CONFRONTI Esorcizzare le madri Incontro con Angelica GarneH a cura di Marisa Bulgheroni Incontrare la settantunenne Angelica Garnett è trovarsi di fronte a un'intera geneaologia di donne. Nel suo volto bianco, mobile come certe nuvole, trascorrono le somiglianze: con la .nonna materna, Julia Jackson, per i lineamenti preraffaelliti; con la madre, VanessaBell, per un che di più corporeo nel sorriso; ma . soprattutto con la zia, Virginia Woolf, di cui ha la maliziosa leggerezza di creatura di altri mondi. E con la stessa Angelica, bambina o ragazza dagli occhi chiarissimi tra adulti assorti in un loro copione. Questa impronta somatica, simile a una cifra letteraria o pittorica, fa sì che ci si illuda di averla già conosciuta, e crea una familiarità repentina che lei accetta e risolve, secondo lo stile di Bloomsbury, nell'ironia, rifiutando di essere beatificata in nome delle madri: ''.Sì, lo so, assomiglio a loro, e assomiglio alle mie fotografie di tanti anni fa perché non sono mai cresciuta. Ma tutti, non solo io, ci portiamo deptro i bambini che siamo stati". L'intervista progettata si frantuma in colloquio o in monologo, intimo, un po' trasognato, non perché Angelica voglia eludere le domande, ma perché, mirando ormai altrove, torce e ritorce nella mente quel filo interiore che'.scrivendo la sua autobiografia, ha inteso spezzare e che la pubblicazione del ]jbro la costringe a riannodare. Quella geneaologia di donne celebri è stata ingombrante per lei come Leslie Stephen, padre iUustre, lo fu per Vanessa e Virginia? "Ogni generazione," dice, "ha la sua irripetibile fisionomia e i suoi irripetibili guai. lo ho avuto una vita emotivamente difficile, perché, figlia di due padri (il legittimo, Clive BelJ, e il naturale, Duncan Grant, N.d.R.) e quindi di nessuno, sono rimasta senza scampo all'ombra di mia madre. Vanessa e Virginia dovettero lottare, per diventare se stesse, non tanto con il padre quanto con i fratelli maggiori (George e Gerald Duckworth, figli del primo matrimonio di Julia, N.d.R.). Per difendersi, Vanessa si tracciò intorno un cerchio di mistero, e paradossalmente conservò sempre un che di vittoriano; il suo calore nasceva dalle privazioni affettive subite, dalle precoci responsabilità, dal rifiuto dei ruoli imposti. Odiava sedere sola in un salotto, come in posa per un ritratto, e dunque si circondava di amici, pur mantenendo un suo segreto riserbo. Virginia, al di là delle apparenze, stringeva più rapidamente rapporti con gli altri; ogni incontro la elettrizzava. Vanessa mi amava, certo, voleva amarmi, e mi voleva felice, ma proprio questa assegnazione d'identità mi schiacciò". Tra la Vanessa a volte ansiosa e ombrosa descritta da Angelica e la Vanessa dea opulenta, fiore rigoglioso, amoroso delfino, delle lettere di Virginia, c'è un contrasto: sono i due volti di una stessa. persona? "La verità è che Virginia cercava in Vanessa una madre; ne era innamorata e se la inventò". Angelica è cresduta in una libera comunità di artisti dominata da una temeraria, ma taciuta, incestuosità nei vari rapporti di amore e di amicizia. Come si è compiuta la sua educazione? ';Jfo patito il paradosso. La libertà nel gruppo in cui sono vissuta era tutta mentale, imparata a Cambridge; più delle parole erano audaci le scelte: nessuno mi raccontò chi era mio padre fino all'adolescenza; nessuno commentò. Eravamo in qualche misura tutti inibiti: i miei due padri, mia madre, io stessa, eDavid Garnett, che sposai alla ricerca di una figura paterna, senza sapere nulla del passato in cui, amante di Duncan, era vissuto con lui e Vanessa. Ma la distanza, sempre rinnovata, da un padre sognato e precario, mi ha spinto a chiarire più recisamente i rapporti con gli uomini, dai quali sono sempre stata attratta. E ha fatto di me una madre comunicativa, battagliera con le mie quattro figlie". Resta da toccare la corda del!' arte, che Angelica ha a lungo percossa senza trarne il suono desiderato. Sappiamo dall' autobiografia di come abbia tentato il teatro, la danza, la pittura. "Dipingevo," dice ora, "per compiacere i miei genitori, olii . astratti, quadri da cui io ero assente. Più tardi cominciai a scrivere, ma, terrorizzata dai modelli intellettuali, non ho mai finito un libro, finché, per salvarmi, non ho concluso e pubblicato Deceived with Kindness. E poi, quattro anni fa, ho costruito i miei primi 'oggetti magici' ". Lei, che ha vissuto l'infanzia come "un paradiso precario" nel "fulgore di un'estate perenne", e che di quell'infanzia ci descrive i giochi di bambina lasciata a se stessa "persa nella mia fantasia e viva", si è miracolosamente ritrovata nel· gioco: "Passo intere giornate, in Provenza dove vivo, a raccogliere nelle botteghe dei ferrivecchi scarti di oggetti sfigurati dall'uso, brandelli di plastica, forbici, apribottiglie, barattoli, fili elettrici, pezzi di corda, lamiere, lampadine, e altri ne trovo in casa; vecchi occhiali, scatole, calze spaiate, tappi di sughero. Scelgo questi scarti perché mi piacciono, li accosto l'uno all' àltro 29
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