IL CONTESTO liberale Gennadi j Fil' sin, uno d~ivice primo ministro del governo russo, lo scenario per far cadere El'cin per via parlamentare sembra essere stato messo definitivamente a punto. È uno scenario che, del resto, rischia di essere usato anche nelle altre istituzioni dove i democratici sono arrivati al potere: è il caso, per esempio, del Comune di Mosca e di quello di Leningrado, che si trovano confrontati a una forte opposizione interna, che ha buon gioco nella drammatica situazione alimentare in cui si trovano le due capitali, e. ali' insubordinazione dei soviet di quartiere, che rivendicano la loro. "sovranità", rendendo, ingovernabili le città. È in questo contesto che bisogna leggere il violento intervento di El'cin alla televisione, il 19 febbraio, quando il leader ru~so ha chiesto le immediate dimissioni del presidente sovietico e il passaggio del potere al Consiglio della Federazione, suscitando la furiosa reazione del Soviet Supremo dell'Urss e dello_stesso parlamento russo, dove il blocco conservatore ha chiesto, a sua volta, le dimissioni del.leader radicale e la convocazione di un congresso straordinario per averne la testa. Intervento che va letto anche, tuttavia, all'interno della crisi dei democratici, che, costretti a gestire un potere di cui non hanno il controllo reale, ' vedono .logorarsi il credito di fiducia di cui godevano, mentre nella popolazione si diffondono pericolosamente stati d'animo autoritari e antidemocratici. Esasperata da una vita quotidiana che diventa di giorno in giorno più invivibile, la gente si allontana dalla politica , di cui percepisce tutta l'estraneità e comincia a chiedere ordine: già alla fine di novembre, solo il 30% degli elettori è andato a votare per colmare i posti rimasti vacanti al parlamento russo e agli organi di rappresentanza locali. È il segno di una pericolosa inversione di tendenza, poiché la crescente politicizzazione della società era stata una delle più importanti conquiste della perestrojka. Tuttavia l'alta partecipazione elettorale che si è registrata a marzo in occasione del referendum mostra che il voto non è ancora uno strumento discreditato agli occhi della popolazione nei momenti di aspro scontro politico. L'attacco concentrico della destra ha costretto Gorbacev a i 0 mboccare la via di una ritirata di cui è difficile, al momento attuale, vedere la fine. Il presidente è stato costretto a cedere ad uno ad uno gli uomini che avevano condiviso con lui la battaglia riformatrice: all'inizio di dicembre è stato destituito il ministro degli interni Vadim Bakatin, violentemente attaccato da "Sojuz" per la sua politica di conciliazione nei confronti delle repubbliche; poi è stata la volta di Eduard Shevardnadze, l'artefice della politica estera di disarmo e superamento dei blocchi invisa a militari, dirigenti del complesso militare-industriale, conservatori nostalgici della potenza perduta dell'Impero e nazionalisti russi orrificati dal riavvicinamento al diabolico occidente senz'anima. All'inizio dell'anno è scivolato in secondo piano, più sommessamente, anche Aleksandr Jakov lev, uno degli ideatori del la perestrojka, che a luglio era uscito dagli organigrammi dirigenti del partito per p0assare a lavorare a tempo pieno accanto al presidente nelle istituzioni statali, simboleggiando così la volontà del gruppo dirigente gorbaceviano di spostare il centro del potere dal partito allo stato: Jakovlev, tuttavia, è stato nominato a marzo alla testa del consiglio presidenziale, che non gode, però, di poteri costituzionali, come era stato previsto all'inizio. Dopo Vil' njus, pure l'economista Evgenij Petrakov, uno dei consiglieri economici del Presidente, è uscito dall'entourage presidenziale. L'allontanamento di {>etrakov e Shatalin è particolarmente significativo, perché segna la definitiva rottura del presidente con I' intelligencija riformatrice iniziata già alla fine del 1989, quando molti intellettuali, delusi dalla