MAGGIO 199l · NUMERO60 LIRE8.000 I mensile di storie, immagini, discussioni e spettacolo .-
edizionie/o NOVITA' INVERNO1991 Christa Wolj Che cosa resta Che cosa resta è uno dei libri più importanti (e più belli) di Christa Wolf. Concepito negli stessi anni in cui l'autrice scriveva Cassandra. rifiutato dalla censura tedesco-orientale, rielaborato dieci anni dopo per essere infine pubblicato nel 1990, questo lungo racconto affronta gli stessi temi di Cassandra, togliendo però alla narrazione il velo del mito. Una donna che non riconosce più la propria città, il proprio mondo. In Cassandra la città era Troia, qui è Berlino, il socialismo, tutto ciò che Christa Wolf ha amato e in cui ha creduto. pp. 112, L. 18.000 Nelson Algren Mal venga il mattino Amato da Simone de Beauvoir, ammirato da Hemingway, rovinato da Hollywood, dal maccartismo e dalla sua stessa passione per il gioco, Algren è stato uno dei grandi scrittori americani del '900. "Poeta dei bassifondi", in questo romanzo racconta l'amore tra due "perdenti", un pugile e una prostituta, in una Chicago metallica e spietata. Introduzione di Kurt Vonnegut. pp. 280, L. 26.000 Bobbie Ann Mason Laggiù Un'adolescente indaga nel mondo degli adulti per scoprire cosa è stata la guerra del Vietnam, che le ha ucciso il padre e "ferito" le persone più care. Un romanzo di grande sensibilità sul mondo dei ragazzi e su quello dei veterani. pp. 240, L. 26.000 Edna O'Brien Ragazze nella feliciti conlu,ale Vincitrice dell'edizione '91 del Premio Grinzane Cavour, Edna O'Brien fa - come ha scritto Philip Roth - per il mondo femminile irlandese ciò che Joyce ha fatto per gli uomini del suo cattolicissimo paese: una descrizione irriverente e impietosa. pp. 168, L. 22.000 Helga Schubert Donne giuda Per quattro anni, dal 1985 al 1989, Helga Schubert - psicanalista e scrittrice della ex Germania orientale - ha anaHzz.ato centinaia di casi di delazione femminile verificatesi nella Germania nazista, ne. ha scelti dieci, i più rappresentativi della "banalità del male" e ne ha ricavato dei racconti. pp. 152, L. 25.000 fT TASCABILI e,o Grazia Cherchi Basta poco per sentirsi soli Micidiali racconti sul generale Narcisismo Infelice che affligge la cosiddetta società culturale - ha scritto Alfonso Berardinelli nell'introduzione. pp. 128, L. 10.000 Anton Cechov Racconti umoristici Quasi un prontuario di tecniche e situazioni comiche. pp. 128, L. 10.000 MarkTwain Racconti comici I migliori racconti comici dello scrittore americano presentati da Domenico Starnone. pp. 144, L. 10.000 Istvan Orkény Novelle da un minuto Brevi, esilaranti, crudeli racconti dell'autore ungherese. pp. 1~. L. 12.000 Ai lettori di ~Linea d'ombra· offriamo in omaggio il volumetto tascabile Dall'eet per ogni acquisto di almeno 70.000 lire, Edtztont E/O - Via Camozzi 1 00195 Roma -Tel. 06-3722829
A·P·E·R·T·U·R·E LACOLLANADI LINEA D'OMBRA I TESTIPIÙATTUALIDELPENSIERORADICALE/LIBERO ED·ERETICODELNOSTROSECOLO• TRA NARRATIVAE SAGGISTICA,FILOSOFIAE SOCIOLOGIA,STORIAE POLITICA• TRESEZIONI COMPLEMENTARI: SAGGI,NARRAZIONI,MANUALI. APPENA USCITI ArnoSchmidt ILLEVIATANO OILMIGLIORE DEIMONDI Unatragediachesi ripete(// Leviatano) unodei piùbei raccontimai scrittisullaguerra,seguitoda Tinao dell'immortalità, unafarsachenon hafine(Tinaelapunizionedeglintellettuali).Ilvolumeriproponedueracconticonsideratidallacriticatrai miglioridiSchmidt, il piùbizzarro, ilmenoirreggimentabilemaestro dellaletteraturatedescadeldopoguerra. FrancescoCiafaloni KANTEI PASTORI Identitàe memoria,utobiografiae politica,Italiacontadinae Italiaindustriale,radiciprovincialie ambizioni universali,SudeNord,destrae sini-. stra,TogliattieSilane,noie l'America.Itestiquiraccoltisonolatamente. autobiografici. Spotrebbeanchedire chesitrattadinarrazionid fatticapitatiaunocheavevamenodivent'anniquandoi carriarmaticonlastella rossaentraronoeBudapestecheha cercatodi continuarea.occuparsid politica,a sinistrae inbasso,senza dimenticarsenemai. IN USCITA A GIUGNO AA.VV. UNLINGUAGGIO UNIVERSALE Un'organicar ccoltadiintervistecon i maggioriscrittoridi linguainglese. GranBretagna: Ballard,Barnes, McEwan, Swift, /shiguro,Kureishi, Rushdie. Irlanda: Banvil/e. Canada: Gallant,lgnatieff,Ondaaljie. Africa: Breytenbach,Coetzee,Gordimer, Soyinka. India: Desai,Ghosh. Nuova Zelanda: Frame. AA.VV. VIOLENZA ONONVIOLENZA I testi fondamentalid undibattito attualissimo.La violenza"levatrice dellastoria"o affossatricedi ogni civiltà?Leriflessionip ùrigorosedaglioppostifrontiedachisicollocain mezzo,perrenderepiùcoscientile sceltedegliopposnori:deipacifisti, deinonviolenti. Gli autori: Engels.Tolstoj,Gandhi, Benjamin,Weil,Bonhoeffer,Caffi, Capitini,Fanon,Mazzo/ari,Arendt, Bobbio,Anders. VOLUMI PUBBLICATI Heinrich Boll LEZIONI FRANCOFORTESI LelezionidipoeticatenutedaBolinel 1963sonopreziosenel rivelareil metododiscritturadell'autore, il suo mododilavoraresullarealtà.Bolinon vuoleoffrirealcun• breviario",può unicamentedimostraredi"conosceregli elementidellavnaumana".Il suo umanesimo è quellodi uno ·scrittorechetentadiricostruirequalcosachevalgaa ridareall'uomoe allasocietàunvoltoumano,responsabile solidale. Voices ILDISAGIO DELLAMODERNITÀ Il nostromondosta rapidamente cambiando. I problemidell'intelligenzaartificialeodellasocietàpost-industrialecitoccanodirettamente, stanno trasformando l'ambienteincuiviviamo. È indispensabile rifletteresuicambiamentie trovarechi possaaiutarcia capireloscenariochesistadelineando,pienodinuoveidee,nuoveincertezze,nuovesperanze nuoveangosce.17grandinomidellacultura mondialenediscutonoconluciditàe passione. VOICIS 2, CHANNELFOUR EBERTRANDRUSSELLHOUSE IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ :~tt~l J 5i~~:~~ti~1t¾~ MAI ESISTITESEMBRANOCOSI SCONTENTIDELPRESENTE CQ. SI SPAVENTATIDAL FUTUROf • COSA C'E CHE NON VA, NEL MONDO CUI APPARTENIAMOf QUALI SONO I COSTI UMANI E SOClALIDELIAMODfRNITÀf • NE PARLANO, AMIS. IELL, IELLOW, IRIEFS,O.STORIAOIS,OAIIRENOORF,GALTUNG,GELLNER,G/00ENS,IGNATIEFF,KOU.KOWSKI, LASCI/, PAZ, ROTI/SCIIILD,TA y. LOR, TOURAINE,WAJ.LERSTEIN. --------------------------------------- Desidero essere informato sui prossimi titoli e sulle iniziative di Linea d'ombra. NOME____________ COGNOME__________ _ INDIRIZZO_____________________ _ CAP___ _ ETA' ATTIVITA' TrovoLDOin □ edicola □ libreria, □daamici, □ biblioteca LeggoLDOdalnumero__ Sezionidi LDOpreferite_________________ _ Data_______ _
