IL CONTESTO Il nazionalismo nel post-comunismo I paesi baltici dopo Vilnius Guido Franzinetti AncoraSuez? Le somiglianze tra l'autunno del 1956 (guerra di Suez e rivolta ungherese) e l'inverno del 1991 (guerra del Golfo e repressione nei paesi baltici) sono a prima vista impressionanti, a cominciare .dalla evidente interdipendenza tra gli avvenimenti mediorientali e quelli esteuropei. Per l'Europa orientale, la catena di eventi iniziata con l'invasione irachena del 2 agosto 1990 ha comunque determinato lo spostamento a destra dell'asse politico in Unione sovietica (di cui sono espressione il ricorso all'uso della forza in Lituania e in Lettonia e le dimissioni di Shevardnadze ). È davvero difficile negare nell'invasione del Kuwait la complicità di settori conservatori dell'apparato sovietico (con l'intento di silurare Shevardnadze, come difatti avvenne), che avrebbero avuto certamente il tempo e i mezzi per avvertire gli americani 1 • Ma le somiglianze tra il 1956 e il 1991 finiscono qui. Nei trentacinque anni che sono intercorsi, quasi tutto il mondo è cambiato. È cambiata l'America, l'Unione sovietica, l'Europa, e soprattutto il Medio oriente; solo la cultura politica della sinistra ìtaliana sembra immutabile. · La svoltanel Baltico. La gravità dell'attacco militare sovietico a un movimento nazionalista come quello dei paesi baltici va al di là dello stesso spargimento di sangue. Si è trattato di un attacco gratuito e premeditato a un movimento che si è finora attenuto a metodi di lotta politica pacifici, e che nei limiti del possibile ha rispettato anche la legalità sovietica. Anche nei momenti della massima polemica verbale di Landsbergis nei confronti di Gorbacev, la Lituania - soprattutto grazie all'opera di mediazione dell'allora primo ministro, Prumskiene - manteneva di fatto gli scambi bilaterali con Mosca. La scelta di attaccare la Lituania (e poi la Lettonia) è stata quindi non una necessità imposta da una situazione che sfuggiva di mano, bensì una scelta politica. Fatto ancor più grave, le modalità (militari) di questa scelta sono state di fatto avallate da Gorbacev, malgrado un suo contemporaneo tentativo di distanziarsi da esse. il fatto ancor più significativo è che Gorbacev avrebbe potuto ricorrere a giustificazioni che facevano leva sui punti deboli delle posizioni dei nazionalisti, e cioè sulle garanzie dei diritti delle minoranze etniche in quei paesi (che sono slave, anche se non necessariamente russe). Sarebbero rimaste giustificazioni discutibili, ma sarebbero state almeno plausibili, nel quadro di una cultura politica democratica. Nulla di tutto ciò. Gorbacev si è giustificato nei termini della più pura ragion di Stato, della iogica della politica ricondotta alla pura distinzione tra nemico e amico, della classica cultura politica della destra russa, che da secoli ripete agli autocrati di turno che l'impero può e deve essere mantenuto solo e soltanto attraverso la forza. Non è necessario entrare nei dettagli delle posizioni delle diverse.forze politiche presenti nei paesi baltici. E però cruciale ricordare che si tratta di società estremamente articolate e pluralistiche, in cui (al contrario di quanto avviene nel resto dell'Unione sovietica) le differenze si esprimono e (per quanto confusamente) si misurano democraticamente. Landsbergis (che deve farsi sempre perdonare di essere un protestante in paese cattolico) rappresenta una delle politiche dei lituani; Brazaukas e la Pruskenie ne rappresentano un'altra, più pragmatica. Le dimissioni della Prusakenie nel gennaio 1991 (per contrasti di fondo sul programma di riforme economiche) erano un indice della tensione esistente in Lituania. Il gruppo dirigente sovietico (che a quel punto non comprendeva più Shevardnadze) ritenne che fosse questo il momento giusto per lanciare un attacco militare. Per capire la situazione dei paesi baltici è bene tenere presente la loro posizione particolare nell'ambito dell'impero zarista e poi sovietico2 • Storicamente e culturalmente, hanno sempre fatto parte del mondo scandinavo (o polacco-scandinavo). Fin dai tempi di Pietro il Grande, le province baltiche hanno sempre avuto un trattamento speciale, nel bene come nel male. Le deportazioni delle popolazioni baltiche ai tempi di Stalin si riallacciavano a quelle di Pietro, che a loro volta si riallacciavano a quelle di Ivan il Terribile. Ma lo stesso Pietro concesse margini di autonomia amministrativa e giuridica alle province baltiche, proprio perché le vedeva come un tramite con l'Europa, nell'opera di occidentalizzazione della Russia. Fu questo il motivo per cui la Finlandia (a differenza della Polonia) mantenne sempre una certa autonomia anche quando faceva parte dell'impero russo, ed è anche per questo che riuscirono a mantenere la loro particolare forma di indipendenza limitata (nel 1939 l'Estonia indipendente era un paese socialmente ed economicamente più avanzato della Finlandia, a differenza di oggi). Procedere quindi alla "finlandizzazione" dei paesi baltici non avrebbe dovuto costituire un fatto traumatico per il gruppo dirigente sovietico, e sono evidenti i vantaggi reciproci della creazione di una regione economica intermedia tra l'Europa del Nord e quel che rimarrà dell'Unione sovietica. Lo stesso nazionalismo dei paesi baltici si è dimostrato più avanzato rispetto agli altri movimenti nazionalisti emersi nell'Unione sovietica. Soprattutto in Estonia è evidente l'influsso scandìnavo e finlandese, che riflette anche una affinità linguistica con i finlandesi. Se nei paesi baltici si sentono oggi accenti che riflettono l'influsso dell'emigrazione baltica negli Stati Uniti (che è molto più a destra di quella nei paesi scandinavi) questo è principalmente merito della politica del gruppo dirigente sovietico in questi ultimi cinque anni. Le stesse norme di limitazione del diritto di voto introdotte dal parlamento estone colpiscono solo gli immigrati con meno di due anni di residenza (quindi non il grosso dell'immigrazione russa). Indubbiamente esiste un atteggiamento tout court antirusso tra gli estoni, espresso anche dalla legislazione che reintroduce l'estone come lingua ufficiale esclusi va. Ma non si può invocare l'esempio della tolleranza finlandese per le minoranze linguistiche (come ha fatto il marxista russo Kagarlitski j) senza tener conto della radicale diversità tra la situazione estone e quella finlandese3 • I diritti della minoranza svedese in Finlandia sono garantiti innanzi tutto da un trattato internazionale tra lo Stato finlandese e quello s\Tedese;non da imposizioni nel quadro di una confederazione svedese-finlande.se, né tantomeno dall'assalto di truppe svedesi al parlamento finlandese. La minoranza svedese in Finlandia è molto più piccola di quella russa in Estonia (6%, rispetto al 40%), è concentrata socialmente e geograficamente inrsettori non industriali (a differenza di quella russa, che è presente quasi esclusivamente nell'industria che 13
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==