Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

IL CONTESTO Consentire al silenzio e ascoltare l'assenza Ancora su credenti e non credenti Mario Cuminetti Parlando della fase conclusiva del pensiero di Hèidegger, Mario Ruggerini scriveva che "esso apre la questione del rapporto fra filosofia, cristianesimo e ateismo in termini su cui il pensiero non ha ancora cominciato ad interrogarsi" 1 • Ci sono tuttavia - e lo stesso Heidegger lo testimonia - spunti di riflessione e alcune acquisizioni su tematiche parziali, che possono farci inoltrare per sentieri finora sconosciuti. La caduta delle teologie totalizzanti liberandoci da un ostacolo ritenuto insuperabile, ci chiama al compito di creare nuove convergenze che diventano sempre più urgenti in un mondo in cui la lotta per un minimo di dignità e libertà non etero dirette e manipolate diventa sempre più difficile. È per questo, come già altre volte ho scritto sulle pagine di questa rivista, che riprovo a chiarire aspetti del pensiero cristiano che sembrano ostacolare quel pezzo di strada comune che alcuni credenti e no possono oggi compiere insieme. Non per canee!- . lare differenze ~ che possono diventare ricchezze - ma per superare quelle pseudo-opposizioni e incomprensioni che polemiche e lotte secolari hanno costruito. Ilcompito di "rivelare" l'uomo Una delle convinzioni della teologia della liberazione latinoamericana è che compito comune a tutti gli uomini, credenti e no, è la lotta contro gli idoli che non permettono a una gran parte dell'umanità di godere pienamente della bellezza della _terra. Qualsiasi dio che non permette ciò, che fa sostenere e rafforzare estraneità, gerarchie, divisioni, è un idolo che deve essere abbattuto. La via verso la liberazione è unica, anche se i nomi del Liberatore sono diversi. In altre parole c'è una discriminante fondamentale che divide gli uomini: è quella che passa fra chi, nonostante tutto, crede alla loro dìgnità, si impegna per gli oppressi, lotta per dar voce e spazio alle speranze più profonde e vere di ogni uorrio e chi, invece, non crede più possibile questa trasformazione e si consegna, arrendendosi, a quelle forze che tendono, per il loro dominio, a ignorare le diverse situazioni ed esigenze degli uomini. Inutile nascondersi che per il primo caso sfamo di fronte a una "fede" che accomuna credenti e non credenti in Dio. Esiste un blocco del "credo" in una sola direzione, quella religiosa; ma questa esclusività non può essere criterio unico, perché esistono altre fedi (religiose o laiche). Non è uncaso che, almeno in Italia, i laici vedono il fatto religioso nelle sue valenze · socio-politiche o nel suo aspetto devozionale o superstizioso e non come dimensione profonda dell'uomo, qualcosa che lo definisce esistenzialmente, che lo tocca nella sua crescita personale, così come avviene per tutti coloro che trovano possibile e irrinunciabile lottare per i valori umani fondamentali. Anche nel caso migliore in cui la fede religiosa era ed è vista come sforzo per cambiare l'uomo, nari si coglie ancora ciò che èssa vuol essere. In questo senso mi sembrano assai espressive di quanto voglio dire queste affermazioni di O. Paz. Parlando delle motivazioni per cui serivere poesie2 , osserva che (per la sua generazione), "la cosa più importante non era scrivere poesie (come P.ertutti i poeti della generazione precedente), ma cambiare la natura, cambiare la vita, cambiare il genere umano. In un certo senso la poesia era per noi legata alla magia, alla religione, ma ovviamente anche alla politica. Era una forza rivoluzionaria( ...)". Ma Paz' osserva poi che in seguito "dopo tanti anni decisi anzi tutto che la poesia non era fatta per cambiare il genere umano, ma per rivelare il genere uman_o(...)".Eccomi pare di poter dire che la religione, come la rivelazione giudaicocristiana, non è altra cosa. La ricerca della "sapienza" La capacità di dire con Sofocle (Antigone) che "l'esistere del mondo è uno stupore infinito, ma nulla più dell'uomo è stupendo", non è certamente frutto della pura razionalità, ma di un sentire, di un modo di essere che sa andare al di là della pura ragione, senza rinunciare a essa. La stessa invocazione del salmista (Salmo 8) "che cosa è l'uomo che di lui ti ricordi (...). Tu l'haì fatto per poco di meno di un dio, l'hai èoronato di gloria e maestà", viene dalla stessa matrice, che solo chi non ha il dono di coglierla definisce irraziònale. Due voci fra le tanti, coscienti della miseria dell'uomo, delle tragedie che sempre di nuovo costruisce, ma capaci di vedere e contemplare la sua grandezza. A questa fede - solo così può essere chiamata - essi non 23

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