· IL CONTESTO Alla· fine di Appunti.sul dopoguerra _Joaquìn Sokolowicz Grandi manovre politiche internazionali per organizzare il dopoguerra. Le hanno avviate gli americani prima ancora di cominciare i bombardam!;:nti,altre contrapposte sono scattate da parte sovietica quando erano ormai in pieno sviluppo l'offensiva alleata e le risposte belliche irachene basate su criteri di guerriglia con l'uso di armi sofisticate. Gli americani puntano a un Medio Oriente sotto la loro egemonia e senza più scosse; i sovietici, indeboliti, prendono contromisure per impedire tale egemonia sull 'interaregione. È dunque in gioco il futuro della "distensione" mondiale anche per il rafforzamento che all'interno dell'Unione Sovietica possono trarre i settori antigorbacioviani dalle reazioni, soprattutto dei militari, contro l'espansione politièo-strategica degli Stati Uniti su un'area così importante. (Ammesso che i rapporti d'intesa tra Washington e Mosca non fossero già compromessi dai tentativi di quest'ultima di fermare la guerra a metà, forse anche tendenti a ostacolare i piani della prima per dopo il previsto successo bellico.) Nei disegni prefigurati dagli americanj e che allamiano i sovietici, si cerca di inserire quei paesi - dal ruolo ancora imprecisato - che a livello regionale sono, vogliono diventare o sperano di tornare a essere potenze: Israele, Siria, Iran. È nato con la guerra un asse interarabo Egitto-Siria-Arabia Saudita oggi interlocutore privilegiato degli Stati Uniti. Non è detto che il regime siriano, che da tanto tempo progetta la sua consacrazione come maggiore protagonista del mondo arabomediorientale, resti molto a lungo sulla sua attuale posizione. Siccome è però rimasto senza la protezione sovietica, determinante per un ventennio, e ha bisogno più di prima dei soldi che gli versa la monarchia saudita, sfrutta i benefici dell'avvicinamento a Washington nell'attuale circostanza; in ogni caso oggi è scopo prioritario del capo siriano Afez Assad, la distruzione del regime iracheno di Saddam Hussein, suo nemico da sempre. La Siria è · temibile per l'arsenale di cui dispone, anche se considerato dagli esperti inferiore a quello dell'Irak; stando a notizie apparse su qualche pubblicazione attendibile, in questi ultimi· mesi Assad avrebbe ricevuto da ambienti militari sovietici l'offerta di una ripresa delle forniture belliche sia pure limitate agli ultimi modelli di certi armamenti. I paesi arabi partecipanti all'alleanza anti-iraehena diretta dagli Stati Uniti, si preparano, guidati dall'Arabia Saudita e l'Egitto, a una nuova era di pace che mediante meccanismi di difesa reciproca, intese per una distribuzione allargata al gruppo delle grand~ricchezDisegno di Andrea Rauch. 4 una guerra ze ricevute dal petrolio e assistenza finanziaria a paesi musulmani non arabi vicini possano scongiurare in futuro il pericolo della ricomparsa di personaggi tipo Saddam e bloccare l'espansione dei movimenti popolari che, oltre a opporsi ai propri regimi, spingono perché siano scatenate guerre dei musulmani contro gli "infedeli", degli arabi contro gli imperialisti, _deipopoli poveri contro i paesi ricchi. Alla prima riunione congiunta dei governi di questi paesi, al Cairo, il Marocco ha però preferito non partecipare: avrebbero potuto insorgere i gruppi fondamentalisti in crescita tra la sua popolazione. Per le stesse ragioni che suggeriscono ai governi arabi filoamericani di progettare modelli di intercollaborazione per quando la guerra sarà finita c'è, tra gli analisti politici, chi per i propri paesi prevede l'avvio di processi di democratizzazione. Se così sarà, non potrebbe trattarsi che di processi molto lunghi: i moti di protesta popolare organizzati da settori di varia matrice attorno al fenomeno del fondamentalismo islamico dovrebbero anzi provocare ondate di forte repressione e quindi il rinvio delle eventuali aperture. , L'Iran (musulmano non arabo) si riprende dai disastri della lunga guerra con gli iracheni e, attraverso l'abilità politica del pragmatico presidente Rafsanjani, che almeno finora è riuscito a contenere l'influenza dei settori del regime aggrappati al fanatismo integralista dello scomparso Khomeini, si accinge a ricostruire le strutture economiche e militari che prima dell'irruzione dei fondamentalisti al potere gli davano forza contrattuale nell'ambito regionale. Oggi si lascia coccolare da Mosca e non disdegna i corteggiamenti di Washington. Gli americani prevedono l'istituzione in Medio Oriente di diverse zone demilitarizzate. Non sarà facile raggiungere questo scopo, salvo a spese di un Irak senza voce in capitolo dopo una disfatta. Agli israeliani hanno proposto, anche per rafforzare i propri rapporti di neonata collaborazione con la Siria, di lasciare il Golan (territorio ex siriano da essi annesso) al controllo di una forza internazionale. Una risposta negativa è venuta presto dal primo ministro Shamir; dalle alture del Golan, che sovrastano il Nord-Est di Israele, un tempo i soldati siriani sparavano spesso verso l'altra parte di quella che era allora la frontiera. Il rifiuto potrebbe forse rovesciarsi un giorno, se i due vicini-nemici firmassero un trattato di pace, ma questa eventualità appare al momento improbabile. Gli Stati Uniti vogliono risolvere una volta pe,rtutte il problema palestinese, fonte e pretesto di tanti conflitti mediorientali, anche per assicurarsi l'amicizia dei paesi arabi. Gli israeliani subiranno forti pressioni da Washington, da dove già il Dipartimento di stato ha tirato fuori una formula nuova per neutralizzare la resistenza del governo ultranazionalista e di estrema destra al potere aGerusalemme, una formula che assume proprio le proposte fatte da questo governo con il proposito contrario, verosimilmente, di rinviare indefinitamente l'abbandono dei territori occupati. Gli americani hanno infatti prospettato la ricerca di un accordo attraverso negoziati fra Israele e i paesi arabi, con la partecipazione di "palestinesi" non meglio identificati; come dire che Shamir può anche realizzare il suo piano che prevede la
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