• • SAGGI/CAFFI "La, violenza è la levatrice della storia" diceva Marx. Ma le emorragie causate dal forcipe storico possono essere gravi, l'operazione riuscire più o men? bene, e anche fallire. grandi capi bolscevichi a sopprimere i Soviet, a instaurare il regno della Ceka, a sottomettere i lavoratori alla gerarchia poliziesca dei sindacati di Stato, a moltiplicare i poteri arbitrari, i controlli soffocanti, e insomma a preparare terreno per l'autocrazia di Stalin. .. Né traditori né pusillanimi, i giacobini e i bolscevichi arrivarono a tali risultati seguendo la logica della "violenza rivoluziònaria"; e nel modo in cui applicarono tale violenza, come nelle azioni cui furono condotti da tale logica, essi rivelarono la loro mentalità essenzialmente "antisociale". I giacobini francesi e i bolscevichi russi concepivano la realtà unicamente in termini di instaurazione di determinati rapporti di potenza e di "organizzazione" del governo e dell'economia pianificata nel nome del popolo o delproletariato, mentre non intendevano che in astratto, considerandoli come un sottoprodotto (o una "sovrastruttura"), quei costumi, quella socievolezza, quel bisogno di giustizia e di felicità che costituiséono il "contenuto immediato" del!' esistenza e la sostanza stessa della libertà delle masse popolari, se si vuole che esse formino effettivamente una società. Ì.,' opinione che la storia non insegna mai nulla a nessuno è molto plausibile. Tuttavia, se si esaminano le esperienze di rivoluzioni e controrivoluzioni che si son susseguite dopo la ribellione delle colonie americane contro la Corona britannica, quel che colpisce è "taregolarità con la quale si son ripetute talune serie di conseguenze. Conveniamo anz,itutto di chiamare "società" l'insieme di quei rapporti umani che si possono definire spontanei, e in certo qual modo gratuiti, nel senso che hanno almeno l'apparenza della libertà nella scelta delle relazioni, nella loro durata e nella loro rottura: le pressioni non vi si esercitano che con mezzi "morali", . mentre i moventi utilitari sono o realmente subordinati, oppure mascherati dalla politesse, dal piacere che si ha a trovarsi in mezzo ai propri simili, dalla solidarietà affettiva che si stabilisce naturalmente fra i membri di un medesimo gruppo. Intesa in questo senso, la "società" esclude per principio ogni costrizione, e soprattutto ogni violenza. Apparirà allora chiaro che la forza, la conti\tlità, i successi almeno parziali (giacché le forze oppressive possono certo essere schiaccianti) di un movimento d'emancipazione umana saranno in funzione diretta del grado di . sviluppo e di consistenza della "società", mentre nessuna organizzazione armata potrà aumentare le chances, né tanto meno i progressi reali di un tale movimento. I tredici Stati americani erano, ben più che delle formazioni politiche o militari, delle comunità dal tessuto sociale assai vigoroso: i costumi puritani vi erano certo angusti e tirannici, ma. erano anche accettati in piena I ibertà dalla stragrande maggioranza. E così - quasi all'altro estremo - l'anarchia della szlachta (la piccola nobiltà terriera polacca), che comportava una socievolezza vivacissima unita al sentimento permaloso dell'indipendenza personale, spiega la straordinaria resistenza dei polacchi a oppressori· strapotenti per un così lungo periodo di tempo, nonostante la povertà economica del paese e la lamentevole politica dei governi "nazionali" (nel 1830 come nel 1930). È perché erano, secondo la parola di Voltaire, "il popolo più socievole d'Europa" che i francesi son rimasti fino al 1871 alla testa del movimento rivoluzionario. E, quanto alla Russia, la formidabile energia della Rivoluzione d'Ottobre non si capisce se non si tiene conto dell'azione parallela, durante tutto un secolo, delle sette religiose (che erano comunistiche e, quasi tutte, tenacemente pacifiste) da una parte e, dal)' altra, dell' intellighentsia umanitaria, accompagnata dal fiorire ·della "società" a Mosca e a Pietroburgo. Nel 1848, la socievolezza relativamente superiore di Vienna rispetto a Berlino, l'indigenza della "società" in Italia (con gradazioni alla cui cima si trov1rebbe Venezia, dove la vita sociale rimase, almeno fino _alla fine del secolo XVIII, più animata che altrove) coincidono con le peripezie più o meno energiche, più o meno sfortunate, dei tentativi di liberazione. In Spagna, alle forze antisociali che dominarono il paese dopo la Controriforma e Filippo Il, si oppose non già la tradizione centralista e autoritaria della Castiglia, ma la "coesione sociale" . che ebbe i suoi focolai a Barcellona, nelle tendenze separatiste catalane e nelle forme dr "solidarietà anarchica" diffuse in tutta la penisola. L'altisonante apoftegma di Marx, "la violenza è la levatrice della storia", manca di sottigliezza. Le emorragie causate dal forcipe storico possono essere più o meno gravi, l'operazione riuscire più o meno bene, e anche fallire. Vi sono le insurrezioni causate dalla disperazione o dal fanatismo, e annegate nel sangue: la violenza vi prorompe fino alla dismisura e, dopo l'assassinio del feto, la paziente - la "civiltà" - si trova indebolita al punto da non potersi più sollevare. Vi ~ono poi i colpi di Stato che chiamiamo "reazionari", in quanto generalmente bloccano o "prevengono" un movimento di popolo. Essi cominciano sempre con un uso efficace della forza e, durante un periodo più o meno lungo, impiegano su larga scala la violenza per reprimere, o anche sopprimere, ogni spontaneità sociale al fine di estendere e consolidare al massimo il potere d'i'mperio di uno Stato, di un partito, di un capo, di un "ordine" inventato ad arbitrio, E vi sono infine le rivoluzioni "liberatrici", risultato della convergenza fra le aspirazioni lungamente maturate in vasti strati del popolo e le idee elaborate in seno alla "società". Da qui l'atmosfera di gioia, di speranza radiosa, di riavvicinamento fraterno degli uomini che avvolge queste "albe di una nuova èra". La violenza che segna il trionfo di un tale movimento è altrettanto repentina che breve, e come simbolica. La presa della Bastiglia, le giornate del luglio 1830 e del febbraio 1848 a Parigi, del marzo 1848 a Berlino come . a Vienna, a Napoli, a Milano, costaròno un numero di vittime insignificante; inoltre - particolare non trascurabile - una generosità caratteristica dei vincitori di tali battaglie ha sovente attenuato la crudeltà della lotta: i russi nel marzo 1917 e gli spagnoli nell'aprile 1931 poterono persino congratularsi di aver conquistato la libertà senza spargimento di sangue. Sappiamo, tuttavia, che il sogno sognato in tali giorni noriha domani. Il primo trionfo di un moto popolare è immancabilmente seguito dalla tragedia; o, per esser precisi, da due fasi tragiche. È che, da una parte, il quasi-razionalismo nato nel Rinascimento non ha soltanto bonificato le paludi dèlla superstizione, ma ha anche inaridito quella che si potrebbe chiamare la facoltà "mitologica": quel senso della situazione dell'uomo nell'universo, della persona nella società, della norma di una giustizia ·35
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