FINE DEL MONDO E FINE. DELLA STORIA Incontro con Julian Barnes a cura di Paola Splendore L'ultimo romanza di Julian Barnes, dominato com'è dall'inizio alla fine da preoccupazioni escatologiche, si sarebbe potuto anche intitolare La fine del mondo in 10 capitoli e 1/2, perché a partire dalla prima grande catastrofe ecologica, il diluvio universale, l'autore passa in rassegna, sotto gli occhi stupefatti e divertiti del lettore, tutta una serie di sciagure naturali e "innaturali" che vedono in pericolo il destino ora dei singoli ora del 'umanità intera. Un romanza difine millennio e di straordinaria attualità, i cui episodi; narrati in chiave comicogrottesca, sollecitano pensieri e riflessioni sul senso della fine e le possibilità di salvezza dell'umanità: Forse anche a causa del. momento particolare in cui è apparso il romanza in Italia, mi è sembrato che la domanda implicita che accompagna i vari racconti è chi si salva e che cosa può salvare l'umanità. Stupisce che .nessuno dei recensori inglesi lo abbia notato. Tragli autori inglesi contemporanei, Julian Barnes, accanto a fan McEwan e a Martin Amis (il cui ultimo romanza The London Fields è di prossima uscita in Italia), è di quelli con una maggiore apertura problematica e modelli di scrittura più continentali o internazionali. Nato a Leicester nel 1946, Barnes è al suo quinto romanza (il terzo ad apparire in italiano, tutti pubblicati da Rizzali); ha unpassato di lessicografo, di consulente editoriale, di giornalista e critico televisivo del/'Observer, e un presente di brillante romanziere, di autore sotto pseudonimo di meno fortunati romanzi polizieschi e di fan della squadra di calcio di Leicester. A raccontare il primo episodio d[ Una storia del mondo in 1O capitoli e 1/2 (perché quell'articolo indefinito? Meglio sarebbe stato omettere l'articolo in analogia ai titoli correnti dei manuali di storia che il titolo inglese intendeva parodicamente ricalcare) è un sopravvissuto del diluvio universale, un tarlo "clandestino", nascosto tra le assi dell'arca di Noè. Clandestino perché in base alla distinzione arbitraria tra animali "mondi" e "immondi", posta nel testo biblico ma decisiva quanto alla loro possibilità di salvezza, il tarlo era animale "innaturale" e pertanto non degno di sopravvivere al diluvio. Qui si pone la prima questione importante del romanza, destinata a essere più avanti ripresa, quella della marginalità o dei "non eletti", spesso mistificata dietro spiegazioni di natura religiosa o in altro modo arbitrarie. Il tarlo racconta tutto quello su cui tace o mente la Bibbia, le intemperanze di Noè, le beghe tra i suoifigli, ifavoritismi a bordo della flotta (l'Arca era in effetti composta da almeno otto unità) e le ingiustizie ai danni degli animali commestibili che finivano inevitabilmente sulla tavola dei signori del 'arca, carnivori irriducibili; è così che si estinsero il basilisco, il carbuncolo, l'unicorno, etc. Nei capitoli successivi altri superstiti di disastri naturali, di atti di terrorismo, o di incidenti "innaturali", raccontano la propria sensazionale testimonianza. Sfilano così i superstiti di un attacco di terroristi arabi su unanave di crociera, lasopravvissuta a un disastro nucleare, i superstiti del naufragio della Medusa, il reduce di un viaggio nel ventre di una balena, l'astronauta protagonista del primo sbarco sulla luna, il visitatore di un Paradiso materialista, etc. Individui tutti che hanno vissuto un'esperienza in qualche modo esterna; che hanno per così dire visto infaccia·ta morte. Curiose tra l'altro le cronache di episodi 52 Julian Barnes !Archivio Rizzali). inconsueti come ilprocesso ai tarli "infedeli" che causarono, nel secolo XVI, la caduta di un vescovo dal trono, il ritrovamento dello scheletro di Noè sul monteArarat, etc., incui si ripropongono il problema del punto di vista marginale e della relatività del fattore verità. Se non tutti gli episodi hanno l'efficacia e laforza comica dei primi, il discorso che si costruisce in questa sorta di "centone" è tuttavia omogeneo epressante. Ifili che li collegano il tarlo che spunta qua e là in vari episodi, sono fitti e molteplici, ma è soprattutto il tema del recupero del passato, del "racconto" della storia, e. cioè dell'evento trasformato in rappresentazione che attraversa ciascun racconto a fare da leit-motiv. Questi temi erano già presenti ne Il pappagallo di Flaubert( 1988), il romanza più fortunato di Barnes, costruito intorno a un'ossessione di veritàdeprotagonista, appurare l'esistenza del "vero" prototipo del pappagallo che Flaubert usò come modello per il racconto.Un cuore semplice. A Parigi, nei vari musei e reliquariflaubertiani, difronte non a uno ma a trepappagalli, si dimostra l'impossibilità di appurare il dato reale al di fuori della rappresentazione. Anche in Una storia del mondo in IO capitoli e 1/2 si analizzano i vari modi.in cui l'evento si trasforma in notizia, in resoconto o in immagine, e attrave.rso quali leggi ciò avviene. Esemplare è l'episodio del naufragio della Medusa, uno dei più efficaci di tutto il libro. Dopo il racconto "oggettivo" dei fatti, ricostruito attraverso i dati storici e la testimonianza di un superstite, l'autore analizza il quadro di Théodore Géricault, La zattera della Medusa, del 1819, riprodotto nel testo in una tavola a colori, opera a sua volta elaborata dall'artista sulla base di • testimonianze più o meno attendibili, ma tenendo anche conto delle convenzioni che regolano la composizione artistica. Dal
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