Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

RITRAno DI NELSON ALGREN Tommaso Joannucci "Simone de Beauvoirne/ Mandarini mi diede un altro nome, ma in un libro successivo, credo si chiamasse Laforza delle cose, ha cercato di trasformare il nostro rapporto in una grossa storia letteraria internazionale, chiamandomi per nome e citando brani delle mie lettere. Doveva aver proprio bisogno di qualcosa di cui scrivere o forse credeva di essere un'altra Colette. L'editore mi chiese il permesso di citare le lettere. Ci ho pensato qualche giorno e alla fine, riluttante, ho detto sì. Che diavolo, le lettere d'amore dovrebbero restare private. Sono stato nei bordelli di mezzo mondo e le donne lì chiudono sempi:e la porta, in India come in Corea. Ma questa qui ha spalancato la porta e ha chiamato a vedere il pubblico e la stampa. Così altre donne hanno cominciato a scrivermi e sono venute anche a·bussare alla mia porta. Dio, è stato tremendo. Non provo astio contro di lei, ma credo che si sia comportata in modo terribile. Forse è un modo europeo di vedere le cose". Così, pieno d'amarezza, poche ore prima di morire per un infarto nel 1981, lo scrittore americano Nelson Algren raccontò a W. J. Weatherby il triste epilogo della h.1ngae tormentata passione tra lui e la scrittrice francese. Una storia d'amore che aveva fatto colare parecchio inchiostro (anche quello dei due protagonisti: Simone ci aveva fatto un libro, forse due, come ricorda Algren; Nelson, più riservato, con una diversa concezione della scrittura, le scrisse comunque migliaia di lettere); l'unica delle relazioni di Simone che avesse veramente preoccupato Sartre per l'intensità e la sensualità di quel legame; una storia d'amore tra persone assai diverse, provenienti da mondi così differenti, una storia d'amore tra due continenti: la vecchia Europa e la selvaggia America. Chi era Nelson Algren, quest'uomo cui Simone de Beauvoir scriveva appassionate lettere che iniziavano con "Mio amato marito: io sono tua moglie", che lei portò in Europa e fece · conoscere negli ambienti della Rive Gauche e fece pubblicare da Gallimard (uno dei libri nella traduzione di Boris Vian) e che anche da noi negli anni Cinquanta ebbe un improvviso successo (Vittorini, entusiasta, lo pubblicò da Einaudi e nella Medusa di Mondadori)? Per conoscerlo, si può leggere, oltre ai succitati libri della Beauvoire ai romanzi di Algren (di cui uno, Mai venga il mattino, è riproposto proprio in questi giorni dalle Edizioni e/ o, una ricca e interessante biografia pubblicata recentemente negli Stati Uniti: NelsonAlgren,A Life on the WildSidedi Bettina Drev, edito da Putnam's Sons. Algren veniva da una famiglia di ebrei emigrati in America alla fine dell'Ottocento. Il nonno era un visionario che, diviso tra sionismo, socialismo e Talmud, abbandonò moglie e figli. Il padre di Algren era un meccanico, un uomo timido schiacciato da una moglie ambiziosa che iutta la vita gli rimproverò di non saper far soldi. Algren non ebbe mai un buon rapporto con i genitori (e nemmeno con i soldi) e se ne andò presto di casa. A 22 anni, dopo quattro anni di college, era già sulla strada. Era il 1931 e le strade dell'America erano percorse da centinaia di migliaia di persone colpite dalla grande crisi economica. Nelson Ouesta e le foto successive di Nelson Algreri sano di Dick Shay, dal suo volume Nelson Algren's Chicago (Archivio Giovannetti) si aggregò a questo esercito di vagabondi, disoccupati, lavoratori stagionali, gente che viveva alla giornata, sui tetti dei treni, dormiva nei fossi, entrava e usciva di prigione, si muoveva incessantemente senz'altro scopo che quello di "svoltare" la giornata. Quell'esperienza lo marcò moltissimo. Già al college aveva sviluppato un interesse per la criminologia e in genere per tutto ciò che riguardava il mondo dei vinti, degli emarginati, e aveva lavorato qua e là per la cronaca nera di qualche giornale. Ma vivere assieme, allo stesso modo, con i losers del crudele gioco capitalistiéo, fu l'esperienza decisi va. Molti anni dopo diceva ancora che quella stagione degli anni Venti e Trenta, in cui scrittori come Steinbeck, Faulkner, Dreiser, Sandburg, Lewis, Wright, Roth e tanti altri, vivevano in povertà senza la "preoccupazione" del benessere, dediti solo alla scrittura e al rapporto intenso con la realtà dal quale solo nasce la letteratura, quella stagione ~ra stata unica e aveva prodotto la grande narrativa americana del Novecento. 77

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