CONFRONTI Il grande Greene Geoffrey Nowell-·Smith tradu7,ionedi Alberto Cristofori Graham Greene è sempre stato per me lo straniero in casa. La casa dei miei genitori era piena di Ìibri - i romanzi ottocenteschi che collezionava mio padre .e quelli novecenteschi che leggevamo tutti. C'erano Faulkner, Hemingway. Chandler, e c'erano gli scrittori inglesi da Agatha Christie a Aldous Huxley a lvy Compton-Bumett. E c'era Greene. Greene era strano perché non era uno straniero. I romanzi americani, con la loro rappresentazione del crimine e della corruzione di Los Angeles o del profondo Sud erano eccitanti per il loro esotismo - come i romanzi e ifilm francesi, con i loro borde II i e le ossessioni sessuali. Dovevano essere goduti, forse perfino apprezzati come arte. ma in un certo senso non bisognava prenderli del tutto sul serio. Ma Greene era inglese: Il suo mondo strano, peccatore e silenziosamente eroico era .situato in In-· ghilterra o in luoghi che gli inglesi avevano raggiunto e che i suoi romanzi rendevano nuovamente familiari. Non era inglese nel senso di domestico. Al contrario di tutti gli altri romanzieri inglesi che avevo letto, i suoi libri provocavano una sensazione di disordine morale. E poi, al di sopra e al di là del disordine, c'era una sorta di ordine che per me era forse la cosa più strana di tutte - l'ordine imposto dalla fede cattolica dell'autore. Cresciuto com'ero a metà strada fra l'ateismo e il diluito protestantesimo della Chiesa d'Inghilterra, e sostanzialmente indifferente al fatto che Dio esistesse o no, trovavo fastidioso il cattolicesimo di Greene. Esso non mi respingeva (come capitava a molti) né mi attraeva (come capitava a molti altri). Era qualcosa che esisteva autonomamente, di per sé, che non sapevo come chiamare. Adesso so il termine che lo ' definisce. È il termine sublime. Il cattolicesimo di Greene, bisogna anche dire, era atipico. Era qualcosa che, in un certo senso, egli aveva inventato per se stesso. Non era il cattolicesimo dei cattolici in un paese cattolico. E non era il cattolicesimo di nes~uno dei gruppi che, tutti insieme, costituiscono la popolazione cattolica britannica; Il cattolicesimo britannico rientra per lo più in due categorie. C'è il radicato cattolicesimo popolare degli Irlandesi e deUe altre comunità di immigrati, che per loro ha una funzione di difesa contro l'anglicizzazione·e gli inglesi; e c'è il cattolicesimo aristocratico, forse . ancor più radicato, di poche famiglie inglesi che hanno conserva- .to la loro identità di setta dai tempi della Riforma. Greene,intellettuale middle-class e convertito, non si trovava bene in nessuna delle due categorie. Non poteva sentirsi a suo agio, non si poteva farlo sentire a suo agio, nel mondo soffocante e anti-intellettuale del pietismo irlandese. Ma in quanto intellettuale di sinistra, aveva ancor meno desiderio di seguire Evelyn Waugh nelle utopie reazionarie piccolo~inglesi degli intellettuali cattolici inglesi del passato come Belloc o Che-sterton. Per questo creò il suo proprio mondo, l'ormai famosa ·'Greeneland", un mondo la cui forma esteriore nasceva dalla crisi dell'imperialismo britannico, ma al cui cuore c'era una lotta morale e spirituale molto poco inglese. Nel cinema i caratteri di Greeneland · sono molto meno pronunciati. Per anni . sono andato regolarmente al cinema a vedere film scritti da Greene senza metterli in alcun modo in rapporto con l'autore di quegli Straordinari romanzi. Ho riconosciuto La roccia di Brighton. Ma ho considerato Il terza uomo e Idolo infranto come film di Caro! Reed. Sono buoni film, ma la pulizia e il manierismo di Reed non raggiungono mai l'autenticità della voce con cui Greene si rivolge al lettore anche dalle pagine del suo più leggero "entertainment". Per quanto riguarda il film tratto da Il potere e la gloria (La croce di fuoco di John Ford), questo voleva chiaramente essere Greene; ma nel modo più pedestre, mentre Il tranquillo americano, a suo modo un film molto migliore, cambiava completamente la politica del racconto. Recentemente sono arrivato .ad apprezzare molto di più la natura del contributo di Greerie al cinema, che ebbe inizip negli anni Trenta quando egli faceva il critico cinematografico dello · "Spectator". Le qualità che Greene cercava nei film, e che cercò di introdurre nel suo stesso lavoro per il cinema, non erano esattamente le stesse che cercava nei romanzi - suoi o altrui. C'era la stessa insistenza sulla coerenza e la verosimiglianza, su una certa autenticità di fondo nella rappresentazione dell'agire umano, ma questo doveva essere espresso per mezzo della messa in scena come per mezzo della scrittura. La verità che egli credeva un film dovesse dispiegare era una verità più collettiva: doveva essere condivisa da coloro che lo facevano e formare la base di un'intesa tra loro e il pubblico, piuttosto che essere oggetto di un'alleanza privata tra l'autore e il lettore. Da questo punto di vista il suo lavoro nel cinema è certamente meno personale, meno individualmente "autoriale" del suo lavoro di romanziere. Ma questo non lo sminuisce. Era in un certo senso il prodotto di un compromesso, ma fatto in piena consapevolezza. Era anche un compromesso prettamente cattolico, poiché riconosceva che la verità non è una proprietà privata. Questa non ·è necessariamente una convinzione rispettabile, e la storia del cattolicesimo e anche del marxismo è piena di esempi di verità personale sacrificata alle esigenze del giudice eterno. Ma Greene non ii lasciò sacrificare - alla Chiesa, al Partito, alle forze del mercato. Si impegnò nel mondo, ne ebbe molto; ma diede anche molto in cambio. 27
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