SAGGI/BICHSEL da un approccio del tipo "domanda/offerta": il grande ammancoalmeno così mi sembra-sta dalla parte della domanda.C'è troppo poca domanda di libertà di stampa. Quando un sistema economico si trova di fronte a una carenza di domanda in un certo settore, fa di tutto per stimolarla. Non abbiamo, noi giornalisti, lasciato cadere questa opportunità? Non siamo forse stati gli unici ad averne coscienza, gli unici che ne abbiano parzialmente goduto? Forse abbiamo dimenticato di renderla praticabile. Un processo contro un giornalista, in fondo, non è altro che un processo contro un giornalista. Quali siano gli effettivi diritti in gioco in un caso simile, il pubblico non se ne rende conto. Ancora una volta faccio riferimento alla domanda: dove sono quegli appassionati politici, i liberali, per i quali la libertà di stampa è un bene sacro, per il quale si è disposti a intervenire con energia, quando questo può far comodo a un avversario politico? Dove sono i politici per i quali la libertà di opinione e di stampa è la libertà fqndamentale e credono fermamente che non ci si debba preoccupare dell'entità di tutte le altre, quando questa essenziale libertà non viene minimamente esercitata? Ma torniamo al discorso ufficiale, torniamo alla Storia. 1833:"il nuovo sceriffo, un uomo coraggioso, tutto d'un pezzo, di una cittadina del far west entra furibondo nella redazione del giornale locale, in mano ha l'ultima edizione che riporta un articolo piuttosto duro nei confronti di uno dei potenti della città. Lo sceriffo sa bene che quell'articolo è pienamente autorizzato, ma teme che dia luogo a problemi di vario genere ed è totalmente contrario alle provocazioni. Non sto certo a farvi un inventario di quel che c'era in quella redazione: casse di caratteri, piombo, vecchie lampade da tavolo, un uomo chino sulle sue scartoffie. Lo sceriffo gli grida qualcosa, e lui si volta: si tratta di una stupenda ragazza, con la tipica visiera verde calata sugli occhi; è amore a prima vista, lo sceriffo diventa improvvisamente balbuziente. Poi, ecco la terribile storia della ragazza: aveva assistito suo malgrado all'assassinio del padre, dei killer lo avevano fatto fuori mentre stava lavorando al compositoio; i suoi articoli non erano andati giù a uno dei potenti; così, insomma, lei si era trovata a dover proseguire il lavoro del padre e, come lui, anche lei appunto non temeva n~ssuno, e così via ... credo proprio che fosse il 1883. Un piccolo inciso: anch'io faccio parte della generazione di svizzeri che ha ricevuto una buona metà della propria educazione da Hollywood. Credo anzi proprio-e tra l'altro questoaHollywood succederebbe-che sia stataHollywood a farmi diventare socialista. Ma torniamo al nostro Far West: siamo·dunque nel 1883; la proprietaria, editrice, redattrice capo, reporter, compositrice e stampatrice, infine anche rappresentante unica del giornale, una· persona sola per tutto, insomma - com'è stato possibile che i primi idealisti liberali non abbiano pensato altro, sul postulato della libertà di stampa, che non abbiano compreso come un padrone non può aver davvero a che fare con il giornalismo? Non è forse evidente.che oggi i padroni della libertà di stampa son proprio le persone a cui non andava data in mano? E in questo senso non so neppure bene perché un editore debba avere questa libertà. Il suo mestiere è già coperto abbastanza - così mi sembra - dalla sua libertà professionale. Comunque sia, la nostra eroina del far west agiva con grande coraggio, e lo sceriffo, sulle ali dell'amore, non era da meno. 88 Coraggio dei giornalisti, eroismo dei giornalisti: mi chiedo seriamente perché mai in una società che si definisce libera occorra coraggio per poter far uso di un diritto garantito. Anche solo per il fatto che questo diritto lo si ritiene tanto scontato, che nessuno è pronto a difenderlo? Nessuno, dopo la sentenza sul caso lrniger 2 , crede che non sia più possibile scrivere su qualcùno che ha un figlio. Nessuno ci crede, neppure il tribunale. E così, chi scrive se ne resta lì, con la sua insicurezza; d'altronde, non può prescindere dalla sentenza. L'insicurezza è uno strumento di disciplina alquanto amato. Sono convinto che i giudici non volessero davvero pronunciare quella sentenza. Il fatto è che non ci avevano riflettuto seriamente, e proprio questo mi spaventa parecchio. Lo Stato - e qui più che mai lo Stato non può essere "noi tutti" - attribuisce al giornalista delle responsabilità del tutto estranee alla sua essenza e al suo lavoro. Un giornalista non può pubblicare cose in qualche modo considerate segrete, il che vuol dire: lo Stato non· è in grado di mantenerle tali, per cui tocca agli altri farlo. Nessuno, dopo l'apertura pubblica del dossier Novosti3, ha cambiato la propria posizione nei confronti delle disposizioni di legge. Còrpe già tutti sapevano da tempo, dietro a quel caso c'era il vuoto. Ma lo Stato in quell'occasione ha voluto farci credere che la sua delibera e il suo verbale siano stati redatti sulla base di elementi molto più precisi e specifici. Non mi interessa, quindi, quel che lo Stato ha deliberato in quell'occasione, può anche esser stato giusto, il problema risiede nel fatto che il segreto, le famose "cose segrete" erano il nulla assoluto. E mi pare che questa sia una politica pericolosa, perché non è politica, ma semplicemente tattica. Lo Stato spaccia un di più che non c'è con questo trucco della segretezza. Direi che un giornalista dovrebbe render pubblica e commentare una procedura del genere. Perché deve preoccuparsi di evitare che lo Stato si vanifichi nei suoi segreti. E la politica dovrebbe fare in modo che resti segreto quel che lo è veramente .. Lo so bene, la legge è di tutt'altro parere. Ma nonostante questo mi irrito parecchio se penso che i servizi segreti stranieri sono più e meglio al corrente sulla nostra politica di quanto non lo sia il cittadino comune. E sospetto fortemente che lo Stato preferisca nascondere le cose ai suoi cittadini piuttosto che agli stranieri. Ma in un simile stato di precarietà la democrazia corre il rischio di morire. Dobbiamo pur sempre utilizzare la libertà che ci proponiamo di difendere. Ma, come sempre, le storie sono più divertenti. Eccovene una, arriva dalla Ddr. Un re, un uomo davvero sgradevole - l'occhio sinistro era ridotto a una cicatrice-orribile a vedersi, la gamba destra era più corta della sinistra - un giorno rese pubblico un annuncio: "Chi sarà capace di ritrarmi come sono veramente riceverà metà del mio regno. Chi non ce la farà, tuttavia, dovrà morire." Giunsero così parecchi pittori, lo ritrassero chi in modo impressionistico, chi usando altre tecniche, ma tutti cercavano di correggere un poco i Iati più sgradevoli del suo aspett-0.Il re esaminò le varie opere e disse: "Molto belli, davvero. Comunque sia, mi avete forse preso per cretino? Non sono certo come mi avete dipinto. Via la testa." Fu poi la volta di un pittore che credeva che il re fosse illuminato e realista. Così lo ritrasse in modo iperrealistico, in pratica fotograficamente, e il re disse: "Ottimo risultato, però così non mi piaccio. Via la testa."
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