GLISCRITTORI ELAPOLITICA Il MONDO DOPOLAFINEDELLA SECONDAGUERRAMONDIALE • STORIE DI GUERRAE DI PACE, DI ~~~~ 'i?e~•~lfit~~ RE; ~~.&T~~J.o'. GO/IDIMER,GaASS, HIIU, HIIUIDA Y, ICONIIIID, RUSHDIE, SONTAG, THOM,SON, VQNNEGUT. LevN.Tolstoj DENAROFALSO Unromanzobrevedellavecchiaiadi Tolstoj,chehadatoil megliodellesueriflessioniteoricheneitestinarrativi,mettendoa puntoun"genere"di"raccontoteoricq"odi teoriatrasformatainvicenda. Denarofalso è divisoinduepartispeculari:nellaprima unacambialefalsificata,passandodimano inmano,provocaluttoecorruzione;nella ·seconda,bastache unasola persona dimostrilaforzadellaveritàedellagiustizia perchétutto possa positivamente cambiare. Voices GLISCRITTORI . E LAPOLITICA È la traduzioneitalianadi una seriedi dibattitiorganizzatiper il Canale 4 della televisioneinglesealloscopodiaccostare ilpubblicoallainterpretazioned imaggiori dilemmidelnostrotempo.12grandiuomini dipensieroeartisticontemporanei discutonodelrapportoNord/SudeEst/Ovest,dell'impegnodegliscr.ittorinellalottapolitica (GordimerSontag),dellaguerra(Vonnegut e B611), di crisi e di economiae di EurOP?,diprospettivemondialiperil futuro. AldoCapitini LETECNICHE DELLANONVIOLENZA Lanonviolenza è una"rivoluzionepermanente"checoinvolgedalprofondogliatteggiamentidelsingoloedellacomuni!~che trasformae"apre"aglialtri.Questovolume descriveimetodidilottacheallanonviolenzasirifanno,compresal descrizionedelle campagnenonviolenteconfroil razzismo, inAfricae inAmerica.Unlibroimportante,• anzifondamentale, inquestomomentodi crisidellasinistra. APROPOSITO DEICOMUNISTI INVITO Al PCIPfRCH!, SAGGIAMENTE,SI SCIOLGA•ICOMUNl- ~11JT:ò_ ~ em,LS~~~~l~N~ DEGUINTELLETTUALI • PfRCHf SOLOIl PCI DOVREllf CAMIIARENOMEf• BOTTEGHEOSCURE E PALAZZO • Il ROSSO E Il VERDE • MILITANZA EVOLONTARIA-· TO • ,1,nNDICE, ELSAMORAN• TE, l'ICCOLOMIINIFESTODEI CO- 't:115/:lfJtZII CLIISSEESENLASTRANAVICENDADIUNA MACELLAIADALVOLTOSFREGIATO• NELLAGERMANIADELLADISFA!, TA,UNARICOSTRUZIONE-INCHIE, STASUGLIANNIDELLAPERSECUZIONEDEGLI EBREI • UNATESTI, MONE SENZASTORIAE SENZA CULTURA•COMEREAGIREI•PRIMA DI 80U. UNO DEIRACCONTI PIÙALTIETERRIBILISULPASSATO TEDESCO • NElLA TRADUZIONE DI RUfH LEISERFORnNt • GuntherAnders DISCORSOSULLE TREGUERREMONDIALI Delgrandefilosofodella"discrepanza" (tra possibilità e·· realtàdell'uomonel mondo moderno),analizzatoredellalogicaautodistruttivadell'umanità,teoricodeigruppi pacifistiedecologici. Ilmondonon è piùlo stesso.eglidice,"dopoAuschwitze dopo Hiroshima".Leferitedell'olocaustoedel· l'atomicanonsonorimarginabili; è dalla coscienzadellelorounicitàedallacenere· la possibilitàdellafine del mondoche bisognapartireperribellarsi. Linead'ombra APROPOSITO DEICOMUNISTI Anchelaredazionedi "Linead'ombra"ha volutodirelasuasullacrisichetravagliail comunismoitaliano,da una posizione · decentrata,di "senzatessera"che non hannointeress1di carrierao di schieramentodentroilPCI.Nelvolumesitoccano i punticrucialideldibattito:l'ereditàleninista e togliattiana,le colpestorichedel partito,lacrisidiidentitàchetravagliabase efunzionari, ilruoloambiguodeglintellettuali,glischieramenti interni,lrapportoela . comunanzadi certimetodicon gli altri partitie conil "palazzo", il rapportoconi Verdi,el'invitoalPCI,paradossalemanon troppo,"perchésisciolga",perchéinventi nuoveformediversedaquelletradizionali di Partito. AlbrechtGoes 'LA VITTIMA Pubblicatoperlaprimavoltanel1954, La vitima siaffiancautorevolmente alleopere cheriflettonosulpassatodellaGermania - conaffinitàsoprattuttoconquelledi Boli.Goes,pastoreprotestante,si è basa• tocomenarratoresullesueesperienzedi vita,chesonostateterribiliperchéegliha fattolaguerrasbattutodaunfronteall'al· trocomecappellanomilitare.Come.ogni inchiestachesi rispetti,e anchecome ogni"mistero"religioso, Lavittima conducea una"rivelazione" lacuiscopertalasciamoal lettoredi fare. -----------------------------------~- Agli abbonati alla rivista è riservato uno sconto del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertina dei primi cinque libri ·della nostra collana "Aperture", minimo due titoli (il volume di Aldo Capitini "Le tecniche della nonviolenza" è esaurito). Compilate questo tagliando: TITOLISCELTI__________________________ _ abbonatoa LDOdalnumero____ nuovoabbonamentoindata_____________ _ □ PagamentoeffettuatosulVs c.c.p.N.54140207 □ Allegoassegno □ Pagatoamezzovaglia Intestaree spedirea Linead'ombraedizionisrl ViaGaffurio4, 20124Milano-tel.02/6690931
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Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo Ill/70% Numero 60 - Lire 8.000 I manoscritti non vengono restituiti. Si pubblicano poesie solo su richiesta.Dei testi di cui non siamo stati,in grado di rintracciare gli aventi diriuo, ci dichiariamo pronti a ottemperareagli obblighi relativi. LINEA D'OMBRA anno IX maggio1991 numero 60 5 7 10 13 16 Pino Corrias Pier Giovanni Donini Stefano Velotti Guido Franzinetti Geoffrey Hawthorn I confini dei Curdi. Tra lrak e Turchia La questione curda. Cenni di storia La guerra nel campus. Lettera dalla California Il nazionalismo nel post-comunismo Dove va il Giappone? e M. Cuminetti Consentire al silenzio e ascoltare l'assenza. Riflessioni su credenti e non credenti ( a p. 23); G. Bettin su Ilportaborse di Luchetti (a p. 20), G. Mottura su due libri sull'immigrazione (a p. 21). Gli autori di' questo numero (a p. 92) CONFRONTI 27 29 30 31 Geoffrey Nowell-Smith, Goffredo Fofi Marisa Bulgheroni Daniela Daniele Chiara Vatteroni Graham Greene, nostro contemporaneo Incontro con Angelica Garnett "Relazioni pericolose" a Bloomsbury Ritratto di Margaret Laurence e M. Caramella sulla biografia di Sylvia Plath (a p. 34), P. Giovannetti su libri di e su Tessa (a p. 35), A. Cristofori su Ceronetti (a p. 37), F. La Porta su intellettuali e potere (a p. 38). POISIA 54 15 losé Emilio Pacheco Fernando Bandini STORII 61 69 71 86 88 Joyce Cary Roberto Drummond Maria ]udite de Carvalho Marisa Bulgheroni (}forgio Falcidia SAGGI 40 Tzvetan Todorov SCIENZA Jer:ryFodor INCONTRI 49 lsaac B. Singer 74 fohn Banville Poesie Versi scritti durante le feste di Natale del 1989 L'incidente Lettera al Santo Padre Mancato incontro Macchine da guerra Il gioco del pallone L'incrocio di culture Il linguaggio del pensiero · Incontro con Luca Bonatti Come mai Dio non è vegetariano? a cura di Matteo Bellinelli Creare un.mondo che sembri il mondo a cura di Carla de Petris La copertina di questo numero è di José Munoz (Storiestrisce). Questa rivista è stampata su carta riciclata. Abbonamenti Annuale: ITALIA L. 75.000, ESTERO L. 90.000 a mezzo assegno bancario o c/c. postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra.
