Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

SAGGI/GALLAS Bonhoeff er auspicò la sconfitta della Germania, non la vittoria dei russo-anglo-americani. Il fatto che le due cose coincidano non ne riduce la differenza. Diceva la Weil, "la verità fugge dai vincitori." cominci a girare con una spada in mano, uccidéndo chiunque gli si pari d'innanzi, e che nessuno abbia il coraggio di catturarlo vivo. Chiunque uccida il pazzo otterrà la gratitudine della comunità e sarà considerato come un uomo caritatevole. Dal punto di vista dell' ahimsà è chiaro dovere di ciascuno uccidere un simile uomo" 10 . · Per quanto riguarda invece la guerra, la decisione di evitare il servizio militare viene affermata da Bonhoeffer in modo determinato e non a livello di principio. Esso vale cioè-leggiamo in ima lettera del marzo 1939 - per le "presenti circostanze" (GS I, 281). Coerentemente, Bonhoeffer, che condanna la guerra di Hitler, approva la guerra condotta contro Hitler e contro la' Germania. Abbiamo così di fatto una distinzione tra guerra e guerra, dunque tra guerra ingiusta e guerra relativamente giu~ta (cf. anche GS III, 342-3). I termini di questa approvazione della guerra li possiamo dedurre solo indirettamente, grazie a una lettera scritta a Karl Barth - allora già trasferitosi in Svizzera - il 17.V.42, e ritrovata soltanto nel 198111 • In questa lettera Bonhoeffer dichiara a Barth di essere stato tra i pochi che in Germania gli sono rimasti fedeli. Il riferimento è certamente alla presa di distanza operata dalla stessa Chiesa confessante nei confronti di Barth, dopo che questi aveva scritto ad un teologo cecoslovacco amico, Hromadka, in occasione dell'imminente invasione tedesca: "Ogni soldato cecoslovacco che combatterà e soffrirà, lo farà anche per noi e, lo dico oggi senza riserve, lo farà anche per la chiesa di Gesù Cristo ... Che tempi singolari, caro collega, quelli in cui un uomo sensato può dire una cosa sola: che la fede ordina di respingere risolutamente in secondo piano il timore della violenza e l'amore della pace, e di porre risolutamente in primo piano il rimore dell'ingiustizia e l'amore della libertà" 12 • Siamo così tornati a una interpretazione del comandamento del non uccidere e del Discorso della montagna che si colloca nel solco della tradizione dominante? Avevamo lasciato in. sospeso una domanda: la determinazione di chi fosse il prossimo in favore del quale intervenire era veramente conseguenza dell'esercizio del discerniménto, o non era già decisa a priori? Per quanto riguarda quella prima fase bisogna rispondere in questo· senso. Diverso è invece il caso ora. Il prossimo, in favore del quale si può e si deve lottare, fino a spargere il sangue, è colui che non mi è prossimo né per sangue, né per tradizione. È, per il cristiano e ariano Bonhoeffer, anzitutto l'ebreo discriminato e ucciso. E poiché Bonhoeffer_ . afferma che ogni teçiesco responsabile deve assumersi la tragica responsabilità di lavorare per la sconfitta della Germania, il fronte, di cui si favorisce la vittoria, non è quello della mia patria, ma quello dei miei nemici. E ciò, non in odio alla patria, ma perché questa è l'unica via per salvarla. Pur restando dunque inelusibile la .tragica decisione dello spargimento di sangue, essa avviene esercitando un discernimento creativo in ordine all'individuazione della relazione di prossimità, che infrange la logica dell'amiconemico. Perciò l'azione di Bonhoeffer ci porta a concludere questo: il diritto a parlare di guerra giusta - o forse meglio: inevitabile, e tuttavia mai innocente, per chi si assuma fino in fondo la responsabilità di cercare le vie storiche della giusti zia -si acquisisce solo dando prova di saper riconoscere che giusta può essere la guerra combattuta dal nemico, contro di me e contro il mio popolo. Si può certo discutere di guerra "giusta", perché è un'illusione \ pensare che il concetto e il problema che esso porta con sé siano oggi come tali e totalmente superati, nel senso di rendere impossibile ogni distinzione tra guerra e guerra. Ma nessuno - lo diciamo pensando alle grandi parole usate o con disinvoltura o con cinismo nei giorni appena trascorsi - dovrebbe permettersi di parlare di "guerra giusta", se non è capace di questa coerenza, poiché farebbe guerra in primo luogo alla giustizia, che, se c'è, può sanzionare anche il mio torto, e non solo quello degli altri. Questa sembra una legge elementare del discorso, ma inter arma silent leges, anche quelle del giudizio e della valutazione critica: molti difensori della "legalità internazionale" lo hanno dimostrato. Infine, non dovrebbe sfuggire che ciò che Bonhoeffer direttamente auspica è la sconfitta della Germania, _nonla vittoria dei russo-anglo-americani. Il fatto che nell'esito pratico le due cose coincidano, non ne ridurrà la differenza, per chi ricordi l'affermazione di Simone Weil, secondo cui "la verità fugge dai vincitori". È questo il giudizio definitivo di Bonhoeffer sulla guerra? Non si può sostenerlo. Anzi, tutto fa pensare il contrario. La sua lettura del Discorso della montagna mette in pratica il rifiuto tante volte ribadito di ridurre il vangelo a raccolta di principi validi una volta per tutte. Prende corpo in questo modo un'immagine usata da Thurneysen: l'interpretazione, e la lettura delle "circostanze", avviene·correttamente quando ci si muove come dovendo attraversare un fiume sui lastroni di ghiaccio portati dalla corrente. Se ci si ferma su uno, inevitabilmente ci si sbilancia e si cade; per arrivare all'altra riva non si può sostare mai, ma bisogna saltare da uno all'altro. I) lnstitutio principis christiani, in Erasmo, La formazione cristiana dell'uomo, Milano 1989, 423. 2) Ivi, 421. L'osservazione di Erasmo sul fatto che il NT bandisce ovun_quela guerra, mentre lo stesso non si può dire delle Scrittured'Israele (AnticoTestamento), resta a mio avviso ancor oggi significativa, anche se da ciò non si possono trarre conseguenzesemplificatrici intornoal rapporto Dio-violenza nell' AT (cf. in proposito il quaderno 1990/1di "Servitium", dal titolo Il Dio violento). Per quanto riguarda Bonhoeffer, a Fano, a sostegno della necessità del disarmo, egli valorizza precisamente quelle pa1tidell' AT ove è bandita la guerra, in particolare Giudici 7,2-8. (GS I, 218). 3) Lutero, Sull'autorità secolare, in Scritti politici, Torino 1978,414. 4) Cf. Gesammelte Schriften, Bd II, Miinchen 1965, 202. ln seguito inseriremoi riferimenti a questa raccolta di scritti nel testo, con la sigla GS seguita dal numero del volume e della pagina. Una sua traduzione parziale si trova in D. Bonhoeffer, Gli scritti, Brescia I979. 5) Cf. WA 39, I, 47. 6) Cf. C. Schmitt, Der Fiihrer schiitzt das Recht [l 934], ristampato in W.Hofer, Der Nationalsozialismus. Dokumente 1933-1945,Frankfurta.M. 1981, J05 s. 7)CfH. E. Todi, DietrichBonhoejferokumenische Friedensethik, inH. Pfeifer (Hg), Frieden - das unumgiingliche Wagnis, MUnchen 1982, 85117, 94. 8) Per il testo originale dell'appellò cf. M. Bogdahn (Hg), Konzil des Friedens. Aufnif und Echo, Miinchen 1986, 12. 9) Questa argomentazione è attestata solo oralmente, in versioni leggermentediverse. Nella terza fase, çhe stiamo esaminando,Bonhoeffer esprimeràancoraalcunigiudiziteoricisullague1rn,sostanzialmenteconformi alla tradizione, nel l'Etica (cf. ed italiana, Milano 1969,79, 134,20 I, 219). 10) In Teoria e pratica della non violenza, Torino 1973, 61. li testo citato, su cui ha richiamato la mia attenzione Armido Rizzi, risale al 1926. 11)CfD. Bonhoeffer,Schweizer Korrespondenz 1941-1942,Miinchen 1982, 14-16. 12) Eine Schweizer Stimme, ZUrich 1945, 58-9. 47

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