andare oltre il coinvolgimento episodico delle mobilitazioni pacifiste, per orientarsi più consapevolmente fra le diverse alternative dell'idea di pace, criticamente presentate dall'autore dal punto di vista dell'opzione radicale per la "nonviolenza del forte", nel solco della tradizione di Gandhi eMartin Luther King. Un'utile bibliografia ragionata correda il testo di indicazioni di letture semplici e · facilmente reperibili sugli argomenti trattati. Perché associare la segnalazione dei due libri, obiettivamente eterogenei e asimmetrici?' Il duplice sguardo sollecita la formulazione di alcune questioni non scontate, a conclusione di un concitato periodo di confronto, non pri_vo spesso di oscillazioni e reticenze, tra gli schieramenti pro e contro la guerra. Chi si è schierato sul versante pacifista, e mi metto fra questi, non può perdere di vista il quadro emblema.tico di un regime totalitario e repressivo, come quello dell'Iraq, strutturalmente orientato ali' aggressione violenta contro leminoranze (etniche e politiche) interne, e cementato da una macchina bellico-poliziesca tesa di volta in volta alla sfida, non puramente simbolica, di. nemici totali esterni (in primis Israele: persino la propaganda sionista, categoria quanto mai sinistra e polivalente, è considerata un reato punibile con la pena di morte). Quello iracheno non sarà stato il quarto esercito del ·mondo (e neppure il quinto o il sesto, come abbiamo sentito candidamente dichiarare, a guerra finita, per bocca di E. Luttwak, consulente militare presso la Casa Bianca), ma ·certo era il più poderoso dell'area e avrebbe potuto compiere notevoli passi avanti qualora avesse potuto fruire per qualche tempo, senza efficaci sanzioni, déi lauti proventi petroliferi del Kuwait annesso. Il pacifista convinto, dunque, farà bene a non trascurare questo polo del problema, non certo per sposare la causa dell'intervento armato contro un regime feroce (non è questo· d'altronde,. neanche per i bellicisti convinti il · fine dichiarato e dicibile della guerra), bensì piuttosto per non diventare uno specialista della pace che, assumendo a suo antagonista principale l'interventista, prossimo e visibile; rischia di trascurare il terreno dell "'efficacia" dell'im-pegno per la·pace. Impegno che non può limitarsi ali' obiettivo di opporsi alle guerre, ma deve far emergere e prevalere soluzioni alternative, di merito e non solo di metodo, nonviolente e incisive, sul terreno, duro e spigoloso, dei conflitti reali (penso, come esempi negati vi, alla posizione pacifista contraria al sostegno navale dell'embargo dopo l'invasione del Kuwait, o ai bizantinismi del Congresso PDS, nel pieno divampare della guerra, circa la priorità tra cessate il fuoco o ritiro del contingente italiano dal Golfo). Insomma, la vera sfida e banco di prova del pacifismo, per ottenere consensi più solidi e duraturi, è quella di non cedere alla tentazione di i:runimizzare la portata e la pericolosità delle crisi in atto, perché su questo si misura la forza di un'alternativa coe-rentemente ispirata al valore della mediazione. Agli interventisti troppo realisti (e mi riferisco a quelli "democratici", non a quelli "forti", secondo la distinzione di Salio, pp. 69 ILCONTESTO sgg.) sarà invece utile riconsiderare, nell'attuale era atomica confusamente post-bipolare, l'esigenza irriducibile e decisi vaqella posizione culturale e politica, prima che istituzionale, verso la quale è teso l'impegno teorico degli iscritti di Salio e di Galtung: l'adesione tenace cioè ad un punto di vista programmaticamente equidistante fra leparti incausa e capace, proprio nei momenti critici, di indicare con forza la strada della prevenzione e della mediazione dei conflitti. Indubbiamente nella vicenda del Golfo l'ONU non è stato all'altezza di questa parte, ma nemmeno la politica europea, né quella frastagli<1tadella sinistra. · Troppo facilmente l'etica dei risultati, cui si è fatto ampio ricorso da parte degli assertori della guerra attuale come '"male minore" inevitabile, trascura di confrontarsi con un bilancio, in termini davvero effettuali e realistici, del rapporto mezzi-fini, scivolando nel silenzio sui mezzi impiegati (dai bombardamenti a tappeto su città e villaggi ai massacri delle colonne in ritirata) in quanto imperscrutabilmente subordinati alle logiche strategicomilitari. Quanto al fine esplicito dell'operazione Tempesta nel deserto (la liberazione del Kuwait) era forse l'unico che attraverso una strategia dissuasiva e di mediazione non era irragionevole pensare di poter conseguire. Molto meno certa la caduta di Saddam, fine tuttavia · implicito e che, posto che venga raggiunto non può essere limpidamente annesso al computo dei risultati. Quanto al risultato di fondo, i nuovi equilibri nell'area mediorientale, gli esiti della guerra appaiono del tutto impregiudicati.L'etica dei risultati può dunque parimenti concludere a una valutazione di "inefficacia" della guerra. Ciò che pare certo, per il futuro, è che la credibilità e l'esistenza stessa di una sinistra occidentale ed europea si gioca su la capacità di dare corpo al tuttora invisibile "Terzo assente" (per usare la definizione di Bobbio), inteso innanzitutto a mettere in collegam~nto i pezzi comunicabili delle diverse culture e civiltà come premessa di ogni politica di pace. Che si misurerà innanzitutto sulle. capacità di coniugare un drastico controllo sulla politica degli armamenti e del traffico di armi (basti pensare che per la legislazione italiana attuale chi esportasse armi in Iraq, in pieno embargo, rischiava al massimo una modesta multa) con una denuncia e difesa intransigente dei diritti umani contro -i regimi che li vìolino, qualunque sia la loro natura o· dislocazione mondiale. E su questo piano il movimento pacifista ha certo le carte più in regola, per il passato, dei suoi accesi detrattori. Nota 1) Il libro di Norberto Bobbio, ( Unaguerra giusta?, ed. Marsilio, Venezia, marzo 1991), appena uscito e visto quando questo articolo era già stato scritto, potrebbe prestarsi a un confronto perfettamente simmetrico (forse anche troppo, tanto da lasciarlo al lettore) con il libro di Salio. Tempestivo instant-book: raccoglie gli interventi di Bobbio nel corso delle recenti polemiche, preceduti da un bilancio di sintesi a posteriori da parte del filosofo sugli argomenti espressi da lui stesso e dai suoi critici. LA SALAMANDRA Collana diretta da Gabrio Vitali EDGARMORIN AUTOCRITICA Pres~ntazione di Mauro Ceruti L. 24.000 RINA SARAVIRGILLITO INCARNi\ZIONI .DELFUOCO Introduzione di Ernestina Pellegrini L. 22.000 LUIGI MENEGHELLO CHE FATE QUEL GIOVANE? L. 16.000 THOMASBRASCH PRIMA DEI PADRI MUOIONO I FIGLI L. 16.000 SCRIVERE LE VITE Collana diretta da Vanni Bramanti GIOVANNIBOCCACCIO VITA DI DANTE a cura di Paolo Baldan L. 19.000 GIUSEPPECESAREABBA VITADI NINO BIXIO a cura di Ernestina Pellegrini L. 23.000 JACOPONARDI VITADI ANTONIOGIACOMINI a cura di Vanni Bramanti L. 22.000 TORQUATOMALASPINA DELLO .SCRIVERE LE VITE a cura di Vanni Bramanti L. 19.000 DIStRIBUZIONE: GRUPPO EDITORIALE GIUNTI (FIRENZE)
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