Linea d'ombra - anno IX - n. 60 - maggio 1991

ILCONTESTO era risolto mediante il congelamento dei rapporti etnici. Non ha funzionato. L'unica soluzione può essere l'accettazione di Stati imperfettamente nazionali, che rendano possibile la convivenza tra etnie diverse. Non è un'utopia. È già esistito uno Stato imperfettamente nazionale in Europa orientale, che riusciva a far convivere non meno di 5 etnie, e a far rispettare un minimo di regole democratiche. Fu distrutto, a Monaco, in nome dello Stato perfettamente nazionale (e dell' appeasement a tutti i costi). La Cecoslovacchia di Tomas Masaryk non è forse il peggior punto di partenza per cercare una via d'uscita ai problemi dei nazionalismi sovietici. Note I) Il sostegno di settori conservatori sovietici a Saddam è stato pubblico, esplicito per tutta la durata della crisi e della guerra del Golfo. L'ipotesi di un complotto di settori dell'apparato mi litare per destabilizzare Gorbacev è stata avanzata eiajGiulietto Chiesa, in alcune sue corrispondenze apparse sulla "Stampa" nell'inverno 1991. Si può avere un'idea della presenza di personale militare e tecnico in lrak al momento dell'invasione del Kuwait in base ai dati disponibili per il 1988: i tecnici militari sovietici erano allora 1.305, rispetto ai 2.830 in Siria, e 2.025 in Afganistan; i tecnici economici erano 12.225, rispetto a 42.015 in Siria e 6.115 in Afganistan (cfr. David E. Albright, Soviet Economie Development and the Third World, in "Soviet Studies", n. I, 1991, pp. 27-57). Sui rapporti sovietico-iracheni durante la guerra del Golfo, cfr. anche gli articoli del negoziatore sovietico Prymakov, apparsi in "L'Unità", febbraio-marzo 1991. · 2) Sulla storia dei paesi baltici esiste una letteratura aggiornata in lingue veicolari. Cfr. Eric Christiansen, Le crociate del nord. Il Baltico e la frontiera cattolica (JJ00-1525), Il Mulino, Bologna 1983 (ed. or. 1980); David Kirby, Northern Europe in the Early Modem World. The Baltic . World, 1492-1772, Longman, London 1990; EdwardC. Thaden, Russia's WesternBorderlands, 1710-1870,Princeton University Press 1984; Thaden (a cura di), Russiflcation in the Baltic Provinces, 1855-1914, J>rinceton University Press 1981; Georg von Rauch, The Baltic States: the Years of lndependence: Estonia, Latvia, Lithuania, University of California Press 1974 (1970); R. J. Misiunas e R. Taagepera, The Baltic States.'Yéars of Dependence, 1940-1980, University of California Press 1983. 3) Cfr. Boris Kagarlitsky, Farewell Perestroika, Verso, London 1990, p. 189. Kagarlitskij afferma che I00.000 elettori russi sarebbero privati del diritto di voto in base alla nuova legislazione estone che prevede una franchigia limitata ai cittadini con 15 anni di residenza in Estonia, o 5 anni in una specifica provincia estone; in realtà si tratta di una confusione tra il diritto a essere eletti (per il quale gli estoni prevederebbero effettivamente i 15 o 5 cinque anni di residenza) e quello del voto (per il quale il requisito è di 2 anni in un distretto, o 5 nella repubblica estone). Cfr. R. Taagepera, Estonia 'sRoad to lndependence, in "Problems ofComrnunism", n. 6, 1989, pp. 21-22, e l'articolo sull'argomento in "Le Monde", 28 luglio 1989. Il requisito di residenza per l'eleggibilità non si discosta quindi dai requisiti necessari in Europa occidentale. 4) John Lloyd, Deep Freeze, in "Marxism Today", febbraio 1991. 5) La situazione nelle altre repubbliche sovietiche occidentali oscilla da situazioni relativamente poco conflittuali (come sono state finora la Bielorussia e l'Ucraina orientale) a situazioni intermedie (l'Ucraina occidentale) a situazioni più conflittuali di quella dei paesi baltici (la Moldavia). Le repubbliche transcaucasiche e in generale quelle asiatiche presentano situazioni ancor più complesse, e comunque non assimilabili a quelle occidentali. 