SAGGI/MONTI Gli scrittori della nuova generazione cercano una sintesi tra il patrimonio culturale autoctono e il rinnovamento reso possibile da un interlinguismo complesso. hanno trovato ospitalità tutte le voci poetiche dell'India. Non sono tuttavia mancate iniziative, quali antologie e numeri monografici di riviste specializzate, che hanno permesso, inPakistan e ali' estero, di avere una visione più generale e meno frammentata. Hanno svolto un ruolo decisivo a tale proposito, dopo che l'adesione al Pakistan ha alquanto relegato nel limbo critico la figura di Ahmed Ali (con Raja Rao e Narayan uno dei padri della moderna prosa narrativa indiana in lingua inglese), giovani autori .come Alamgir Hashmi, che ha soggiornato a lungo negli Stati Uniti per ragioni accademiche. · Tra le antologie, oltre alla pioneristica First Voices: Six Poets from Pakistan (1965) si devono ricordare, cori titoli difficili da rendere in italiano, Pieces of Eight Poets fromPakistan (197 l) e Worldfall: Three Pakistani Poets (1975), tutte pubblicate dalla Oxford University Press di Karachi. Oltre ai poeti già menzionati, sono rappresentati (per citare i più interessanti) Shahid Hosain (1934), di vigorosa vena narrativa e interessato in particolare ai rapporti tra tradizione islamica e mondo occidentale (automobili, cinema); Kaleem Omar ( 1937), poeta di forte impegno civile ma di esiti diseguali; Maki Kureishi, professoressa universitaria a Karachi, poetessa di qualità e non prolifica, la cui forte ironia di dizione serve da antidoto contro ogni possibile caduta nel sentimentalismo. Non mancano pubblicazioni monografiche dedicate alla letteratura pakistana: la raccolta in prosa Under the Green Canopy. Selections from Contemporary Creative Writing from Pakistan (Sotto il verde baldacchino. Selezioni dalla scrittura creativa c·ontemporanea del Pakistan, Afro-Asian Book Club 1966); Pakistani Creative Literature and the Teaching of Socia[ Sciences: an Antholo gy (La letteratura creati va pakistana e _l'insegnamento delle scienze sociali: un'antologia, University ofKarachi 1973); a cura di Alamgir Hashmi, The New Quarterly: a Special lssue on Pakistani Literature (gennaio 1978), ripubblicato poi come volumetto a Islamabad ( 1988). Contiene poesie (Ahmed Ali, Daud Kamal, Maki Kureishi, Taufiq Rafat e, tra i giovani, Athar Tahir e lo stesso Alamgir Hashmi) e racconti (Ahmed Ali, Athar Tahir, Zulfikar Ghose, Shuaib bin Hasan), oltre a due articoli critici conclusivi, di Carlo Coppola (dedicato agli ultimi sviluppi della poesia pakistana di lingua inglese) e di Beatrice Stoerk, s1,1gliultimi romanzi (non di ambiente pakistano) di Zulfikar Ghose. Nel 1988 sono ancora apparsi Mornings in the Wilderness: Readings in Pakistani Literature (Lahore) e un numero (luglio) di "The Journal of lndian Writing in English" dedicato alla letteratura pakistana, sia con brani d'autore sia con interventi critici. Del primo testo può essere interessante, per il lettore occidentale, l'introduzione del curatore Waqas Ahmad Khwaja (poeta e narratore), che esamina con amara lucidità il panorama culturale pakistano. Le due lingue (l'inglese e l'urdu) che prevalgono in modo schiacciante nella produzione letteraria del paese non sono parlate dalla maggior parte della popolazione (del resto, l'analfabetismo raggiunge quote dell'ottanta per cento), che affida i I proprio patrimonio letterario a una consistente tradizione orale e folkJorica, espressa negli altri idiomi, ovvero il punjabi, il sindhi, il pushto (una delle lingue afghane, di ceppo iranico), il baluchi, l'hindko. Mancano nel Pakistan (sempre a giudizio del curatoi;,e)i due elementi essenziali che danno vita