Per Olov Enquist. esercito dà l'impressione di organizzazione, ranghi in marcia, e resistenza chiaramente definita. Tutto questo non c'è qui. Ma ci sono coloro che sono stati resi inutili, e saranno sempre di più. Quindici anni dopo le rivolte giovanili degli anni Sessanta, in altre parole, ce n'è un'altra; ma questa sernbra molto diversa. La rivolta studentesca in mezzo a cui mi sono trovato una volta a Berlino non ha molto in comune con ciò a cui mi trovo in mezzo oggi a Norrebro, Copenaghen. È successo qualcosa. · In quel caso si era di fronte a una rivolta giovanile con una base di classe chiaramente definita: erano i figli della classe dominante che si ribellavano contro la fede nell'autorità e i vecchi sistemi scolastici. Una rivolta - alrneno nelle IIJetropoli europee-'- con una sovrastruttura teorica straordinariamente ben sviluppata e che, inoltre, metteva in discussione l'intera struttura della società capitalista. La rivolta fece scorrere fiumi di inchiostro e fu molto breve, ìn parte perché rappresentò uno scontro all'interno della classe dominante. Quando tutto fu finito, furono fatti un gran numero di apprezzamenti appassionati e contrastanti su ciò che era avvenuto · in realtà, il che era ovvio, dal momento che i pàrtecipanti venivano da una classe abituata a esprimersi. Il riscontro più breve - e forse anche più significativo - l'ho trovato in un articolo uscito recentemente in Danimarca su una persona che aveva appena.ottenuto un importante posto di lavoro come direttore di una banca. Nella lunga lista di referenze, subito dopo "esperienza di lavoro nella Banca Mondiale", ma prima di "servizio all'Onu", era inclusa anche la_ referenza non necessaria "due anni nella rivolta studentesca". Compiuta questa esperienza professionale, il no_strouomo si spostò semplicemente verso l'alto per assumere il suo posto dominante nell'amministrazione centrale, occupando la posizione per lui naturale nella gerarchia - cioè la più alta. La rivolta degli anni Sessanta fu un prodotto della crescita economica, un momento di rottura strutturale reso possibile dalla fede novecentesca nel progresso al suo culmine, subito prima che . la curva cominciasse a scendere. Naturalmente anche i profeti di sventura degli anni Sessanta che tuonavano quanto potevano hanno sotto sotto un tono di sicurezza particolare: la rivoluzione sarà un inferno rimbombante, dice questa sicurezza, ma ci sarà. Il cambiamento è inevitabile: e questa fede nel progresso rispecchia SAGGI/ENQUIST la fiducia che un grande numero di paesi industrializzati europei hanno in ogni caso nutrito. La ri-voltadegli anni Ottanta sembra essere di un altro tipo. Tanto per cominciare, la base di classe è molto diversa. Adesso vediamo il Lunipenproletariat della crisi e del declino con le pietre in mano; poco interessato ai sogni socialdemocratici di costruzione di una società forte, a concetti come la "solidarietà" o I "'uguaglianza", alla ribellione contro i paqri - dal momento che essi non hanno mai avuto alcuna autorità; un Lumpenproletariat senza speranza, poiché nessuno l'ha mai convinto che la speranza esiste, né per il lavoro, né per il tempo libero;· infine, disinteressato alla scelta tra rivoluzione e lunga marcia attraverso le istituzioni, poiché pochi di loro hanno letto qualche libro, e le istituzioni appartengono a un'altra classe: gli istruiti, le forze dominanti. Poiché per loro la speranza e l'utopia non sono mai state articolate, non sono né disperati né delusi. Non sono nulla.,Molte persone di sinistra tendono a prendersela proprio per questo carattere apolitico della rivolta degli anni Ottanta - o per i suoi aspetti apertamente reazionari. Sembra che pochi individui interessati all'ecologia o ai problemi sociali vadano mano nella mano con un grande numero di apolitici, populisti o seguaci dell'utopismo di ·déstra: gente senza basi culturali, disoccupati, anarchici di destra, e giovani anti-sindacato che vedono ogni organizzazione come un nemico - o anche còn punk, skin-head, tossici, mistici religiosi e dio sa cos'altro. Naturalmente ciò che unisce tutte queste posizioni politiche disparate sono molto semplicemente i bisogni fisici fondamentali -cibo, calore, vestiario, sesso e sopravvivenza-e la consapevolezza che nessuno di loro mai entrerà a far parte della maggioranza dei fortunati, mai avrà un'istruzione o un lavoro. Essi. appartengono alla nuova contro-società scandinava, un fenomeno sostanzialmente nuovo in un mondo basato sul concetto di appartenenza a, e non di contrasto con·, una società. È una contro-società che sta crescendo e continuerà a crescere, soprattutto considerando che la disoccupazione è strutturale e in aumento e che l'esercito di coloro che sono stati resi inutili ne fa parte. Così in questi giorni di autunno del 1983 cammino per Norrebro che potrebbe essere la prima manifestazione degli anni Ottanta in Scandinavia, e davvero non so se sono un buon testimone. Ma cerco di chiarire a me stesso gli elementi che nonostante tutto consentono di descrivere questo movimento difficilmente definibile e assolutamente non-scandinavo, che potrebbe contenere un po' del futuro mondo scandinavo. Che cosa mi rende così critico? Innanzitutto, la rivolta degli anni Ottanta è priva di una motivazione ideologica. L'esercito di coloro che sono stati resi inutili non è affatto formato da anti-capitalisti, e la maggior parte di loro non ha idea di cosa sia il Marxismo. La rivolta non è basata su una teoria; piuttosto, si esprime senza parole, al massimo in graffiti. La maggior parte di loro tende a vedere ogni tentativo di articolaziont! come una trappola, ogni interpretazione come un agguato. Si tratta di un movimento emotivo, al contrario di quello intellettuale degli anni Sessanta, che porta alcune persone a parlare di una nuova base per il fascismo, che senza dubbio non se ne è ancora accorto. In secondo luogo, è descrittivo piuttosto che analitico. Non protesta contro l'ingiustizia, la sofferenza, il privilegio o la disoc59
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