Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

IL CONTESTO Un portaborse dall'aria serena Gianfranco Bettin. Di "portaborse" ne-CO)lOScoabbastanza, e non sono come quelli del film di Daniele Luchetti. Non riesco a figurarmene alcuno in finale crisi di"coscienza a rivoltarsi contro il padrone della borsa che portano e a distruggere a colpi di mazza il di lui regalo, la fiammante Bmw con telefono a bordo. Ci mancherebbe! Hanno trovato I;America ponendosi al servizio del boss politico di turno. La gente crede che la vita dei politici sia tutta noia e riunioni. Non sa che da almeno qualche anno, oltre ai privilegi di sempre legati all'uso del potere, i politici, una nuova classe di politici, non si negano affatto la "bella vita". E ne concedono ampiamente alla propria corte. La parte più riuscita del film di Lucchetti mi sembra proprio questa (lo dico ben sapendo di non sapere abbastanza sul piano critico cinematografico, e però con qualche conoscenza diretta dell'argomento trattato dal film e usando quest'ultimo a pretesto per un discorso più generale). Il portaborse mette in scena una certa parte, nuova ma già solida della classe politica italiana. Anzi, della classe dirigente italiana. Una fauna politica già rampante ma ormai oltre tale stadio insorgente. Ancora aggressiva certo, vorace, ambiziosa (di ambizioni quasi sempre volgari) ma ben insediata, oggi, nelle stanze e nei consigli d'amministrazione del potere. Sicura di starci comunque, nei Municipi come nelle Ussl, al Governo come alla Rai. Ovunque. Sempre. In questo senso l'identificazione del personaggio di Botero con un ministro di area socialista è perfettamente congrua. Potrebbe essere, in senso più Iato, un ministro della cosiddetta "area laica". Qualcuno insomma cui laDc non potrebbe rinunciare per restare al governo altri 40 anni (o 45, 50: quanti sono?), ma anche qualcuno indispensabile, a mutate condizioni, per formule alternative di governo locale e regionale o, in prospettiva, nazionale. Il conflitto tra il giovane e laico, "innovativo" Botero e il suo collega di Governo cattolico e anziano rispecchia la tensione tra le due aree prevalenti del potere politico in Italia, anche se sottovaluta, un po' troppo forse, la capacità della Dc di rinnovare i propri ranghi. Essa è infatti oggi zeppa di personaggi del tipo di Botero. Giovani, spregiudicati (meglio: cinici), dotati di tutti gli optionals della modernità, con i figli che studiano all'estero e la moglie che prende la pillola. Vanno a Messa la domenica e ripetono che possono "Dio lo vuole", ma in privato fanrio quello che fa la grandissima parte dei cattolici italiani: se ne fregano di Santa Madre Chiesa e fanno i comodi loro. Li fanno tuttavia con una superiore capacità di evitare l'ostentazione. Certo, un Cirino Pomicino o un Mastella, un Casini, si può benissimo immaginarseli al night o a brigare 20 nei corridoi della Rai esattamente come i loro colleghi-rivali "laici". Ma nell'insieme la Dc preferisce dare di sé e dei propri esponenti un'immagine più morigerata. È ancora la sua la base dura, intricata e ben protetta del potere. Ma è innegabile che altri vi abitino ormai stabilmente, con altri stili e linguaggi. "Il portaborse" parla soprattutto di costoro e mi pare che sia la prima volta .che accade, quantomeno con questo impatto. Ripeto, la parte più riuscita del film credo sia quella che tratteggia il consolidarsi, nel potere e nella dolce vita annessa, degli ex rampanti. Moretti è, a mio parere, piuttosto convincente nella parte di Botero, resiste alla tentazione di trasformarlo in una macchietta o in un "mostro". Direi che quasi ce ne fa sentire il fascino disgustoso, il losco carisma. Sicuramente ce lo mostra come sono spesso tali figuri: intelligenti, svegli, spesso più della media. Sicuramente più dei loro elettori e dei loro portaborse. A volte persino più dei loro oppositori, specialmente se sono come quelli dipinti nel film. Questo mi pare invece uno dei punti deboli del film di Luchetti. La pateticità dei personaggi "contro" descritti dal Portaborse non è forse troppo lontana da un certo modo di fare opposizione, predicatorio e vacuamente moralista, privo di forza politica e di vera credibilità e saldezza culturale ed etica. È chiaro che non può che perdere di fronte all'apparato di potere e ai suoi oliati meccanismi di corruzione, cooptazione e presenza sociale e istituzionale. Moretti-Botero lo sa e conta su questo. L'imbroglio iniziale che .Io porta alle soglie di una carriera brillante non sarà poi necessario ripeterlo. È il potere, il modo in cui lo si'esercita oggi, le forme che assume, ad essere un colossale e ramificato imbroglio. Ma legale, perfettamente legale. Come lo sono il "manuale Cencelli" - la vera, dominante "Costituzione materiale" dell'Italia attuale-e le "corti dei miracoli" ogli optionals di ogni genere, segretari, portaborse, telefoni cellulari, auto blu, scorte, elicotteri ecc., che ogni vero boss della politica ha a propria disposizione. Ma questo imbroglio si giova di una carenza di opposizione, di una carenza progettuale dell'opposizione e di una pratica concreta, quotidiana, troppo spesso consociativista piuttosto che limpidamente, coerentemente antagonista. Non si tratta, si badi, di gridare "più uno" ad ogni proposta governativa (anzi: questo è ciò che più spesso l'opposizione fa) o di dare dei ladri o degli infami a coloro che governano. Si · tratta di fare davvero una politica diversa, che aggreghi interessi, o ne scomponga altri, che segua una propria via e non si voti a seguire le tracce del potere sia pure per annusarne con disgusto lo sterco. Il personaggio del giornalista "contro", Francesco Sanna, è patetico proprio per questo. Sembra che gli manchi una strada propria. E se l'opposizione è questo, o sono i tardivi ripensamenti del "professore" portaborse, stiamo freschi. È pur vero che fa freddo, in effetti. Che l'opposizione, cioè, sembra più che mai disorientata, oggi. Nel film di Luchetti, però, sembra addirittura non esistere se non in quella forma sciatta e intristita (o nei termini in cui i rari studenti non conformisti denunciano la "banda di ladri" che ci governa). Così è all'atto individuale, alla crisi personale di coscienza che ci si affida. È un po' poco, un po' troppo cattolico per così dire. Botero ci naviga benissimo in queste acque. Come nella sua comparsa finale- trionfante, dopo la vittoria elettornle ottenuta senza brogli - quando utilizza contro i suoi rivali nel governo le parole rabbiose che il suo portaborse, abbandonandolo, gli aveva rivolto. Tre "autori" di // portaborse: Luchetti,Orlando, Moretti.

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