Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

SAGGI/TODOROV Adolescenti cubani (fata Bartoli/Rea (Contrasto) tuttavia fatto innumerevoli volte, se sono diversi da noi nelle loro abitudini alimentari, vestimentarie o igieniche? Al contrario la tolleranza è fuori discussione se gli "oggetti" in questione sono le camere a gas o, prendendo un esempio più lontano, i sacrifici •umani degli aztechi: il solo atteggiamento accettabile nei loro confronti è la condanna (anche se questa condanna non.ci insegna se dobbiamo intervenire per far cessare questi atti né come si debba farlo). Succede infine un po' lo stesso per la carità cristiana o per la pietà nei confronti dei deboli e dei vinti: così come è abusivo dichiarare che qualcuno ha ragione solo perché è più forte, così può essere ingiusto dichiarare che i deboli hanno . sempre ragione proprio a causii della loro debolezza; una condizione passeggera, un accidente della storia viene elevato al rango di elemento costitutivo. Per mio conto, io credo che la pietà e la carità, la tolleranza e la xenofilia non devono venir radicalmente separate, ma che il loro posto. non è nei principi sui quali si fonda il giudizio. Se condanno le camere a gas o i sacrifici .umani, non lo faccio in funzione di questi sentimenti, ma in nome dei principi assoluti che proclamano, per esempio, l'eguaglianza di diritto di tutti gli esseri umani o il carattere inviolabile della persona. Altri casi sono però meno evidenti: in essi i principi restano astratti e la loro applica~ 42 zione pone dei problemi. Risolverli può richiedere molto tempo; e nell'attesa è certamente preferibile praticare la tolleranza piuttosto che la giustizia sommaria. In altri casi ancora, è subito evidente da che parte stanno le buone ragioni; eppure la miseria, l'indigenza, il dolore contano anche loro, e vanno presi in considerazione. Lasciar guidare il comportamento quotidiano dai soli principi astratti porta agli eccessi del puritanesimo, che preferisce le astrazioni piuttosto che gli esseri. La pietà e la tolleranza hanno dunque il loro peso, ma si collocano dal lato dell'intervento pratico, delle reazioni immediate, dei gesti concreti, e non da quello deì principi di giustizia o de.i criteri sui quali fondare il giudizio. Ma giudicare le culture straniere non è di per sé reprensibile? Questa sembra essere l'opinione generale dei nostri contemporanei illuminati (quanto agli altri, essi evitario di esprimersi in pubblico). Leggo per esempio in "Le Français dans le monde", la rivista dei professori di francese, in un numero dedicato nel 1983 . al nostro stesso tema (e intitolato D'une culture à l'autre), in un autore le cui buone intenzioni non sono dubitabili, quest'attacco contro il confronto tra culture: "Il confronto come pietra di paragone delle culture comporta un certo numero di rischi e di pericoli, in particolare quelli di stabilire gerarchie tra le culture. (...) Teoricamente e metodologicamente il confronto è pericoloso. Cercare di stabilire un parallelo, voler ritrovarein ogni cultura

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