_,.,,.._ _____ "I' Josè cina Franch MITI E LEITERATURA PRECOLO~BIANI Voi. I: Gli aztechi Pagine 224 - L.,30.000 Un'antologia completa di testi poetici, teatrali e di prosa didattica, di narrativa e di letteratura della civiltà azteca. Mohand s K. Gandhi E'AFORZA ,"'DELLA VERITÀ -""'~- Scritti etici e politici Voi. I: Civiltà, politica e religione Pagine 480 - L. 60.000 Il pensiero politico e morale di Gandhi. A cura di Giuliano Pontara. Heinz Heger GLI UOMINI CON IL TRIANGOLO ROSA Pagine 196 - L. 26.000 La testimonianza di un giovane omosessuale deportato in un campo di concentramento dal 1939 al 1945. Con un contributo di Giovanni Dall'Orto. Félix Guattari LE TRE ECOLOGIE Pagine 128 - L. 15.000 Per una ridefinizione del1'ecologia ambientale capace di abbracciare la sfera etica e quella politica. ·Con un contributo di Franco La Ceda. Mario Lodi IL MONDO BAMBINO Pagine 192 - L. 26.000 Chi sono veramente i bambini? Che cosa pensano degli adulti? Pagine. scritte e illustrate dai bambini per rispondere a queste e ad altre domande. Chiara Sasso UN VIAGGIO FOLLE Pagine 256 - L. 22.000 Diario di viaggio nel panorama italiano della psichiatria e dell'antipsichiatria. EDIZIONI SONDA Via. Ciam,-.rdla23/3-L1014! t'~
IL CONTESTO I confini dei curdi Tra Iraq e Turchia Pino Corrias Domenica 21 aprile, tre settimane dopo l'inizio del più imponente, drammatico e sanguinoso esodo umano della storia recente, truppe Usa sono entrate in Iraq per proteggere il popolo curdo massacrato dall'esercito di Saddam Hussein. Il primo campo de_ll'operazione "Provi de Comfort", i marines lo hanno fatto a Zakho, venti chilometri sotto al confine turco, la città che sino al 18 aprile era ancora in mano alla Guardia repubblicana. Nelle sue strade sono morti almeno 3 mila civili. Per conquistarle gli iracheni sono entrati legando i bambini vivi al muso dei tank. Tre giorni dopo, il 23 aprile, Saddam si incontra a Baghdad con i leaders curdi e dichiara che è disposto a concedere l'autonomia. Quel la stessa autonomia che una legge del 1970 già garantiva, ma che è.sempre rimasta solo sulla carta. Per l'ennesima volta i curdi "danno fiducia" e chiedono un ombrello protettivo di truppe Onu. Il 25 aprile gli iracheni si ritirano da Zakho e smilitarizzano una fascia di 35 kilometri. Quelle che seguono sono immagini, parole, storie, impressioni registrate nei giorni immediatamente precedenti all'intervento diretto di Usa, Gran Bretagna e Francia. Rifugiati curdi dopo il bombardamento di Zakho !foto di Morie Dorigny/ Rea/ Contrasto). Iraq del nord, valle di Sinat, a dieci chilometri dalla città di Zakho assediata, dopo una notte di pioggia passata nel campo •profughi a cercare di dormire raggomitolati davanti al fuoco sotto a un telone marrone che fa acqua, con il rumore dei colpi di mortaio sparati dalla Guardia repubblicana e portati fino a qui da raffiche di vento che li fanno rotolare come tuoni. All'alba, nella quiete del cielo azzurro, il verde dell'erba ghiacciata si riflette in microscopici frammenti di specchio e uno sbuffo di vapore accoglie il sangue viola e caldo dell'agnello che cola allargandosi in una pozza dondolante. L'agnello ha gli occhi acquosi e le zampe sottili. Trema. Il pastore che gli ha appena tagliato la gola dice: "Muore in fretta, non si accorge del male. Muore prima". I bambini -venuti fuori da queste tende straccione indurite dal freddo della notte - con le facce ancora piene di sonno, i piedi nudi, i pantaloncini sporchi, stanno intorno a guardare questa minuscola morte istantanea. Questa morte senza importanza che si consuma in silenzio e poi finirà a bollire. Nella valle di Sinat, in mezzo agli accampamenti a perdita d'occhio dei curdi in fuga, è il gesto ostinato della vita a prevalere sull'immobilità della morte. È il disordine della sopravvivenza a vincere la compostezza dei corpi morti assiderati. È il rumore dei bambini che stanno davanti ai grandi fuochi o intorno a un agnello che diventa cibo, a coprire il silenzio dei bambini che ogni mattina gli adulti seppelliscono ai bordi del campo. 5
ILCONTESTO Nessuno sa quanti s-iano i curdi in fuga. Quattrocentomila (dicono) oltre i confini turchi. Seicentomila qui, negli ultimi chilometri di territorio iracheno. Ottocentomila (dicono) in salvo in Iran e altrettanti che aspettano alla frontiera. In tutto (dicono) due milioni e mezzo di uomini, donne, bambini che si sono mossi in pochissime ore, in pochissimi giorni inseguiti e mitragliati dalla Guardia repubblicana di Saddam Hussein che lo scorso primo aprile ha dato il via a una micidiale offensiva contro le città e i villaggi curdi nel Nord e nel Sud del Paese. Dicevano i primi messaggi mandati in Turchia dai combattenti peshmerga: "Saddarri sta facendo un massacro. Bisogna fermare. Saddam. Chiedere a George Bush di intervenire. Perché non ci aiuta? Non abbandonateci". Dicevano le prime testimonianze: "Le truppe entrano con i tank, sparano, radono al suolo le case. Rastrellano e fucilano gli uomini, stuprano le donne, tagliano la testa ai bambini. Bruciano tutto". È l'inizio (o la fine) del genocidio voluto dal regime di Baghdad: uccidere e fare scomparire i tre milioni di curdi che abitano (per malaugurato destino) sopra al mare dipetrolio iracheno. Liquidarli