al concetto di nazione: un linguaggio e una cultura unificati. Tale situazione di straniamento impedisce qualsiasi autonomia dello scrittore nei confronti di un potere politico sostanzialmente illiberale e coer itivo (per W.A. Khwaja non vi è molta differenza rispetto al passato, quando lo scrittore era obbligato a dipendere dal mecenatismo dei ricchi e dei potenti), mentre lo sforzo di adattare l'inglese alla rappresentazione concreta della realtà pakistana distanzia in modo quasi definitivo l'esperienza dello scrittore da quella che è la vita della popolazione circostante, pur costituendo strumento efficace di filtro stilistico, concettuale ed emotivo riguardo all'argomento trattato. In un recente testo critico dedicato alle letterature post-coloniali (The Empire Writes Back, B. Ashcroft, G. Griffiths, H. Tiffin) gli autori individuano uno spazio vuoto nel processo linguistico d'incontro tra due mondi a cultura diversa: è da questa differenza (nell'abrogazione di un uso standardizzato a favore di una pratica di scambio interlinguistica) che nasce e si sviluppa un idioma nuovo, in cui si risponde con la variazione (entro un codice generalizzato) a uno stato iniziale di subordinato silenzio. Mentre gli scrittori indiani sono riusciti a originare una lingua specifica che può essere propriamente definita indo-inglese; valendosi di strumenti vari quali il passaggio continuo da un codice linguistico all'altro (code switèhing) e il ricorso a strutture narrative mediate dall'oralità, gli autori pakistani hanno avuto difficoltà a superare un primo stadio d'uso assimilativo-imitativo (già affrontato e risolto in India nella seconda metà d_ell'Ottocento, agli inizi della scrittura in lingua inglese, con Toru Dutt soprattutto, che ha svolto funzioni di ponte tra la letteratura europea e la tradizione indiana). Basti considerare la prosa di Ahmed Ali (perfetta nel suo inglese sofisticato e.magniloquente) e la scrittura di un Anand, di lessico a volte approssimativo e totalmente indiana nelle sue idionsicrasie di costruzione e di grammatica. Oppure si pensi~ un Raja Rao, che ha innestato i ritmi e le voci del discorso orale indiano sulla lingua inglese, ottenendo r_isultatidi fusione perfetta. Gli scrittori pakistani della nuova generazione stanno cercando di operare una nuova sintesi tra il patrimonio culturale autoctono e il rinnovamento ,in senso modernista reso possibile da ·un interlinguismo complesso, nel quale l'intreccio tra inglese standard e lingua post 0coloniale viene modificato in modo ulteriore dall'influsso fortemente idiomatico del parlato americano (spesso ai confini dello slang vero e proprio, com'è il caso, in altre situazioni, del poeta di Madras Syed Amanuddin, per un certo tempo accademico negli Stati Uniti, e della scrittrice di origine punjabi Bharati Mukherjee, residente dapprima in Canada e adesso anche lei negli Stati Uniti): Lo stesso Hashmi ha teorizzato in The World of Muslùn lmagination (I mondi dell'immaginazione musulmana, Islamabad 1986) e nel precedente Commonwealth Literature (Lahore 1983), oltre che neil'articolo Pakistani Literature, in "World Literature Written in English" (J, 1986) un'identità islamica non fondata sull'integralismo ma su una pluralità di voci e di atteggiamenti diversi. Strumento di tale articolate e autonome risposte è l'inglese, che ha "deposto le sue origini coloniali e ha evoluto una sua · identità". Secondo Hashmi, dal conflitto tra civiltà diverse nasce "un'élite culturale che ha adottato l'inglese, ponendosi così come la contro-cultura del Terzo Mondo", aperta a una visione "liberale e secolarizzata". 63
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