ILCO~TESTO paese impedisce loro di armarlo per scopi che non siano la difesa immediata. Ma la loro tranquillità è andata sempre più turbandosi. Gli Stati Uniti hanno voluto ridurre il loro deficit commerciale nei confronti del Giappone e hanno chiesto aTokyo di contribuire più sensibilmente alla difesa dell'Asia nord-orientale. All'inizio degli anni Ottanta il governo aveva accumulato un grnnde deficit pubblico (al cambio prevalente nei confronti del dollaro, il debito delle sole Ferrovie Nazionali Giapponesi era maggiore di quello del Brasile e del Messico uniti). La borsa ha avuto recentemente alcune cadute. E alla fine degli anhi Ottanta si è scoperto che alcuni leader liberal-democratici hanno preso grosse tangenti. I problemi, comunque, sono stati contenuti. All'interno degli Stati Uniti le pressioni per un maggiore protezionismo non sono state decisive, e la proposta giapponese di ridurre lo squilibrio comperando il petrolio dell'Alaska è stata rifiutata. Reagan ha persuaso il Primo Ministro Nakasone, che non era contrario, a portare il bilancio della difesa giapponese al di sopra del sacro tetto dell'un per cento del prodotto nazionale, e quindi a intendere la difesa del Giappone come comprendente la sorveglianza delle rotte marittime fino a mille miglia verso sud. Ma egli ha anche aumentato la presenza•militare americana nel Pacifico. Nakasone è riuscito a ridurre jl deficit pubblico giapponese. La cadute della borsa di Tokyo sono semplicemente la naturale reazione alla supervalutazione, verso la metà degli anni Ottanta, di valori fissi rispetto a quelii quotati in dollari che si svalutavano (a un certo momento il valore della N~ppon Telegraph and Telephone Corporation era superiore a quello dell'intera Germania ovest, quello dei 300 acri del palazzo imperiale nel centro di Tokyo a quello dell'intera California). E il Part.itoliberal-democratico si è ripreso dallo scandalo delle bustarelle. I politici, è vero, alla fine dovranno decìdere - o chiedere ai loro burocrati di decidere - se lasciare che lo yen cresca ancora rispetto al dollaro in modo che gli Usa possano esportare di più in Giappone, accumulare surplus e pagare i loro debiti. Ma prima dovranno affrontare una questione più importante. Ora che il Giappone è una potenzà economica internazionale, può maI)tenere nella sua politica estera la seikei bunri, "la separazione della politica e dell'economia"? La risposta convenzionale è no. In politica internazionale, si dice, il Giappone è stato una sorta di eslege. "To be specific", diceva una famosa canzone americana durante la Seconda guerra mondiale, "it's our Pacific" (per essere precisi/è il nostro Pacifis co).Da allora i giapponesi sono stati ben contenti che la situazione non cambiasse. Così anche nell'Asia sud-orientale, nel Medio Oriente, dal cui petrolio sono dipesi, e nella nuova area di loro interesse, l'America Latina. Ma l'"egemonia americana", si dice ancora si sta indebolendo. La minaccia da Mosca adesso non c'è più. E \1 deficit del bilancio renderà Washington più restìa a dispiegare la forza militare che il deficit ha recentemente aiutato a finanziare. Questa forza non verrà sprecata per gli stati (e per le aspiranti nazioni al loro interno) che potrebbero voler avanzare le loro ragioni di scontento. Nel periodo post-bellico, gli stati sovrani del mondo sono stati congelati. Il principio della "autodeterminazione nazionale" potrebbe giustificare quelli che esistono. Ma, con l'eccezione della divisione del Pakistan nel 1971e un paio di aggiustamenti di minore importanza nel caos del post-colonialismo, di fatto nessurJa nazione auto-definentesi ha avuto la possibilità di nascere, e a parte la ugualmente eccezionale eccezione del Tibet, la cui sovranità non è mai stata riconosciuta formalmente dalla Cina, anche l'irredentismo è stato assente. Nel suodistaccato resoconto sulla situazione attuale (Nationalism and International Society, Cambridge 1990), James Mayall chiarisce che la sovranità prescrittiva degli stati è davvero sovrana. Ma Lee Kuan Yew e altri, in Asia e non, hanno richiamato l'attenzione sul . 18 Ragazze di Tokyo (foto di Philip Gordon/Rea/Contrasto). fatto che, una volta sollevato il coperchio, potrebbero esserci molti problemi, e in molti posti. Verrà chiesto alla Corte Internazionale di considerare più richieste da parte di nazioni sofferenti in nome dei "diritti umani". Ma la corte ha poca forza; le sue deliberazioni servono nel migliore dei casi per dar voçe allo scontento, nel peggiore per gonfiarlo. E le spese militari, nei paesi più poveri, come indicano le statistiche del!'Onu, sono cresciute più rapidamente delle entrate. (L'lrak è un caso estremo, avendo speso negli ultimi anni Ottanta per la sanità e l'istruzione un settimo di quanto ha speso per la difesa. Il Costa Rica è ancora l'unico paese che non spende assolutamente nulla per la difesa. La media, nel Terzo Mondo, è intorno al 120 per cento.) Malgrado tutta l'attuale euforia per l'Onu, non ci sarà un modo sicuro per imporre l'ordine. Il Giappone, si conclude, dovrebbe riconsiderare le proprie responsabilità. L'egemonia americana, però, potrebbe essere sempre stata più un'illusione che una realtà. Questo non vuol dire che in · politica internazionale, come in tutti i campi, l'illusione non sia importante. Governa percezioni, causa azioni e nel caso dell' immaginato potere degli Usa potrebbe perfino essere stato un elemento frenante. Negli ultimi quarant'anni, al di fuori del1' America Centrale, gli Stati Uniti non hanno determinato l'esito di nessuna delle questioni in cui-sono intervenuti. (Dove potrebbe sembrare che l'abbiano fatto - le questioni\:be portarono al colpo di stato in Brasile nel 1964, per esempio, in quello che poi diventò lo Zaire nel 1965, in Indonesia nel 1967 e in Cile.nel 1973 -è quasi certo che i cambiamenti si sarebbero verificati comunque.) E il nuovo corso sovietico è dovuto alle difficoltà interne almeno quanto all'intensificazione reaganiana della corsa agli
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