Linea d'ombra - anno IX - n. 59 - aprile 1991

CONFRONTI Kevin Costner durante lo lavorazione di Balla coi lupi (foto di Ben Gloss dol libro s~I film dello Newmarket Pressi. Pollack, che con una chiarezza finora insuperata avevano innestato sulla tradizione del genere i due fondamentali filoni di riflessione· · critica: quello culturale, di chi come Piccolo grande uomo si interrogava sulle radici di una nazione e sulle ragioni di una storia, e quello più antimodernista (ché "ecologico" non era ancora di moda), di chi come Corvo Rosso non avrai ilmio scalpo raccontava la fuga dal progresso come possibile ritorno alla C"1lturaindiana. A vent'anni e più, quei film sembrano invecchiatissimi e insieme futuribili, tanto certi discorsi si sono sentiti fare e strafare, lasciando però inappagata la voglia di vederli finalmente trasformati in scelte concrete di vita e di cultura. Stupisce che qualcuno abbia pensato che per rifare oggi un film western bisognasse partire da qui, e non piuttosto azzerarne l'eredità, fare un passo indietro, recuperare un legame con la .storie e.con la tradizione nazionale che Hollywood aveva seriamente compromesso (e sacrificato ad altri scenari produttivi). Se proprio si vuol trovare qualche possibile referenza, allora, invece di citare l'abusato, e ricattatorio, Soldato blu, è meglio ricordare il Sarafian di Uomo bianco va' col tuo dio, non tanto per la scommessa-maledizione dell'uomo che per sopravvivere deve contare solo sulle sue forze e sul suo ingegno, ma per la capacità di riscoprire (come spiegava meglio il titolo originale, Man in the Wilderness) "un'unione con la natura che sfiora l'edonismo (le foglie che lo coprono; l'acqua limpida del ruscello; una vegetazione autunnale melanconica)" a sottolineare il rapporto ambivalente che si instaura con la natura, nutrice e letale a un tempo. · E poi, rispetto a un orizzonte cinematografico più vasto, Kevin Costner sembra essersi liberato dall'ossessione del Male come masochista infezione che sempre più si è radicata nel cinema americano dell'ultimo decennio. Dal mostro di Alien fino alla malvagità di Hannibal Lecter, passando per tutti gli eccessi della serie B più gore, il fascino della "parte oscura" ha superato il suo ruolo di antidoto al manicheismo consacrato dalla guerra fredda per diventare, più che un'ossessione, un vero e proprio compiacimento. Balla coi lupi, invece, si sforza di rappresentare le coordinate rossi bili ·di un Bene non idealistico, legato al rispetto di quei pochi valori di base (uno su tutto, vivere in sintonia con la natura) che ancora possono avere una funzione pedagogica e morale. Senza cadere nel rimpianto per una innocenza fuori dalla Storia ma scegliendo di "incarnarli" nella cultura degli indigeni d'America, con tutti i significati politici che questa scelta comporta, di rispetto per l'altro, di condanna per chi quel rispetto · non l'ha avuto, di scelta di campo, di rifiUto di ogni logica di dominio, ieri come oggi ... Ecco, da questo sentimento più che da altre referenze, Costner è partito per ricostruire un legame con la propria storia di americano, avanzando coi piccoli passi di una rinata meraviglia per le cose piuttosto che con la forza dei discorsi ideologici. Balla . coi lupi non è tanto (o soltanto) la capacità di accettare l'altro e la dignità della sua tradizione, ma piuttosto la possibilità di trovare dentro di sé e la propria cultura un posto paritetico anche per l'altro. E questo processo non poteva avvenire che ribaltando tante delle co~iddette regole cinematografiche oggi vincenti,. prima fra tutte il predominio dell'evento, l'obbligo di riempire tutto il tempo a disposizione con ogni sorta di effetto o effettaccio, alla conquista di quell'attenzione che la civiltà massmediologica avrebb-efatto sparire per sempre. Perché tra gli altri meriti Balla coi lupi ha anche quello di considerare lo spettatore non più un bambino a cui bisogna bombardare la fantasia senza un attimo di

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