Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

quella di Peter Stein, Klaus Michael Grueber e Botho Strauss: l'utilizzo del teatro al di là delle sconfitte. politiche, come contenitore e propulsore di conflitti. Shakespeare contro Marx, Beckett contro Hegel. Da allora, la roccaforte teatrale berlinese sul Ku-Damm, sempre zeppa di pubblico, viene additata come un covo di esteti, di presuntuosi sapienti del nulla. Est e ovest non dialogano, anzi si disprezzano con acrimonia. Strauss e Heiner Miiller non si sopportano. Speriamo, avrebbe detto Brecht, di vederne delle belle. "Tempo, tempo, tempo. Quante volte i bambini per la strada mi domandano l'ora! La loro domanda scaturisce da un'insicurezza che non si estende solamente all'orario. Sembrano disturbati dal fatto che noi abitanti delle città ci siamo ormai abituati a non guardare più 'il prossimo negli occhi, a ignorarlo per · quanto possibile. Questi bambini si rendono conto che la franca curiosità, il loro elemento vitale, l'indispensabile motore del loro divenire, significa ben poco nell'ambiente che li circonda. Si ribellano a questo e domandano alla gente che passa; hanno urgenza di toccare l'estraneo, magari in fretta, solo per farsi dire l'ora. 'Può dirmi per favore che ore sono?' Il Tempo; gli uomini ancora non ne vengono a capo.( ... )" È l'inizio del romanzo, che si apre con un'allocuzione introduttiva: il lettore viene a sapere che se eliminiamo la collocazione del "reale sociale" non ci rimane che il tempo. Il Tempo? Che c'entra lo spazio (il sociale) col Tempo.(il divenire)? La categoria temporale è la regina del racconto, la scelta non potrebbe essere più appropriata. Ma Strauss cerca un assoluto, non gioca solo di finzione. Sopra il tempo letterario e quello biografico l'autore instaura il tempo cosmico. Dagli ultimi sviluppi del pensiero scientifico Strauss ha infatti dedotto, apposta per la narrativa, un guscio che chiude tutto il resto. Noi, che siamo ancora abituati a guardare al sociale come al piatto da cui prendere tutte le vivande, siamo costretti a volgere il nostro sguardo alla costruzione dell'universo, che ci concerne. Così scopriamo che "il solerte pensiero evoluzionistico ha sconvolto anche il quieto spirito della fisica, e la freccia del Tempo, che tutto trapassa, l'ha colpito. La fisica più recente ha privato il nostro sogno del mondo di ogni residuo statico e simmetrico. Ormai siamo capaci di pensare solo in termini di divenire~ Questo mondo è dunque vincolato da cima a fondo, per opera ·della vita e per opera delle cose inanimate, all'irreversibilità di ogni evento, al disequilibrio, alla dinamica del disordine e di una struttura improntata alla dissipazione. Palesemente qui non c'è più posto per un Essere". Ma invece di rivelarsi fonte di angoscia e scoraggiamento - come era avvenuto per Calvino con Palomar- il messaggio che ci viene dagli astri (la freccia inarrestabile del tempo che si fermerà con la totale distruzione della terra) ci offre uno spazio di libertà. Perché il tempo cosmico, quello che compren- ·de creazione e distruzione, è l'unico a essere dotato di senso, è l'unico progetto reale in CONFRONTI Fotodi IsoldeOhlbaum. corso, cui del resto non ci sottrarremo mai più. Abbiamo così trovato, se non la mano creatrice, il senso del divenire: non è quello della storia biblica, che ci strappa dal nostro presente, né quello secolarizzato della storia umana, che ce ne rende schiavL Noi siamo particelle del cosmo. "La nostra vita è così breve, eppure in ciascuna delle cento bilioni di cellule del nostro corpo misuriamo un tempo cosmico, e nel sogno, nell'estasi risaliamo ben oltre la storia dell'uomo. E questo già basta per rendere le vita degna di essere vissuta, anche se è solo una finestra portentosa attraverso la quale ci è· unicamente consentito di lanciare una rapida occhiata nella profondità dei tempi. Soltanto per sapere che, vivi o morti, siamo comunque compresi" (pag. 114). , Varrebbe la pena soffermarsi sul fascino del cosmo, su questo unico ineffabile che la scienza contemporanea ci offre. Ma conviene proseguire. Che ce ne facciamo del tempo cosmico, a noi che interessa