CONFRONTI Manawaka, quindi, come luogo soffocante, l'altra faccia della medaglia della memoria. Ma se Rachel pensa che la cittadina stessa abbia un ruolo importante nella sua crisi, la sorella Stacey (più volte ricordata nel corso di A Jest of God come invidiato parametro di realizzazione femminile) non sta certo meglio, nella cintura suburbana di Vancouver. Come in un controcanto, autonomo ma necessario al disegno melodico generale, The Fire-Dwellers (Gli abitatori del fuoco, pubblicato nel 1969) registra e riferisce della parallela crisi di Stacey, donna-moglie-madre. Dalla sua• narrazione in prima persona, alternata a brani "oggettivi" e a squarci di realtà esterna per così dire "nuda e cruda" - senza soluzione di continuità- l'immagine che ne deriva è molto diversa da quella che perseguitava le fantasie di Rachel. Se l'una aveva una visione di sé da proporre al mondo esterno (per guarito tale interiorità si rivelasse ambiguamente sfuggente e pronta al collasso), Stacey, invece, si lascia invadere dalla realtà oggettiva che la assale sotto forma di brani di notiziari televisivi, canzoni, filastrocche, jingles pubblicitari, spezzoni di frasi. Come nel caso di Rachel, la sua vicenda può essere narrata in due modi diametralmente diversi: secondo i topoi della narrativa sentimentale, i due romanzi potrebbero. venire così riassunti: "Rachel, insegnante trentaquattrenne, sessualmente frustrata si lascia sedurre da un mascalzone, teme un'indesiderata gravidanza e si trasferisce per sfuggire ai pettegolezzi"; e ancora: "Stacey, moglie e madre quarantenne, ha dei dissapori con il marito ed è insoddisfatta di sé. Una breve relazione con un ventenne rappresenta il culmine della crisi, dopo la quale tutto si sistema." Questa è la sostanza di cui sono fatti i telefilm, i romanzetti, gli sceneggiati televisivi. Ma, come dice Stacey, "quello che succede dentro non è mai uguale a quello che succede fuori". E, difatti, anche The Fire-Dwellers si propone come una penosa e lunga spiritual quest, le cui tappe sono scandite da banali avvenimenti esterni che provocano violent_iechi interiori, in un riassestamento dei valori dove nulla può essere dato per scontato. L'io narrante rimane protagonista anche nel quarto libro, la raccolta di otto racconti "collegati" A Bird in the House (Un uccello nella casa, pubblicato nel 1970) che rappresentano altrettanti capitoli dell'infanzia e adolescenza di Vanessa. Eppure, che differenza con il sarcasmo, con l'auto-ironia dell'incessante monologo interiore di Stacey ! L'esperienza di Vanessa è incasellata, priva di dubbi, circonfusa dell'aura meravigliosa dei ricordi d'infanzia ricchi di zii e di avvenimenti rimasti nella coscienza come miti personalissimi ed essenziali. Tecnicamente parlando, le possibilità dell'io narrante erano ormai state completamente esplorate e ogni vc\J.umeriusciva, con la particolare "voce" del personaggio, a essere l'unico possibile ritratto di una sensibilità individu;:ttanon solo nei suoi contenuti interiori, ma anche nel tono e quindi nell'atteggiamento sentimentale nei confronti della vita. Il quinto romanzo The Diviners (Gli indovini, pubblicato nel 1974), chiudeva un ciclo decennale e, purtroppo, anche l'attività narrativa della Laurence. Come del resto si era anche chiusa la parentesi inglese. Nel 1973, infatti, era ritornata in Canada, stabilendosi nell'Ontario, a Lakefield. Nell'ultimo romanzo, Morag Gunn, una scrittrice di successo più vicina ai cinquanta che ai quaranta, rivede e riconsidera il proprio passato: un matrimonio castrante, la ricerca di una identità nella scrittura, la giovinezza in una cittadina delle prairies, i viaggi in Inghilterra e in Scozia alla. ricerca delle origini (tribali?) e infine il ritorno nel