o almeno farli fuggire, sbarazzarsene una volta per• tutte,. sping~ndoli, a Nord, oltre i 300 chilometri di confine con la Turchia e a Sud verso l'Iran. L'unico nemico di Saddam è il tempo. Gli americani hanno firmato il cessate il fuoco. Si ritirano. Bush dice: "Non ci immischieremo nelle questioni interne dell'Iraq". Baker .allarga le braccia, vola qui e là in Medio Oriente a tessere la tela del 'nuovo ordine' che si disoccupa dei tre milioni di curdi. Saddam Hussein ha gli elicotteri, i mortai, i tank e i reparti della Guardia repubblicana tenuti distanti dalla guerra del Golfo, tenuti in salvo, pronti per l'uso interno. Ma nessuna sua 'arma può opporsi al tempo. Ci si è chiesti perché i reparti della Guardia siano entrati con tanta ferocia nel villaggi e perché siano arrivati a mitragliare con gli elicotteri le colonne dei civili in fuga sulle montagne per accellerarne l'esodo e la pressione ver~o la Turchia. Avevanofretta. Sapevano che ogni serata passata dal ·primo mondo davanti alla Tv in compagnia delle immagini dell'orrore curdo avrébbe avvicinato la fine delle operazioni. Perché le opinioni pubbliche del Nord del mondo, per quanto svagate, hanno l'immenso potere di commuoversi. Il tempo (della sofferenza) è.stato l'unico alleato dei curdi. Per salvare la propria esistenza di popolo, bisognava fuggire e guadagnare tempo~ Resistere ai cento, duecento, trecento chilometri di marcia con il solo conforto delle greggi e di quel po' di cibo e coperte che le donne riuscivano a trasportare. Resistere al freddo, valicando i passi che a 3 mila metri d'altezza conducono verso la Turchia, resistere alla pioggia, alle malattie, alla denutrizione. È una volta al di là del confine, una volta entrati nell'inferno dei campi profughi, parlare, mostrarsi alle telecamere, ai giornalisti, raccontare la propria storia, quella del villaggio, quella della fuga, chiedere aiuto, un minuto di attenzione (Tv). Turchia al confine, superata la città di Uludere. Un giornalista inglese, scarpe da trekking, berretto, impermeabile, giacca a vento ·ai:zurra, bloccato con il suo operatore in un punto qualsiasi del campo di Isikveren - 100 mila profughi ai bordi del confine, arrampicati sui pendii scoscesi della montagna, in mezzo al fango, sotto alla pioggia, senza cibo, acqua, coperte, medicine e tende, mentre passano bulldozer gialli che vanno su a sbancare nuovi sentieri,jeep che arrancano lasciandosi dietro asfissianti nubi nere di gasolio, in mezzo ai soldati turchi con fucile mitragliatore e bastone, tra ragazzini che assaltano i camion del pane, bambini che piangono, donne che cucinano sotto ai teli di plastica, donne che allattano, donne che cullano, uomini che tagliano rami e tolgono pietre, uomini che stanno accucciati a guardare il disordine lasciandosi distrarre dal rumore dei camion cisterna lucidi di pioggia che traballano sulle buche e a ogni botta perdono secchiate d'acqua 6 potabile, tra carcasse di animali morti, cespugli di rovi, vecchi seduti immobili con la kefiah grigia e nera in testa e la fascia colorata in vita, tra rivoli d'acqua che portano via le zampe delle pecore macellate, giocattoli di plastica, schiuma, sporcizia, s~sce d'acqua che corrono tracciandò complicati percorsi tra il fango, aggirando gli alberi senza foglie, ma carichi di stoffe, maglioni, coperte, camicie, stracci, tutto grigio di pioggia, tutto gocciolante compresi gli asini che il peso dei basti tiene immobilizzati sotto la pioggia, nel fango morbido e scivoloso, marrone, freddo, che copre, allaga, appesantisce tutto quello che ha a che fare con la terra e sulla terra, coperti di bende sporohe, i feriti dell'esodo, mutilati dalle mine, tagliati, colpiti dai proiettili, bruciati dal fosforo, con ferite rosse, gialle, bianche, viola, nere e occhi tutti uguali, pieni di terrore e stanchezza, lucidi, luminosi, lenti nel girarsi sulle cose, e insensibili alle traiettorie fulminee delle mosche- il giornalista, dicevo, assediato dai profughi che vogliono farsi intervistare e mostrarsi così come sono, tiene le mani aperte, la faccia di traverso e un sorriso imbarazzato mentre ripete in un inglese elementare: "Calma, prego. Noi facciamo le riprese. Stasera trasmettiamo via satellite. Televisione. Il mondo vede. Domani arrivano gli aerei con il cibo. E coperte. E medicine. La Tv f11vedere. Loro vengono". Iraq del Nord, valle di Sinat, verso Zakho. È·solo all'ultimo momento che ti accorgi di essere arrivato in un campo peshmerga, quando ti si sono già affiancati due uomini con kefiah rossa in testa, pantaloni e giacca mimitica, kalashnikov in spalla, cintura con i caricatori ricurvi e Colt 45 automatica nella fondina. Peshmerga significa: colui che guarda la morte in volto. Nessun combattente può avere una donna o dei figli. Da una dozzina çi' anni vivono alla macèhia, sono pastori con la barba, le mani grigie, il passo instancabile, che hanno imparato al fare la guerra. Sadek Mohammet, 31 anni, scarpe da ginnastica, ha appena finito di mungere una capra: "Volete milk? Oh, oh, milk!". Ride della astrusità inglese, scarica il kalashnikov e comincia a smontarlo: "Certo che ho paura. La guerra fa paura e m9rire fa paura. Anche vivere fa paura. Se i soldati mi prenderanno vivo, so che finirò crocefisso. Mi terranno inchiodato a due pezzi di legno sino a che non-morirò. Questa è la guerra". C'è il sole, la valle inzuppata di pioggia è verdissima. Il campo non è altro che una grotta di roccia chiara sotto a cui si è accampata l'intera unità: venti combattenti, un ufficiale, quàlche scatola di munizioni, due cannocchiali, tre lanciagranate anticarro Rpg di fabbricazione cecoslovacca, un agnello sC'Uoiato su un cartone, un sacco di tela con il pane e le olive nere. Stanotte vanno al fronte con il compito di raccogliere notizie e tornare. Hamrnar Youssuf, l'ufficiale, parla accucciato e fuma pescando in continuazione dal pacchetto rosso delle sigarette Alhama. Dice: "Distribuire gli ordini e raccogliere le informazioni sono i nostri principali problemi. Dobbiamo tenere i collegamenti. Le truppe di Saddam hanno le