soprattutto il nostro tempo fisico e terreno? Strauss non cancella del tutto il "sociale", semplicemente gli toglie lo spettro di regnante. L'esistenza di· un tempo cosmico fa diventare la storia del1'uomo un brevissimo episodio, in cui le origini del mito non sono meno importanti della s_copertadella macchina a vapore. L'oggi poi diventa un mero istante, nel quale la nostra prese~za aspetta ancora una giustificazione. Insomma tutti gli eventi dell'uomo, senza distinzione di un prima e un dopo, di un allora e un oggi, sono lì sotto i nostri occhi: l'eterna mutevolezza dei fenomeni, come si vede, non porta alla totale disgregazione, ma alla compresenza del tutto. Il massimo dinamismo va a braccetto di una stabilità, di una compresenza di tipo nuovo: basta che l'oggi, coi suoi miti, non cancelli lo ieri. Non ne ha più il diritto. Ma perché dovremmo necessariamente cadere in questa voragine temporale che tutto rimescola e trasforma? Dovremmo forse spostare il nostro orologio da polso sull'eternità? Regolare i contratti di lavoro anche a scadenze di ere geologiche? Strauss non ci propone certo la fanta-esistenza, tanto più che di regole ne ha ancora poche, e tutto il testo è immerso nell'ironia del gioco. No, la nostra sensibilità è ancora legata al solito. scorrere dei giorni, alla ingannevole evidenza che i problemi d1 oggi sono unici e primordiali. Certo, le rivoluzioni tecnologiche stanno. diffondendo una nuova sensibilità, in cui non c'è più spa11iacque tra materiale e spirituale, tra effimero e durec vole. Eppure, non siamo ancora alla coscienza cosmica. Il tempo cosmico, questo tentativo di dissolvere il presente è solo una possibilità per guarire le lacerazioni dell'individuo nel nostro tempo. Da tempo Strauss, ex seguace dei francofortesi, cerca una forma di ragione lontana dal modello illuministico, dominante e di dominio, ma che salvi le angosce della soggettività. L'ex-allievo di Adorno e Horkheimer prima annunciava la fine dell'individuo, ridotto a misero clown (Adorno lo definiva lo sciocco Augusto) a tutto vantaggio delle ipotesi sociali, di palingenesi collettiva. Poi, finJta l'epoca dei movimenti, arriva la revisione. Siamo sempre lì, al clown del povero individuo moderno. Ecco come Strauss racconta, nel romanzo, il suo distacco dal pensiero critico: "Come ho già detto, ero molto giovane allora, avevo poco più di vent'anni. Tutto il mio interesse era rivolto alle forme, ai simboli, ai riti, alle istituzioni, al complesso del 'meccanismo sociale' di cui l'individuo è permeato, e che lo condiziona fin nei suoi più intimi recessi. Per me il singolo si era totalmente dissolto nelle sue componenti estranee. Ero così sciocco da dover aiutare un artista a pervenire alla giusta 'intelligenza' delle cose. Oggi mi sarebbe facile riderne". La vicenda che il narratore de Il giovane pone all'inizio e alla fine del romanzo, ha anche un riscontro biografico: Strauss è stato in gioventù critico teatrale di Theater heute, da dove "insegnava" ai registi il come e il perché. La sua recensione dei Paraventi di Genet diventa nel romanzo la messinscena delle Serve. Quanto sia importante la figura dello stupido clown (che non è così stupido) lo dimostra il solo fatto che molto teatro dal dopogue1Taa oggi ruota prepotentemente attorno a stupidi clown, da Beckett fino a noi. È proprio dal soggetto e dalle sue tragicomiche lacerazioni che bisogna ripartire,• non per riproporne il mito, ma perché nella sua un po' bislacca separazione, nelle sue angosce, nelle sue pretese c'è il segno dei nostri tempi, il conflitto. Strauss ha la sua ricetta: il soggetto può liberarsi, spogliarsi della sua separatezza, può "inserirsi'; a patto che gli si schiuda un'altra realtà. Rompendo il velo sottile del presente, si ritrova in una djmensione,in cui mito e quotidianità ritornano ad andare d'accordo. Deve vivere una metamorfosi, un'educazione, accedere a quella che Strauss insegue in tutto il romanzo: la saggezza del corpo. L' educazione del romanzo sarà allora una serie di prove iniziatiche che partono sempre da una sconfitta del protagonista.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==