incertezza 6 di Gorbacev e dalla sua arroganza verso i democratici, hanno cominciato a volgersi verso El'cin. Non è un caso che troviamo oggi nel consiglio presidenziale di Boris El' cin gli esponenti dell' intelligencija riformatrice che inizialmente aveva appoggiato Gorbacev, come la sociologa Tat'jana Zaslavskaja, gli economisti Pavel Bunic, Oleg Bogomolov e Nikolaj Smelev, l'accademico Georgij Arbatov, direttore dell'istituto di studi sugli Stati Uniti e il Canada, lo scrittore Danil Granin e il critico letterario Jurij Karjakin. Di fronte ali' attacco massiccio della destra, Gorbacev appare oggi completamente isolato, quasi un ostaggio nelle mani di for~e che hanno riconquistato le posizioni inizialmente perdute. I cedimenti di Gorbacev alla destra, che avvenivano proprio nel momento in cui i democratici, dopo gli accordi dell'estate con El' cin sul piano radicale di riforma dell'economia, si illudevano che la coalizione di centro-sinistra fosse ormai alle porte, hanno portato a una definitiva spaccatura con la sinistra, con cui, del resto, se non proprio fin dall'inizio della perestrojka, perlomeno negli ultimi due anni, i rapporti sono stati estremamente conflittuali per reciproche responsabilità. Diffidenti verso il presidente, da cui si sono sentiti più spesso attaccati che appoggiati, i radicali hanno cominciato allora, in àutunno, a volgersi direttamente contro Gorbacev, in cui vedevano sempre più il leader della conservazione, l'uomo che, pur di conservare il suo potere personale, era disposto ad affossare l'opera da lui stesso iniziata. Sottovalutando il peso delle forze della reazione nel paese, i radicali hanno lasciato sempre più isolato il presidente, che, dal canto suo, sollecitato a trovare compromessi e mediazioni con la destra, non ha voluto o saputo tendere alla sinistra una mano in segno di buona volontà. Le vicende degl'i accordi con El'cin, ripetutamente violati dal presidente, ne sono una prova ed hanno contribuito ad alimentare il sentimento nella sinistra di essere continuamente ingannata, di essere presa nella trappola di uri gioco che non controllava. E questa incapacità di costruire U!) dialogo con la sinistra è forse il più grave limite politico e culturale di Gorbacev. Ora dopo i fatti di Vil'njus, il filo sottile che legava il presidente sovietico al movimento democratico sembra essersi irrimediabilmente spezzato. E non si tratta, inoltre, solo di Vil'njus. La svolta a destra, infatti, ha incrinato gli assi di fondo della politica della perestrojka: la democratizzazione, il cui simbolo principale era la glasnost', e la liberalizzazione dell'economia. Dall'inizio dell'anno si moltiplicano, a un ritmo quasi quotidiano, i tentativi di soffocare la glasnost', I-' unico risultato reale di questi anni di cambiamento: grazie allo zelo di Leonid Kravcenko, nominato a dicembre alla testa dell'ente radiotelevisivo, la televisione è stata già normalizzata. Del resto, Kravcenko aveva spiegato, illustrando ai telespettatori i suoi progetti per l'anno nuovo, che la TV doveva essere un momento di svago e di evasione, poiché la gente era stanca della politica a tutte le ore. Adesso il telegiornale serale ha di nuovo il sapore dolciastro degli anni di Breznev, mentre programmi più coraggiosi, come il popolarissimo "Vzgljad" (opinione), sono stati sospesi; la Russia si è vista togliere, senza preavviso, le ore di trasmissione sulla radio, mentre le trattative per dare alla repubblica il secondo canale televisivo sono state interrotte per volere del centro. Per evitare,, spinosi problemi di spartizioni dei beni con le repubbliche, inoltre, con un decreto di Gorbacev la radiotelevisione di stato è stata trasformata in ente autonomo, il cui presidente, quindi, non dovrà più essere confermato dal Soviet Supremo, ma sarà nominato direttamente dal capo dello stato. Dopo il tentativo di chiudere l'agenzia indipendente Inte ,fax,
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