radio, noi abbiamo le scarpe". Questa parte delle montagne sono sotto il loro controllo. "Ci sono 1600 peshmerga qui intorno"'-Piccole unità in cima alle gole d'accesso e poi il grosso nellt!"'strade di Zakho". . ·Tutto quello che si muove in queste valli è agli ordini di lsmet Din Sindi, per 5 anni consigliere di Stato per il Kurdistan, ora comandante politico militare dell'opposizione in armi organizzata dal Pdk, il Part~to democratico curdo di Massoud Barzani. Ha 65 anni, è alto, la voce rauca, vive, per ragioni di sicurezza, in mezzo agli accampamenti dei civili, distante dalle unità combattenti. Arriva a metà mattina con una giovane guardia del corpo e ha fretta di tornare. L'ufficiale fa le presentazioni, i peshmerga portano due coperte per sedersi e parlare: "Ogni giorno muore un pezzo del mio popolo. Vivere è la nostra vittoria, ma da soli non possiamo farcela. Cosa vogliamo? Essere riconosciuti come popolo, avere il diritto elementare all'esistenza, parlare la nostraJingua, ottenere l'auto-
nomia all'interno dell'Iraq. Non l'indipendenza. L'indipendenza non ci interessa. Vogliamo solo vivere in pace". Beviamo il tè zuccherato, portano pane e yogurt. Ora c'è caldo, luce, silenzio. E pace. Turchia, ·sul confine. "State indietro! Indietro!" Gli uomini dei reparti speciali dell'esercito turco addetti ali' ordine pubblico dentro al campo di lsikveren fanno roteare il bastone per tenere la gente lontano dai sentieri dove si arrampicano i camion e lejeep. Quando i profughi avanzano, nonostante le bastonate, per cercare di rag- . giungere un camion carico di pane, fanno tuonare i loro fucili mitragliatori e la folla si sbanda, rotola indietro, cade sui pendii, si sbriciola. Ogni giorno, oltre a chi muore di freddo, dissenteria, polmonite, infezioni, stenti, fame, disidratazione, inedia, e' è anche chi viene colpito e ucciso in queste rapide sparatorie, oppure finisce . sotto a un camion,· oppure sotto alle casse paracadutate dagli Hercules americani. I reparti schierati dal governo di Ozal a guardia dei campi profughi, -160 mila uomini, sono gli stessi che da una dozzina d'anni combattono in questa zona la guerriglia organizzata dal Pkk, il Partito del lavoro curdo, di ispirazione comunista. Lungo i confini con l'Iraq, vive almeno metà dei dieci milioni di curdi residenti in Turchia. Qui, nelle regioni d~Hakkari e Diyarbakyr vive il 90 per cento della popolazione, ma ha diritti aleatori, provvisori, revocabili. Sino a due anni fa queste regioni erano interdette ai turisti. Sino a sette mesi fa era proibito parlare curdo. Ancora oggi, a Diyarbakir, Cizre, Uludere, nessuno parla il curdo con uno sconosciuto e. se chiedi notizie sulla musica, sulla cucina, sulla cultura curda, ti dicono che non e' è, che non esiste, che ti stai sbagliando, che qui siamo in Turchia e, come dice lo slogan governativo dipinto su tutti i muri, è "Fortunato chi può dirsi turco". Appena fuori Diyarbakyr ci sono i e.ampi profughi dove nel 1988 si sono rifugiati i 24 mila curdi scampati ai gas di Saddam. Sono lì dentro da tre anni, controllati dall'esercito, a morire in mezzo alla polvere e alla pioggia. Chi si è mai commosso per loro? L'esercito di Ankara, che teme le spinte autonomiste dei curdi, ha trasformato le regioni di confine in un'unica grande caserma. Ogni quindici, venti minuti, viaggiando sulle strade semiasfaltate che conducono ai paesi di frontiera, incontri caserme,. posti di · blocco, check point, controlli. Incontri colonne corazzate che si spostano da un punto all'altro, autoblindo in formazione, carri armati in manovra, squadriglie di elicotteri a volo radente, camion carichi di truppe. Contro la guerriglia del Pkk, i commando · dell'esercito turco mettono a ferro e fuoco i paesi, organ~zzano rastrellamenti, si avvalgono - persino nei giorni della grande commozione per il popolo curdo in fuga - del protocollo firmato nel 1984 con Baghdad che cons~nte sconfinamenti in territorio iracheno per inseguire e colpire i clandestini del J>kk.I soldati dei reparti non amano i curdi e si vede da.come li picchiano e da come li tengono a distanza. Fino a un paio di settimane fa i curdi erano i loro nemici, ora il governo ordina di aiutarli, di distribuire cibo, acqua, coperte. Ma ordina anche di tenerli inflessibilmente dentro · ai campi e, per quanto possibile, sul limite della terra di nessuno tra i due confini per poterli rimandare indietro in fretta. Dice il presidente Ozal: "I curdi dovranno tornare nei lùro villaggi. Se resteranno nei campi, tra pochi anni avremo tutta la regione infestata dal terrorismo". Una donna che arriva da Zakho, in piedi davanti alla propria tenda, indica la pattuglia che gira nel campo e dice: "Ci siamo rifugiati in un posto dove non ci vogliono. Se torniamo Saddam ci ucciderà. Se restiamo moriremo. lo voglio vivere e anche i miei figli vogliono vivere. C'è qualcuno che potrà mai aiutarci?". Laquestione curda. Cennidi storia Pier Giovanni Donini IL CONTESTO Indifferenza intervallata da soprassalti di pericolosa attenzione: questo si possono aspettare i curdi dall'opinione pubblica occidentale, a giudicare dall'esperienza degli ultimi due secoli . La loro storia è, naturalmente, plurimillenaria (e ogni volta che la stampa se ne occupa, l'accademico di turno ci ricorda che era curdo Salah ad-Din, "il Saladi.no", e curda, molti secoli prima, la gente che diede fastidio a Senofonte durante l' Anabasi), ma i fattori che fanno della vicenda un elemento di crisi ricorrente nel Vicino e Medio Oriente si sono manifestati soprattutto negli ultimi d~ecento anni. La storia dei' curdi non si discosta molto da quella generale delle minoranze religiose ed etnico-linguistièhe del mondo arabo-islamico, che sono state in genere strumento della penetrazione economica, politica e militare dell'Europa. A questo ruolo si sono prestati, in varia misura e più o-meno consapevolmente, cristiani (armeni in Turchia, greco-ortodossi e maroniti in Libano e Siria, copti in Egitto), ebrei (prima ancora che si manifestasse il richiamo sionista, al quale del resto le comunità del mondo