Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

gruppo di studenti musulmani di Cambridge, per essere adottata dalla Muslim India League (a lungo filo-inglese) solo nel 1940. Nella History of Urdu Literature (Storia della letteratura urdu, Karachi 1969 e 1985) Muhammad Sadiq afferma che la religione e l'ossequio acritico ai valori del passato sono stati l'unica scelta possibile concessa ai musulmani dell'India, quando nel 1947 si è dovuto mediare tra il mantenimento della tradizione e le esigenze della modernità. La chiave di volta della crisi deve essere cercata con tutta probabilità nelle vicende del raj, ossia. il periodo di governo britannico compreso tra il regno di Vittoria e l'agosto del 1947, datadell 'Indipendenza. Antichi padroni dell'India durante l'impero mughal di Delhi, fiorito tra il 1500 e l'inizio del 1700 prima di cadere in un'agonia irrimediabile di declino, i musulmani del subcontinente sono accusati dagli inglesi di aver fomentato il Mutiny (o rivolta militare) del 1857, che si pone almeno in parte sotto la tutela nominale di Bahadur Shah, l'ultimo imperatorefantoccio depositario fittizio di un parere che è ormai nelle mani rapaci della Compagnia delle Indie (sostituita, dopo il 1857, dal controllo diretto del parlamento inglese). Nell'India vittoriana i. musulmani vengono esclusi in modo sistematico da ogni incarico, anche di minima responsabilità, all'interno dell'amministrazione coloniale; come testimoniano fonti inglesi coeve (Yv.W. Hunter, The lridian Musulmans, 1871) a loro sono riservati compiti di fattorini, di uscieri, di umili addetti alla manutenzione degli uffici: riempiono i calamai, tengono in ordine e pulite le penne. Anche i progetti di riforma che riguardano le istituzioni di corsi o curricula riservati agli indiani (in quegli anni i fautori dell'inglese hanno la meglio sugli orientalisti, ovvero su coloro inclini a favorire lo studio delle lingue classiche, quali il sanscrito e il persiano) si rivolgono solo marginalmente ai · musulmani, le cui istituzioni (l'University College di Lahore, fondato nel 1869, e l'Anglo-Orientai College di Aligarth, 1877) tendono piuttosto a promuovere lo studio e la diffusione del vernacolo urdu, anche traducendo nell'idioma popolare numerosi testi inglesi, in opposizione al persistente uso del persiano classico come lingua colta e letteraria. Manca, nella cultura musulmana, una figura analoga a quella dell'hindu Ram Mohan Roy, che si batte con energia per la diffusione dell'inglese, a suo ~iudizio essenziale nella fondazione di un'India moderna e libera. E invece tipico un personaggio come il coevo Ghalib ( 1797-1869), poeta soprattutto in lingua persiana, con scarsa produzione in urdu, nella cui opera manca qualsiasi traccia o presenza della realtà storica circostante: egli continua a scrivere con la psicologia di un poeta persiano medievale anche negli anni tragici del Mutiny. Per i musulmani d'India il tempo sembra essersi fermato con la deposizione ( 1858) di Bahadur Shah; il tema della decadenza e del rimpiaqto è d'altr.onde centrale nelle pagine di Twilight in Delhi (Crepuscolo aDelhi, 1940)di AhmedAli,natonel 1910.Ambientato a Delhi negli anni che precedono la prima guerra mondiale, il romanzo descrive con tono smorzato e fatalistico l'incapacità del piccolo mondo islamico (rappresentato con simbolo adeguato nell'intrico di sordine viuzze che si stende all'ombra dell'antico Forte rosso) di sopravvivere evolvendosi. Non si può neppure 'parlare di una vera e propria dimensione tragica, tanto lo spirito dei personaggi è calato in un'atmosfera totale di atemporalità. Il SAGGI/MONTI passato non è distinguibile dal presente, l'uno coesiste nell'altro, come avviene nelle pagine dedicate ai festeggiamenti voluti dagli inglesi per la proclamazione di Nuova Delhi a capitale; ritornando a casa il protagonista incontra un mendicante semiparalizzato che procede strisciando per terra. È l'ultimo dei mughal, un nipote di Bahadur Shah. Il mondo di Ahmed Ali comprende bottegai, piccoli possidenti, appassionati navigatori di aquiloni e abili allevatori di colombi: microcosmica élite di una società senza sviluppo e a impianto arcaico. Per tradizione, divieti e idiosincrasie d'ordine religioso hanno limitato nella storia recente l'attività commerciale e finanziaria dei musulmani, che hanno lasciato a mercanti e usurai hindu il giro di affari non controllato dagli inglesi. Mancherà di conseguenza al Pakistan indipendente un embrione qualsiasi di borghesia autoctona, in possesso soprattutto di una certa capacità amministrativa, analoga a quella dei tanto vilipesi babu (indiani anglicizzati, in particolare bengali, che sotto il dominio britannico costituivano l'ossatura di base del fa burocrazia coloniale). L'autorità imperiale di Delhi prolunga in epoca modernà una situazione politica, economica e sociale sotto molti versi analoga al feudalesimo europeo, nella sua struttura di vita di corte (improntata a canoni estetici e formali di derivazione persiana), nell'articolazione .gerarchica dell'apparato militare e amministrativo, frazionato in molteplici figure di capi militari e di signori terrieri. La figura del letterato risente ancora oggi di questo carattere particolare sia nella prevalenza della poesia sulla prosa, sia nell'omogeneità sostanziale del discorso stilistico. La poesia urdu è per tradizione squisitamente artificiale (gran parte del lessico descrittivo è di derivazione persiana), lègata ai temi amorosi (è forma prediletta l'epigrammatico e conciso ghazal, letteralmente: conversazione con donne) e a sofisticati sfoghi egotistici. In tempi recenti i mullahs hanno soffocato il tentativo di rendere più moderni e civilmente impegnati i temi trattati, bloccando forme di sviluppo che avrebbero potuto essere interessanti. Più libertà è stata concessa ai poeti dì lingua inglese, forse considerati meno pericolosi. Tra i pionieri nell'usare l'inglese come una delle tante lingue pakistane bisogna ricordare Taufiq Rafat, nato nel 1927. Gran parte della sua attività poetica (1947-78) è compresa nel volume intitolato alla "venuta del monsone", stampato da Vanguard a Lahore nel 1985. Ironia pacata e disillusione pervadono la visione che il poeta ha della storia, intesa anche come riflessione sulla propria identità culturale (La collina artificiale: "All'occhio non pratico/l'occasionale affiorare di esili mattoni,/di tipo oggi non più usato,/è unica prova della sua antichità.// Eppure ancora lì sono, suppongo:/le ampie vie e le sensate case,/e un meraviglioso siste_ma di scolo delle acque/che non avvelena i fiumi e il mare/. ..//Quali bravacci con occhi di ghiaccio dal Nord/in sella a irrequieti cavalli tutto quanto desolarono,/solo il vento lo sa"). · Si contrappone a questa pratica della sfiducia la stretta armonia con il ciclo elementare ed essenziale delle stagioni (Un maggio fresco: " ... e al nord/i ghiacciai incominciano l'annuale sforzo//per mandare a valle in tempo il ghiaccio che raggiungerà /le mille vasche e i mille canaloni di ogni foglia"), esplorato con ritmi e toni che sono spesso identici all'introspezione, anche amorosa, dei propri sentimenti, come in Vedere i frutti maturare: "Possiamo venire a patti/con il nostro deciduo amore/finché non abbiamo 61

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