6) Nei confronti dei paesi baltici la nostalgia de)la guerra fredda si esprime mediante una accusa generalizzata di filonazismo nei confronti delle popolazioni baltiche a causa del collaborazi.onismo con i nazisti, che indubbiamente c'è stato. (Cfr. per esempio E. J. Hobsbawm, Nations and Nationalism since 1780, Cambridge University Press 1990, p. 173.) Non mi risulta evidente la rilevanza di questo passato rispetto a un movimento indipendentista composto in prevalenza di individui cresciuti e nati dopo il 1942-45. (I criminali di guerra baltici che sono stati individuati di recente in Gran Bretagna hanno in genere almeno 80 anni.) Ho cercato di affrontare il problema dei comportamenti collettivi e individuali durante la Seconda guerra mondiale nel mio articolo Le vere colpe. A proposito del libro di Arno Mayer, "SoluziÒne finale", in "Linea d'ombra", n. 55, dicembre 1990. Dove va il Giappone Geoffrey Hawthorn traduzione di Alberto Cristofori Nel settembre 1945 un impiegato della nuova amministrazione MacArthur entrava negli uffici della Mitsui a Tokyo. "Ecco", disse un manager, indicando una mappa della Sfera di CoProsperità della Grarrde Asia Orientale. "Noi ci abbiamo provato. Vediamo cosa riuscite a fare voi." Gli americani esitavano. Washington in quel momento era più propenso a punire che ad aiutare. E il potere di zaibatsu come la Mitsui - enormi conglomerati, di proprietà di una sola famiglia, che a'vevano investito in Giappone e nei suoi territori imperiali dell'Asia nord-orientale; avevano prodotto materiale bellico ed erano arrivati a controllare gran parte dell'industria pesante e delle finanze del paese - era incompatibile co.nla "democrazia economica" che l'amministrazione americana desiderava introdurre. Si cominciò a smantellarli. Questa decisione fu presto abbandonata. Il Congresso voleva ridurre le spese oltre oceano.L'amministrazione di Tokyo cominciava a essere preoccupata dal potere e dalle tendenze politiche dei sindacati che inizialmente aveva incoraggiato. Nel 1949 Chiang fu definitivamente sconfitto in Cina. Nel 1950 scoppiò la guerra tra le due nuove Coree. Erano gli Stati Uniti, adesso, ad aver bisogno di materiale bellico in Asia orientale, e chiesero alle ditte giapponesi di fornirglielo. Gli zaibatsu colsero l'occasione 16 per riunirsi in keiretsu, basati ora su holding bancarie anziché familiari, e per diffondere l'integrazione della produzione e della distribuzione: Alla fine degli anni Cinquanta il governo di Tokyo si sentì sufficientemente sicuro e poté aumentare la domanda interna. Nel 1960 annunciò un Piano per il Raddoppio del Reddito Nazionale. Nei dieci anni successivi, e inizialmente grazie alla domanda interna più che alle esportazioni, il Giappone raggiunse un ritmo di accumulazione di capitali mai uguagliato prima da nessuna economia e superato in seguito solo dalla Corea del Sud negli anni Settanta. "La Sfera di Co-Prosperità della Grande Asia Orientale - non è bello?", osservò nel 1969 un ministro del gabinetto giapponese. "In passato abbiamo cercato di costruirla con it potere militare. Questa volta stiamo creandola grazie al potere economico". La strategia è stata sicuramente questa. E l'Asia è stata favorita. Il Giappone ha aperto importanti crediti a Taiwan e alla Corea del Sud. E i keiretsu, passando attraverso i campi dell' industria tessile, dei metalli, dei macchinari pesanti, della chimica e dei prodotti metallici finiti, fino all'elettronica più avanzata, hanno trasferito la procluzione e la tecnologia nell'Asia orientale e più recentemente anche in quella sud-orientale. Alla metà degli anni Ottanta gli investimenti giapponesi in Indonesia erano

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