arabo-islamico hanno dato fino al 1948 scarsissimo ascolto) ma anche musulmani, come gli alawiti nella Siria sotto mandato francese, e i berberi ai quali in tutto il Nord~Africa la Francia ha fatto balenare la possibilià di un trattamento privilegiato per separarli dalla generalitàdella popolazione arabo-musulmana. È un'eredità pesante che ha influito e influisce ancora sull'atteggiamento dei regimi insediatisi dopo l'indipendenza nei confronti di armeni, berberi, copti, drusi e così via, anche se naturalmente non lo giustifica .. L'aver accettato, o magari cercato, la collaborazione con potenze straniere non annulla di per sé la specificità culturale o l'autocoscienza etnica di questo o quel gruppo minoritario, né il suo diritto ·a veder tutelate le proprie particolarità, in primo luogo linguistiche. Questa tutela è specificamente prevista, del resto, dalla Dichiarazione ùniversale dei diritti dei popoli proclamata ad Algeri il 4 luglio del 1976 (in non casuale coincidenza con il bicentenario della Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti), i cui articoli 19 e 20 recitano che "quando un popolo rappresenta una minoranza nell'ambito di uno stato, ha diritto al rispetto della . propria identità, delle tradizioni, della lingua, del patrimonio culturale" e, rispettivamente, che "i membri della minoranza devono godere senza discriminazione degli stessi diritti che spettano agli altri cittadini e devono partecipare in condizioni di uguaglianza alla vita pubblica". Questo è il momento giusto per ricordare che in Europa il principio della tutela delle minoranze si è affermato dopo il compiersi di una lunga ·evoluzione contrassegnata da pietre miliari quali la Pace di Westfalia e la Rivoluzione francese. Quanto alla realizzazione del principio stesso, ritardi e ambiguità e sopraffazioni nei confronti di gruppi minoritari da parte degli stati del nostro continente sono sin troppo noti. Del rèsto il numero di chi ha "votato çon i piedi" lo conferma: fino al secolo scorso i "diversi" sapevano di trovare condizioni migliori sotto i minareti che all'ombra dei campanili. E non si tratta solo degli ebrei espulsi dalla penisola iberica nel 1492, che notoriamente ttovarono buona accoglienza soprattutto nell'impero ottomano, ma anche di uno stillicidio numericamente inferiore, ma sempre significativo, di calvinisti, luterani, altri protestanti ed esuli· politici della più diversa collocazione religiosa, che si è esaurito, 7
IL CONTESTO Rifugiati curdi sul confine tra Turchio e lro9 (foto di Filip Horvart/Sabo-Reo/Controstoj. si può dire, solo alla vigilia delJa prima guerra mondiale. Un flusso in direzjone opposta ha cominciato a manifestarsi intorno alla fine del secolo scorso, quando le tensioni nazionalistiche hanno cominciato a rendere più difficili i rapporti tra maggioranze e minoranze più visibilmente legate agli interessi europei. Alla regola generale della strumentalizzazione da parte delle grandi potenze non sono sfuggiti i curdi, che si videro oggetto di una crescente attenzione da parte dell'impero zarista ai tempi delle guerre russo-ottomane: ai combattimenti in Crimea parteciparono anche reggimenti curdi inseriti nello schieramento russo, il che non poteva fare a meno di suscitare nella ·sublime Porta sospetti sulla fedeltà di un gruppo che, in quanto musulmano, aveva dato tradizionalmente minori preoccupazioni degli armeni cristiani. Alle ingerenze russe va attribuito anche il deteriorarsi delle relazioni tra armeni e curdi, che fino allora erano vissuti in ragionevole armonia nelle medesime regioni dell'Anatolia ori.entale. È abbastanza naturale che, in quest'area, i progetti della Russia zarista, protettrice delle comunità cristiano-ortodosse dell'impero ottomano, privilegiassero gli armeni cristiani, e non è certo un caso che l'art. 61 del trattato di Berlino, garantisca agli armeni (oltre alle riforme accettate obtorto collo dagli ottomani) anche "sicurezza contro curdi e circassi": questi ultimi, musulmani come i primi, erano stati sospinti in Anatolia dall'espansione russa nel Caucaso. È altrettanto naturale che, di fronte all' organizzarsi di un movimento nazionalista armeno in Anatolia, anche i curdi comincino a rivendicare una qualche forma di autonomia: ma il Kurdistan storico (attestato nel XII secolo come nome di una provincia dell'impero selgiuchide) coincide in parte con le terre di cui gli armeni vogliono l'inr-!ipendenza. 8 Le aspirazioni curde sembrarono sul punto- di realizzarsi all'indomani della prima guerra mondiale, quando si costituì un comitato per l'indipendenza curda. La sua opera fu però essenzialmente diretta a contrastare le rivendicazioni armene sulle regioni dell'Anatolia orientale, in cui erano presenti entrambe le minoranze, "onde apparve, in taluni momenti, come un mezzo indiretto, usato dai turchi, per influire sulle simpatie degli alleati verso l' Armenia" 1 • Alla Conferenza della pace di Parigi, nel 1919, si tenne conto delle richieste curde, senza però affrontare direttamente il problema dell'indipendenza: si sancì infatti un regime transitorio di autonomia su~cettibile di trasformarsi entro breve periodo di tempo in piena inl:tipendenza. Il Trattato di pace con la Turchia firmato a Sèvres il 10 agosto 1920 stabiliva infatti agli articoli 62-64 che una commissione franco-italo-britannica avrebbe dovuto elaborare nel giro di sei mesi un progetto di autonomia per le "regioni in cui domina l'elemento curdo" entro un'area resa imprecisata dal riferimento alla "frontiera meridionale dell'Armenia, come sarà determinata in seguito": non lo fu, perché l'Armenia prevista entro i confini dell'impero ottomano, diversamente da quella sovietica, non ha ancora visto la luce. La Società delle Nazioni doveva dal canto suo garantire il diritto dei curdi all'indipendenza qualora la maggioranza di essi ne avesse fatto richiesta. 2 Il progetto rimase sulla carta perché il governo nazionalista formatosi nel 1919 (in opposizione a quello del sultano) sotto la guida di Mustafà Kemal "Ataturk", il padre della Turchia repubblicana, riuscì con una serie di rapide offensive a sventare lo smembramento dell'Anatolia in cui le potenze vincitrici avevano previsto di creare, oltre all'Armenia e al Kurdistan, anche zone d'influenza greca, italiana ecc. Si arri va così al trattato di Losanna (24 luglio 1923), che ignora le decisioni di Sèvres. I curdi sono rimasti divisi tra la Turchia, l'Iran, la Siria, l'Iraq, e hanno
