Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

SAGGI/CAFFI arti", né in quelle "umanità" di cui i gesuiti han mostrato come potessero anche, e molto bene, essere utilizzate ad asservire gli spiriti. Il grande impulso dato dalla reviviscenza dello spirito greco si manifestò- attraverso sconfitte ed eclissi, ma anche con un "progresso" irresistibile - nel fiorire di una socievolezza che era "libera" soprattutto nel senso che gli uomini sceglievano liberamente i loro "simili" al di là delle barriere di casta, di nazionalità, di confessione religiosa. E in questa socievolezza, rapporti di autentica politesse, ossia basati sull'eguaglianza e la reciproca fiducia, sostituivano i cerimoniosi e sospettosi artifici del "rispetto gerarchico". Oggi, il moltiplicarsi di gruppi d'amici partecipi delle medesime ansie e uniti dal rispetto per i medesimi valori avrebbe più importanza di qualsiasi macchina di propaganda. Tali gruppi non avrebbero bisogno di regole obbligatorie né di ortodossie ideologiche; non fiderebbero sull'azione.collettiva, ma piuttosto sull'iniziativa individuale e sulla solidarietà che può esistere fra amici che si conoscono bene e dei quali nessuno persegue fini di potenza. Il Cristianesimo fece le sue più stupefacenti conquiste quando era diviso in un gran numero di chiese autonome, collegate fra loro dalla "comunione", senza una gerarchia episcopale ben definita, né autorità "ecumenica" di sinodi o di patriarchi. Nel XVIII secolo, i cenacoli di libertini e di enciclopedisti, le piccole "società di atei" di cui parlano volentieri Fielding e Smollett, le Logge massoniche e i "salotti dove si conversava" svolsero una propaganda irresistibile, mettendo in contatto gli spiriti liberi da un capo all'altro d'Europa. Quegli uomini non avevano, alcun bisogno di un'organizzazione centrale che prendesse decisioni e applicasse sanzioni in loro nome. Il loro scopo era di trasformare i modi di pensare e i costumi piuttosto che le cose, e perciò la loro opera portò nel mondo un cambiamento reale. Note I) "J' appelle police les loix et ordonnances qu 'on a de tout temps publées dans le Estats bien ordonnezpour régler l 'oecouomie des vivres, retrancher les abus et les monopoles du commerce et des arts, empecher la corruption des moeurs, retrancher le luxe et bannir des villes /esjeux illicites" (Le Bret, Traité de la Souveraineté du Roy, 1700, Livre IV, Chapìtre XV). "Onprend quelquefois [le mot poli ce] pour le gouvernement général de tous /es Estats, et dans ce sens il se divise en Monarchie, Aristocratie, Démocratie ... D 'autres fois il signifie le gouvernement de chaque Estat en particulier et alors il se divise en po/ice ecclésiastique, po/ice civile et po/ice militaire ... [Mais] ordinairement et dans un sens plus limité, po/ice se prend pour l'ordre public de chaque ville et l'usage ['a tellement attaché à cette signification que toutes /es fois qu 'il est prononcé absolument et sans suite, il n 'est entendu que dans ce dernier sens" (Delamare, Traité de la Po/ice, 1713, Livre I, Titre I). 2) Valutazioni più recenti del numero delle vittime di Hiroshima hanno ridotto a un terzo questa cifra. L'enormità della strage rimane. Questo testo, del 1946, è stato ripubblicato nel volume di scritti scelti di Caffi Critica della violenza, a cura di Nicola Chiaromonte (Bompiani 1966). Era apparso per la prima volta in forma un poco abbreviata nel numero di gennaio 1946 della rivista "Politics" di New York, diretta da DwightMacdonald, nella quale apparvero in seguito anche altri scritti di Caffi tratti dalla co1Tispondenza che egli intrattenne con Macdonald. 40 MORALE E POLITICA IN SIMONE WEIL, UNA LEffURA IN TEMPO DI GUERRA Giancarlo Gaeta Qualche riflessione introduttiva. È durata lo spazio di un mattino la speranza aperta dagli avvenimenti dell' 89. Abbiamo creduto che una intera epoca fosse giunta al suo epjlogo, che infine liberati dalla morsa di un sistema geopolitico chiuso, potessimo cominciare a respirare, a pensare liberamente. Avevamo appena iniziato a muoverci; sentivamo che finalmente questo nostro terribile secolo ci stava idealmente dinanzi, che ci era concesso interrogarlo con mente sgombra da passioni mediocri e gabbie ideologiche; che potevamo, anzi che era nostro dovere assumerci fino in fori.do la responsabilità di questo nostro passato, come premessa indispensabile per affrontare il presente da individui liberi e coscienti. Certo, eravamo anche consapevoli della spinta fortissima a vietare questa presa di coscienza, avvertivamo l'invito pressante a voltare semplicemente pagina avendo preso atto di chi aveva vinto e di chi aveva perso, poiché infine ciò che contava era una nuova definizione degli equilibri infranti, la ricomposizione di un equilibrio nuovo secondo la vecchia logica della forza. E tuttavia u·nospazio di libertà e di coscienza si era improvvisamente creato, uno spazio in cui si sarebbe potuto cominciare a mettere a fuoco la contraddizione essenziale di tutta la nostra epoca, la contraddizione che è al fondo della questione politica inOccidente, quella trn individuo e società; se è vero, come sosteneva Simone Weil, che la definizione della democrazia autentica è "la subordinazione della società all'individuo". Questo spazio è stato rapidamente e brutalmente chiuso. È doloroso, è sconvolgente; soprattutto rischia di ottenere il proprio scopo: paralizzarci. E in effetti siamo stati indotti a rivolgere tutta la nostra attenzione sulla discussione intorno alla guerra giusta, ovvero sulle ragioni immédiate di questa guerra, e·se essa era da farsi o si poteva e si doveva evitare. Discussione certo importante rispetto ali' urgenza morale e politica di prendere posizione, ma in definitiva sterile se essa non è nutrita dalla consapevolezza che l'obiettivo ultimo di questa guerra è di chiudere ogni spazio alla crescita di una coscienza storica che poteva, forse, ro'mpere con la cultura della forza, gettare il seme di un diverso rapporto tra gli individui e quindi tra i popoli. Si ripete puntualmente una scena già nota, o che almeno dovrebbe esserci nota, se solo ci fosse dato di leggere il nostro passato nella sua elementare quanto tragica verità. Dico leggere, come quando si legge un' operad' artf e si sente con tutto il proprio essere, mente è corpo, la sua verità e bellezza; e non solo ragionare per giustificare o criticare l'accaduto, ovvero per trarne qualche vantaggio ideologico per sé o per la propria parte. Ecco che invece di nuovo ci è imposto di schierarci, di ridurre la complessità della lettura ad un sì o a un no, a un pro o a un contro, che nulla hanno a che vedere con quel semplice dire ispirato alla verità e alla giustizia, di cui parla il Vangelo. ·

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