Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

* * * Prima era facile il pensiero lieve bocciolo di ·garofano che ambiva solo a aprirsi vanitoso, che se restava chiuso poi appassiva; ora questo nuovo pensiero duro che non s'apre e non.decade questo cespo spinoso semprevrrde che il gelo non secca, il sole non accende, che cresce basso basso sempre uguale attorto su se stesso e complicandosi non sale costretto a vivere solo perché è nato. *· * * Io ti cammino dietro e ti vedo ingobbita che avanzi, quadra e buia muovi le gambe, anzi butti i piedi, lasci le braccia larghe al loro peso, fissi lo sguardo e non lo muovi più fino alla meta che sia bottega o bar. Ti lasci frequentare solo di profilo, io non mi fido di dire bah o mah. * * * Era alla luce terribilmente sabato, quel sole infimo che annunzia svogliatezze mentre nella piazza fino a dentro le mie finestre chiuse si muoveva il mercato prolungato: l'ultima offerta e poi si chiude. Poi la festa untuosa e il silenzio. Già si smontavano i banchetti con la ferocia trasandata della fine. Forse era possibile una corsa per prendere qualcosa, forse restava qualche cassetta ancora non riposta. Ma non mi decidevo a quella corsa. Quando scendevo era ormai tardi tra i mucchi di foglie di carciofi e i pomodori sfatti dove una vecchietta china correva rapace al.la riscossa di mezze mele di peperoni buoni per tre quarti. Ma io non cercavo frutta marcia o fresca io volevo soltanto la certezza della settimana che finisce .dell'occasione persa. * * * È predisposto per i miei risvegli un rigido paesaggio dove non trovo immagini ò pensieri 50 POESIE Patrizia Cavalli ma lugubri e modesti ragionieri. A bordo del mio sonno a sentinella sempre a quell'ora vengono a cercarmi decidono che è l'ora della sveglia. Contano gli anni subito e i terrori le perdite i guadagni: in mano loro il tempo è una fettuccia consumata la vita sembra ormai persa per strada. In pieno giorno però io li confondo non mi metto a competere con loro faccio finta di niente e l'imbavaglio poi li copro di_stracci e li strapazzo mi mostro sempre _piùsmodata e futile. Moriranno anche loro, sì, che muoiano, canaglie stupide ignoranti, che ne sanno? Non sanno mica che sono io lo sbaglio. * * * È a Roma e di mattina è a casa mia e tra le undici e le undici e tre quarti, sale dal cuore e va fino alla testa si ferma sopratutto dietro gli occhi e poi scende e s'ingorga nella gola precipita feroce nel mio sesso, comincia lo sconcerto del dolore. Sarebbe amore se a concertarlo avessi qui il Maestro.

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