IL CONTESTO continuato a cercare di conquistarsi l'indipendenza che era stata loro promessa. Sono continuate anche le strumentalizzazioni, da parte delle potenze regionali direttamente coinvolte e di quelle più remote. 3 Le più ciniche sono state quelle delle superpotenze. Come gli Stati Uniti abbiano abbandonato i curdi alla repressione di Saddam Hussein dopo averli non tanto larvatamente incitati alla rivolta è sotto gli occhi di tutti, e le tardive missioni umanitarie non potranno far dimenticare tanto presto questa infamia. Affermare che sono state le pressioni dei pacifisti a imporre il cessate il fuoco al presidente degli Stati Uniti, contro il parere del generale Schwarzkopf, quando sarebbero bastati un paio di giorni per farla finita con il regime di Bagdad, significa mentire sapendo di mentire. La guerra era appena cominciata quando esperti come Luttwak gi~ si preoccupavano di sostenere, anche dai microfoni della Rai, che sarebbe stato un errore distruggere completamente la potenza militare dell'Iraq, per non rendere possibile un suo smembramento: si accennava esplicitamente all'Ir<!,n,tacendo per pudore su Siria e Turchia. Meno conosciuto è forse il comportamento dell'Urss, che ha fornito aiuti agli indipendentisti curdi tra il 1946 e il 1967, prima di abbandonarli in quanto strumenti armati delle forze imperialistiche e reazionarie. Le potenze regionali, dal canto loro, si sono comportate in maniera solo quantitativamente diversa. Esemplare, in questo contesto, è il caso degli aiuti fomiti prima del 1975 dal regime imperiale iraniano ai curdi dell'Iraq, che vennero bruscamente interrotti in cambio di una rettifica di confine lungo lo Shatt el-' Arab. La consapevolezza che la condizione delle minoranze nel mondo arabo-islamico non è ancora quella che siamo abituati a considerare accettabile secondo le concezioni correnti in Europa in materia di diritti dei gruppi minoritari pone due ordini di problemi. Noi osservatori occidentali dovremmo chiederci se sia legittimo un intervento negli affari interni di un paese che opprime le proprie minoranze. Un simile intervento da parte dell'Onu è moralmente giustificato, anzi doveroso. Ma nella realtà di oggi è vergognosamente opportunistico teorizz~re interventi di questo genere solo nei confronti dell'Irak e non dei "buoni" che sono altrettanto colpevoli: la Turchia, membro della Nato, l'Iran, a cui l'Occidente deve qualcosa in cambio della neutralità osservata in cambio dell'operazione Desert Storm, e la Siria, sulle cui atrocità contro i palestinesi e i Fratelli musulmani è stato passato un colpo di spugna. Alle minoranze si pone invece il problema della ricerca degli strumenti più efficaci per presentare le loro buone ragioni all'opinione pubblica mondiale. Dalla seconda guerra mondiale in poi si sono seguite soprattutto tre strade: il ricorso a paesi occidentali non sospetti come la Svezia, l'appoggio dell' Urss e di altri paesi del campo socialista, e, infine, l'aiuto di questo o quel regime della regione che, per motivi spesso contingenti e opportunistici, si è rivelato pronto ad appoggiare minoranze esterne ai suoi'confini per mettere in difficoltà un paese ostile. I limiti che, specialmente per quanto riguarda la seconda e la terza alternativa, sono emersi in tutta la loro evidenza negli ultimi anni, mettono in luce l'opportunità dì tentare una strada diversa, quella del collegamento e coordinamento "orizzontale" tra minoranze della medesima area geografica. Note I) Amedeo Giannini, L'ultima fase della questione orientale ( 19131932), Roma 1933, pag. 213. 2) Amedeo Giannini, Documenti per la storia della pace orientale (1915-1932), Roma 1933, pag.37. . 3) Lo studio più esauriente in italiano sull'argomento è il recentissimo volume di M. Salletti, / curdi nella storia, Vecchio Faggio, Chieti 1990. STORIADELLACIVILTA' LETTERARIA DEGLISTATI·UNITI direttada EMORYELLIOTT Premessadi CLAUDIOGORLIER • DALLE ORIGINI A HENRY JAMES Pagine XXXVl-588 con 25 tavole •• IL NOVECENTO Pagine IV-608 con 23 tavole • •• DIZIONARIO· CRONOLOGIA Pagine Vlll-482 UTET EDITORI DAL 1791 JessicaBenjamin Legamid'amòre I rapporti di potere nelle relazioni amorose pp, 272. Lire 34.000 RenateSiebert «È femmina,però è bella» Tre generazioni di donne al sud . PD. 368. Lire 38.000 Pirandellofra penombre e porte socchiuse La tradizione scenica del Gioco delle parti . saggi di Alonge,Puppa,Gedda,Lloneno,Naveno, Falco,Lavanchy · PD. 184. Lire 30.000 Fred Emery Perunademocraziadella partecipazione PD. 180, Lire 28.000 Eticae scienzesociali Elementi per un dibattito a cura di FrancoCrespi contributi di Crespi, Ferrara. Sciolla. Bixio. Jedlowski. Di Paola. Lanzara. Cassano pp. 208. Lire 24.000 tel. 011/532150. eco 1157106 / Rosenberg &.. Sellier Ed~or.iin Torino 9
IL CONTESTO La guerra nel campus Lettera dalla California Stefano Velotti Da un paio d'anni ormai, abito a Santa Cruz, California. È da qui che ho seguito le notizie sulla guerra nel Golfo. In queste pagine ·racconterò due episodi legati alla guerra, e ne trarrò motivo per una domanda che, mi rendo conto, è sproporzionata ·rispetto all'entità dei fatti raccontati. Tuttavia, mi sembra, anche questi fatti la rendono ineludibile .. Santa Cruz è una cittadina poco più grande di Viareggio. Se si segue la costa verso nord, si arriva a San Francisco in un'ora e mezza di macchina. Oltre alle giostre sulla spiaggia e ai leoni marini, a Santa Cruz c'è un magnifico campus, che fa parte della Università della California, come il campus di Berkeley, un altro di LosAngeles, quello di Santa Barbara ecc ..Tra Santa Cruz e San Francisco, in piena "Silicon Valley", c'è Palo Alto e l'università di Stanford. Insomma, una zona ad alta concentrazione