Canada. Romanzo più lungo degli altri, The Diviners è anche quello più accuratamente strutturato, più "filosofico" nei confronti del perenne tema della memoria, bergsoniano nel titolo del primo dei cinque capitoli in cui è suddiviso, "River of now and then" (Fiume dell'ora e del!' allora) e nel suo incipit: "Il fiume scorreva in entrambe le direzioni." Memoria come flusso, ma memoria anche come "istantanee" descritte e commentate dall'autrice ("Conservo le fotografie non per quello che mostrano, ma per ciò che vi è nascosto dentro"), memoria come ironico memorybank movie: memoria di nuovo disciplinata, non invadente e destabilizzante, come nel caso di Hagar e Stacey. Morag ha più strumenti culturali, Morag crea la realtà fittizia, la crea dal passato e, così facendo, lo domina. Come, del resto, l'autrice domina la narrazione, alternando una terza persona jamesiana con il monologo diretto, evidenziato dall'uso del corsivo tipografico. "Guarda avanti nel passato e indietro nel futuro, fino al silenzio" è l'ultimo messaggio di Morag, al termine del denso romanzo. È anche il commiato di Margaret Laurence scrittrice? No, certo. Se commiato deve essere, è un commiato dalla finzione. Il resto della produzione, all'interno del periodo considerato, è ampio: c'è un libro per bambini, Jason's Quest (Il viaggio di Giasone, 1967), qelizioso apologo animale sugli itinerari di una talpa inquieta alla ricerca della felicità; ma non si può nemmeno dimenticare Long Drums and Cannons (Lunghi rulli di tamburi e cannoni, 1968) pionieristica analisi ragionata della letteratura africana in lingua inglese. Dopo il '74, pubblicherà ancora una raccolta di saggi sparsi, dal titolo Heart of a Stranger (Cuore di straniero, 1976) tenuti insieme dal filo conduttore di essere riferiti e connessi a luoghi che erano stati importanti e significanti per lei, sia nella vita che nella scrittura. L'ultimo decennio di vita della Laurence marcò un deciso mutamento. Dopo aver accuratamente tramato la vita fittizia e la mitologia di un'intera comunità, si rivolse alla vita vera, quella collettiva, quella "politica" nell'accezione più generale e nobile del termine. Quali sono state le cause che hanno potuto contare sul suo appoggio? Il disarmo nucleare, la giustizia sociale, la protezione dell'ambiente: cause enormi, alle quali non prestò solo il nome in calce agli appelli stilati da altri, ma per le quali lavorò attivamente, esprimendo posizioni che "contavano" non per il tecnicismo dei pareri o perché esprimessero particolari schieramenti politici, ma perché provenivano da chi, nel proprio medium, avev~ ripetutamente attraversato confini geografici e culturali. Certo, avrebbe potuto scrivere romanzi cosiddetti "a tesi", incorporando il proprio impegno civile e politico nella · narrativa. Ma, considerando le sue eroine, si tratta di personaggi rivolti tutti, in maggiore o minore misura, verso l'interno, ripiegate su loro stesse e in preda a crisi che sono squisitamente personali. Solo Stacey in The Fire-Dwellers si preoccupa della realtà circostante e politica, scioccata dai notiziari e dalle immagini della guerra del Vietnam. Ma, anche nel suo caso, la realtà esterna si presenta grezza, rozza, fatta di visioni immediate e lancinanti, non mediate da alcuna teoria. L'impegno politico, invece, è fatto di riflessione, non permette ambiguità. "Scrivendo articoli ... posso affrontare gli argomenti direttamente. Gli artisti non possono, in realtà, scrivere romanzi con prosa didattica. Non riesco a scrivere romanzi a tesi, ma quello che posso fare è affermare la mia personale visione dell'esistenza attraverso i personaggi dei miei libri." La politica, appunto, era un'altra cosa. 33
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