SCIENZA/BATESON in termini di competizione è che si verifichi ciò che ci si aspetta. La fiducia, che è condizione necessaria per la cooperazione volontaria, è avvelenata. Come possiamo ottenere, senza fiducia, che la · gente compia le attività concertate che sono richieste dal moderno stato industriale? Possiamo, naturalmente, comperarla; possiamo ' riuscire a manipolarla sottilmente_o, quando siano falliti tutti gli altri mezzi, possiamo costringerla. Ma alla fine non resta molto del sentimento di appartenenza alla stessa comunità della nostra forza lavoro. In uno stato democratico, un modello di comportamento sociale basato sulla pura competizione distrugge la base per cui la gente lavora insieme.con piacere e fiducia. Voglio concludere considerando un'altra questione molto preoccupante che solleva il problema della fiducia. Come tutti sappiamo, il modello di comportamento umano basato sulla competizione è stato esteso agli affari internazionali. Nell'attuale dibattito sulla corsa agli armamenti tra le potenze occidentali e l'Unione Sovietica, spesso si sostiene che gli"stati possono raggiungere la stabilità solo attraverso la forza. Questa ·è stata Ia giustificazione per l'immensa quantità di risorse materiali e umane gettate negli armamenti. Il punto di vista convenzionale è che, senza tener conto dei suoi costi, questa politica ha funzionato. La .pace in Europa è stata mantenuta dal 1945 grazie alle armi nucleari. Il legame causale è stabilito in base alla semplice associazione dei fatti. Nello stesso modo potrei dimostrare che l'assenza di neve in estate è dovuta alla presenza dei cuculi. I 40 anni di pace europea potrebbero essere stati dovuti a qualcosa di diverso dalle armi nucleari, come la prosperità mai vista in precedenza dalle due parti della Cortina di Ferro. Ma ammettendo che il punto di vista convenzionale sia corretto, la politica della deterrenza può continuare a funzionare per sempre? Il _non uso del sensibilissimo grilletto sulla spaventosa macchina che abbiamo costruito dipende dalla razionalità umana, da molta fortuna e da nient'altro. Siamo abbastanza vicini alla guerra delle Falkland per ricordare fin troppo bene con quanta rapidità la ragione sia svanita di fronte all'indignazione. La gente arrabbiat:;i o spaventata non calcola bene i costi delle proprie azioni. Nonvoglio naturalmente affermare che gli esseri umani non siano mai distolti dal compiere azioni aggressive dal pensiero che essi stessi potrebbero uscirne feriti. Ma affermo che nel comportamento umano c'è molto più del semplice calcolo razionale dei probabili costi e benefici. In circostanze particolari ci si può aspettare che sia i governanti che i governati facciano delle cose molto stupide. È un pensiero che spaventa, dati gli enormi arsenali posseduti da entrambe le parti e l 'i.mplausibilità della fantasia secondo cui in qualche modo la ricerca scientifica produrrà una difesa perfetta. Nella misura in cui-la predisposizione umana a combattere era adatta in passato ad affrontare sfide particolari da parte di altri esseri umani, i benefici a lungo termine di questo comportamento devono aver superato i costi. La preoccupazione è che l'inconscia risposta alla provocazione è costruita su una stima dei costi che è totalmente sfasata nelle circostanze attuali. Di qualunque tipo siano stati i processi biologici e storici che hanno favorito il comportamento bellico negli uomini, essi non potevano prevedere il potere che è adesso nelle nostre mani. Questi processi operavano in condizioni che non esistono più. Inoltre, noi non siamo necessariamente consapevoli dei modi in cui il nostro stesso comporta70 mento è influenzato dai fatti del passato. Ecco perché la gente è capace di compiere azioni assolutamente prive di senso in un' epoca nucleare. Come disse Einstein: "L'energia liberata dall'atomo ha cambiato tutto, tranne il nostro modo di pensare". È possibile fare qualcosa? Vorrei suggerire che la risposta è ancora una volta nella natura della fiducia. Gli uomini hanno una ben nota capacità di considerare uno straniero di cui hanno paura come non-umano e quindi come un ogg~tto adatto al macello. L'altra faccia di _taleferocia è la dispoùibilità umana a cooperare in maniera notevole - particolarmente con coloro che conosciamo bene. È un'ironia della sorte che la nostra disponibilità a rischiare le nostre vite per distruggere i nostri nemici sia parte della nostra straordinaria abilità a lavorare (e, di fatto, a morire) per quelli che consideriamo i nostri. Faremmo bene a considerare molto attentamente le condizioni in cui nasce questo sentimento di dedizione e le circostanze in cui crolla la coopera-_, zione. L'equilibrio tra competizione e cooperazione cambia naturalmente a secotlda delle circostanze. Ma noi siamo in grado di creare queste circostanze. La convinzione che non ci si debba ·fidare di nessuno, da questo punto di vista, ha un allarmante carattere di auto-conferma. Le condizioni per lavorare insieme sfuggono rapidamente al di fuori delle nostre possibilità. Se la competizione è considerata l'unica modalità dell'esistenza umana, abbiamo c~eato le condizioni in cui questo diventa vero. Il processo può essere capovolto se lavoriamo attivamente contro uno stile di pensiero che mette tutto l'accento sullo scontro. Altrimenti, lo stile aggressivo dei nostri politici manterrà in vita la corsa agli armamenti e porte1::à inevitabilmente a}l'uso di quelle armi in un 'momento di cieco irrazionalismo. Dobbiamo perciò chiarire dove sta secondo noi il vero pericolo. Le differenze tra l'Unione Sovieticà e l 'Occidentè sono sciocchezze rispetto alla tirannide della fame e della malattia che affligge la maggior parte degli abitanti del pianeta. Eppure c'è sicuramente una possibilità che, nella nostra ossessione monomaniacale delle differénze politiche, noi muteremo il mondo in un luogo buio, freddo e disabitato. Il controllo delle possibili sorgenti di conflitto coinvolgerà un enorme grado di comprensione reciproca. Ma sembra chiaro che non si raggiungerà mai la cooperazione necessaria se permane l'attuale clima di sfiducia. La conclusione mi sembra inevitabile. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo accettare il fatto che coloro che trattiamo come nemici sono compagni che dipendono da noi esattamente come noi dipendiamo da loro. Poco prima di morire, Martin Ryle scrisse: "La nostra intelligenza è prodigiosamente cresciuta - ma non la nostra saggezza". Aveva ragione, ma possiamo fare qualcosa. U~ centro di pensiero come la nostra Università può fare la sua parte nel curare la pazzesca preoccupazione che ha un'unica causa e un unico scopo da raggiungere. Lo stesso studio accademico è in fin dei conti un'avventura di cooperazione e dipende in maniera fondamentale dalla fiducia. Dobbiamo proclamarlo ad alta voce. Il coinvolgimento con gli altri avviene in ogni aspetto della nostra v"ita. Dobbiamo denunciare il punto di vista secondo cui questo è un semplice limite all'ambizione individuale. La cooperazione dovrebbe essere vista per quello che è, una parte essenziale e piacevole dell'essere uomini. Copyright Patrick Bateson 1985.
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