accademica e tecnologica. Tutte queste università sono travagliate dal fallimento del "melting pot" e dall'elaborazione di programmi di studio "multiculturali", in cui nessuna cultura e nessuna opera particolare dovrebbe occupare un posto gerarchicamente definito rispetto ad altre opere o culture. Santa Cruz, in particolare, si distingue per essere una specie di riserva naturale di "alternativi": la popolazione matura o anziana è a maggioranza hippy, l'eterosessualità è una vergogna, i cibi "organici" la norma, e nessuno sa quante comuni sui monti siano rimaste imbalsamate dagli anni Sessanta. Ogni sera, sulla spiaggia, si tengono lezioni collettive di percussioni africane. In.oltre, tra questo "far west" e l'estremo oriente c'è solo il Pacifico, e se il Giappone si occidentalizza, qui ci si orientalizza come si può: cioè con le dottrine New Age (un misto di high-tech, misticismo e salutismo). Detto questo, ci si vive molto piacevolmente. Ecco, grosso modo, le coordinate ambientali per inquaqrare alcuni episodi, a mio parere significativi, della recezione locale della guerra nel Golfo. ... · Al di là delle marce sul Golden Bridge, di qualche giornalino e dibattito universitari, chi voleva manifestare il proprio dissenso dall'intervento armato non aveva molte altre possibilità di essere ascoltato. Ogni tanto CNN riportava, per dovere di pluralismo, qualche timida letterina di dissenso, incorniciata da altre dieci letterine di "supporters" più o meno entusiasti. L'unico giornale a diffusione nazional@che avesse preso una netta posizione antigovernativa era "The Nation", che pubblicava tra l'altro una serie di articoli del critico letterario E. Said sull"'orientalismo". La comunità italiana poteva beneficiare della vista del TG1, un collage .casareccio di immagini del papa, battute andreottiane, spezzoni invecchiati di servizi CNN che i soliti giornalisti sfatti jmploravano alla "regia" di mandare in onda, il tutto preceduto e seguito dalla pubblicità di "porrù" (ci si aspetta quasi che uno di questi giornalisti o politici si tolga la parrucca e dica buonasera, scusate, sono ancora Alighiero Noschese). La popolazione locale era divisa: sulla maggior parte dei balconi era stata issata la bandiera americana (gli americani, si sa, amano molto le bandiere e soprattutto le bandierine tascabili), ma nelle università gli studenti avevano l'autorizzazione dei presidi a non frequentare le lezioni e a partecipare a una serie di conferenze sulla storia del Medio Oriente. Tra le banalità che si sentivano ripetere da una parte e dall'altra, per ingenuità o mala 10 fede, c'era la tesi secondo cui gli Stati Uniti dovevano entrare in guerra perché il mondo occidentale aveva urgente bisogno di petrolio. Le varianti erano numerose, specie tra i contrari alla guerra; alcuni senatori, in chiara malafede (e a guerra dichiarata), sostenevano che gli Stati Uniti non dovevano sacrificare i loro ragazzi per arricchire l'Europa e il Giappone, visto che l'America del petrolio iracheno poteva fame a meno. Ma la variante più diffusa era tanto inutilmente giusta quanto semplicisticamente moralistica: non si scambiano vite umane con petrolio. Questo slogan veniva ripetuto in aula anche da professori universitari progressisti. · A proposito di ques(ultimo luogo comune, uriopsicolinguista di Berkeley, George Lakoff, saltando la mediazione della carta stampata, decide di diffondere una serie di sue riflessioni su una rete elettronica accessibile a tutti gli utenti in possesso di un persona! computer. ' Lakoff è noto per i suoi studi sugli aspetti cognitivi della metafora e sulla categorizzazione, e il saggio diffuso elettronicamente si incentra proprio sui sistemi metaforici che hanno permesso all'amministrazione Bush e ai militari di creare il consenso dei più (ma anche certe forme di dissenso ingenuo, come si è visto) sull'intervento militare nel Golfo. Lakoff ha sempre sostenuto la rilevanza conoscitiva delle metafore di cui è intessuto il linguaggio, e in questo articolo le ribadisce icasticamente dicendo che le metafore possono, lette- · ralmente, uccidere. E sottolinea però che, se il linguaggio è inevitabilmente metaforico, alcune nostre esperienze, come il dolore e la morte, non lo sono affatto, e che conoscere il modo di funzionare delle metafore deve permetterci anche di distinguere tra narrazione metaforica e realtà. Compito non semplice, ma, in definitiva, necessario. I discorsi di Bush o della sua amministrazione si rivelano all'analisi di Lakoff costruiti su una serie di sistemi metaforici interconnessi, alcuni coerenti altri contraddittori: per esempio, all'inizio della sua campagna per l'intervento militare Bush oscillava nei suoi discorsi tra due scenari, tra due schemi narrati vi, tipici delle fiabe, che a loro volta presupponevano la metafora degli stati come persone: nel primo scenario, per esempio, quello della legittima difesa, l'Iraq appariva come "l'antagonista malvagio", gli Stati Uniti come "l'eroe", e ancoragli Stati Uniti e gli altri paesi industrializzati come le "vittime", il crimine era "la minaccia di morte", che, data la metafora stato-persona, si traduceva in miQ.acciaalla salute (economica). Questo scenario, goffamente imposto- dall'amministrazione, ha generato, come dicevo, le prime reazioni negative, perché implicava uno scambio tra vite umane e petrolio. E infatti sarà un secondo scenario fiabesco a prevalere, quello che si potrebbe chiamare lo scenario del "salvataggio": qui l'Iraq è ancora "l'antagonista malvagio", gli Stati Uniti ancora "l'eroe", ma "la vittima" stavolta è il Kuwait, che, se opportunamente metaforizzate come persona più debole, può essere dichiarato vittima di crimini come "rapimento e violenza (sessuale)" (dovesi vede che il fiabesco finisce per comprendere, per coerenza di metafora, anche una parte ·agghiacciante della cronaca). Questo secondo scenario è stato finalmente accettato dal pubblico, dai media e dal Congresso, perché forniva una giustificazione morale all'intervento nel Golfo.
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