, è proprio perché ha r;adicicosì profonde nella cultura del mondo caraibico; e, reciprocamente, se gli riesce di esprimere la specificità di quel mondo, è perché non esita a far sue le scoperte letterarie di Rabelais o di Faulkner. Lo stesso Goethe, l'autore più influente della letteratura tedesca, è stato, com'è noto, di una curiosità instancabile di fronte a tutte le culture vicine o lontane. "Io", scriveva in una lettera, "non ho mai gettato uno sguardo o fatto un passo in un paese straniero senza aver l'intenzione di poter conoscere ·nelle sue forme più varie !'universalmente umano, ciò che è diffuso e suddiviso su tutta la terra, e poi di ritrovarlo nella mia patria, di individuarlo e di promuoverlo." La conoscenza dell'altro serve all'arricchimento di sé: dare è qui prendere. Non si trova perciò in Goethe nessuna traccia di purismo, linguistico o altro: "La forza di una lingua non si manifesta per il fatto che essa respinge ciò che le è straniero, ma che essa lo incorpoi;a"; in questo modo Goethe pratica ciò che, un po' ironicamente, egli chiama il "purismo positivo", cioè l'assorbimento di termini stranieri non esistenti nella lingua originaria. Invece che il minimo comun denominatore, quel che Goethe cerca nella sua letteratura universale è il massimo prodotto comune .. Può essere possibile una politica culturale ispirata ai principi di Goethe? Lo Stato moderno e democratico, per esempio lo Stato francese, si preoccupa di investire denaro e responsabilità in una politica culturale internazionale. Se i risultati sono spesso deludenti, c'è un motivo che va oltre questo particolare settore: il motivo lapalissiano che è più facile organizzare chi si lascia organizzare. È più facile far .incontrare i ministri dei due paesi o

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