Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

convocazione dell'elettorato di quei territori per dare vita a una rappresentanza palestinese locale che tratti con gli occupanti, purché alle trattative sia dato l'avvio. È da presumere che il governo Usa abbia colto segni di disponibilità dei regimi arabi a sedersi allo stesso tavolo con i rappresentanti dello stato ebraico - e sarebbe una svolta storica-, a meno che si tratti soltanto di un'idea lanciata anche allo scopo di saggiare le loro reazioni. L'Olp sembra fuori gioco. Yasser Arafat sperava di scongiurare la minaccia della guerra con i suoi tentativi di mediazione durante gli oltre cinque mesi che l'hanno preceduta; il successo gli avrebbe dato l'aureola dell'uomo in grado di salvare la pace, a vantaggio della lottà nazionale palestinese. Ha invece fallito, dopo che si era astenuto dall'opporre resistenza al dilagare dei sentimenti filoiracheni della base e che i raggruppamenti estremisti del movimento _sierano fin dal primo momento messi al servizio di Baghdad. È isolato, senza più i soldi dell'Arabia Saudita e del Kuwait che davano forza determinante alla sua conduzione, inviso alla maggioranza dei governi arabi, sprecata buona parte della fiducia che aveva riscosso in campo internazionale. Tra _lepopolazioni palestinesi, soprattutto nei territori occupati da Israele, gli uomini del gruppo arafatiano cercano di recuperare il ruolo ora compromesso. Tra gli israeliani i pacifisti che vedevano in Arafat l'interlocutore s·ono incerti. Sarà una pace non facile, in Medio Oriente. Ma sempre meglio della guerra, è chiaro. Il fronte interno. Come nasce una cultura 'di guerra Marino Sinibaldi Cattive notizie dal fronte, mentre scrivo. In meno di un mese, la guerra: del Golfo .ha già rivelato di essere tutt'altra cosa da quella che annunciavano gli ipocriti uomini politici e i compiacenti mass media occidentali. La favola dell '"operazione chirurgica" si è rapidamente dissolta per lasciare spazio alla ferocia della realtà. I pacifisti avranno tanti difetti, ma finora si sono avverate le loro più impietose previsioni. Soprattutto questa: lungi dall'evitare il contagio del radicalismo islamico, la guerra dei "ventisei contro uno" ha glorificato Saddam, ormai, comunque vada, eroe per milioni di disperati dal Maghreb ali 'Estremo Oriente. E, comunque vada, il problema di un fondamentalismo estraneo non solo a tutte le nostre tradizioni, ma anche a tutti i nostri paradigmi, modelli, caQali di comunicazione, comincia da queste settimane ad apparire come l'incognita decisiva della convivenza internazionale, in una fine secolo che immaginavamo radiosa e pacificata. Ma di questo si è scritto tanto e tanto purtroppo si scriverà ancora, anche su "Linea d'ombra". Ma cattive notizie dal fronte interno, soprattutto. Gli effetti della guerra sugli italiani sono già evidenti e saranno sempre più devastanti. Sperando che la guerra finisca presto (e anzi augurandosi che sia già terminata quando queste pagine saranno stampate), bisognerà tenerli d'occhio, quegli effetti: per combatterli, naturalmente, per evitare che anche la pace si militarizzi, come è stato scritto. Ma intanto per capirli; perché nei mutamenti della mentalità collettiva degli italiani di fronte alla guerra si specchierà e si accelererà la trasformazione in corso del carattere nazionale. In tempi di guerra, cambiamenti e oscillazioni assumono un ritmo veloce, e forse la registrazione che tenterò di abbozzare in IL CONTESTO queste righe apparirà già superata a chi le leggerà. Ma quella trasformazione va seguita giorno per giorno e bisogna provare a capirla in ogni suo passaggio. A partire dai segnali ini2;iali,nei giorni della scadenza dell 'ultimatum. Quell'attesa ansiosa e-angosciata che si affacciava nei volti e le parole di tanta gente, dentro e fuori le veglie, la manifestazioni, le discussioni, è stato il segno di qualcosa che resiste, di una sensibilità minoritaria ma diffusa che, nei passaggi cruciali (e crudeli), nelle precipitazioni dello "stato delle cose", dissente. È una resistenza fragile per le sue interne ambiguità e insufficienze e perché è circondata,-quasi assediata, da comportamenti e reazioni diverse. Come, in quegli stessi giorni, il fenomeno degli accaparramenti, quella folle corsa alle merci che non ha avuto eguali nel mondo, neanche nella prima linea del conf1itto. Sarebbe facile liquidare il consumismo sgomento e terrorista di quei comportamenti. Sarebbe facile dividere in due gli italiani, di qua i sensibili di là gli accaparratori. Tutto è stato invece più equivoco e confuso (a parte certi comportamenti estremi, esemplari nella loro nitidezza "sociologica": prendete i negozianti, veri eroi del nostro tempo, degni eredi di una Italia bottegaia e meschina che ha attraversato, producendole o adattandovisi, tutte le porcherie della nostra storia; i negozianti, usciti dagli anni Ottanta da trionfatori: straricchi, premiati dal fisco, gratificati dall'ascesa sociale del loro valore-guida, il denaro, blanditi e ambiti dai due grandi mercati del decennio, quello pubblicitario e quello finanziario. In queste settimane, aumentando arbitrariamente e impunemente i prezzi, hanno mostrato che ci sono ancora italiani disposti a tutto: anche a prendere per il collo, eventualmente, un paese affamato). Ma a parte questi casi appunto estremi, tutto è convissuto con tutto: il coinvolgimento con l'indifferenza, il panico con il senso di responsabilità, la compassione con il cinismo, l'obiettività con le mistificazioni (e una con l'altra, specularmente, le opposte falsificazioni). L'Italia sull'orlo della. guerra ha lasciato scorgere un denso grumo di sentimenti, insieme esibiti e inespressi. L'informazione, in gran parte inefficace a dire, a spiegare il conflitto che si preparava, è stata clamorosamente incapace di raccogliere quello che succedeva, le parole e i sentimenti che si sono mossi e mescolati in quei giorni. Poi la guerra è scoppiata, e come su un ripido piano inclinato quella sensibilità ambivalente è rotolata via,. sostituita da sentimenti meno "aperti", anzi sempre più netti e solidi. Del resto proprio per la sua natura la guerra mette in moto sentimenti Disegno di Alton !Copyright QÙipos, do "Ponoromo") i.,,AGVE-RRAtvOl\l E. G,1US1A O fNblUS'iA·. 1:,' UTI L.E.. 5

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