EST E OVEST, GUERRA E PACE Incontro con Noam Chomsky a cura di Paolo Detragiache e Andrea Moro Chomsky non è solo Andrea Moro Nel 1957 veniva pubblicato, quasi casualmente, il breve riassunto di un ponderoso volume sulla struttura logica del linguaggio, elaborato dallo stesso autore come dispense per un corso che teneva in quel periodo. L'autore, allora ventinovenne, era Noam Chomsky che a quel tempo lavorava in un posto per il quale nessun linguista avrebbe scommesso un soldo: il "Massachussetts lnstitute of Technology", il MIT, di Boston. Con quel libro, lanciato alla notorietà internazionale da una lucida quanto coraggiosa recensione di un autorevole linguista, Robert Lees, si inauguravano simultaneamente due discipline il corso delle quali non è ancora stato esaurito: la teoria dei linguaggi formali da una parte e la teoria delle grammatiche delle lingue naturali dall'altra. Chomsky, dopo aver contribuito allo sviluppo dei due filoni con una produzione sempre fondamentale, decise di occuparsi prevalentemente del secondo dei due campi. La "rivoluzione copernicana" di Chomsky è scaturita quasi naturalmente dalla combinazione originale di due esperienze: da una parte stava la competenza in ambito logico-matematico (ed il fatto che al MIT circolasse la cosiddetta teoria dell'i formazione di Shannon che riduceva la lingua ad un insieme di strutture lineari piatte e la linguistica ad un'indagine statistica sulla frequenza dei componenti); dall'altra la perfetta conoscenza delle sofisticate tecniche di analisi linguistica elaborate ex novo in ambito americano per disporre di strumenti adatti a descrivere anche lingue "esotiche" come quelle dei Pellerossa. Egli spinse al massimo le teorie linguistiche contemporanee portando al punto di rottura il paradigma corrente e dimostrò costruttivamente l'inadeguatezza dei modelli formali utilizzati in ambito informatico. Prendendo un campione ragionevolmente ricco di frasi di qualsiasi lingua umana mostrò che una grammatica per quella lingua, cioè in prima approssimazione un dispositivo che a partire dalle parole isolate costruisca o, tecnicamente, "generi" in modo esplicito e non ambiguo tutte e solo le frasi di quella lingua, va inscritto nella classe delle funzioni ricorsive, quegli oggetti astratti, per dirlo in modo accessibile, che costruiscono strutture complesse a partire dalla ripetizione iterata di strutture semplici. Questo dispositivo generatore, dirà più tardi Chomsky, non poteva che essere considerato come "già" presente nella mente di un bambino quando apprende l'uso di una lingua. Il lavoro di Chomsky giungeva così a porre le basi metodologiche per la costituzione di un programma di ricerca psicologica le cui origini affondano (anche esplicitamente) nei primordi della cultura greca e, attraverso il medioevo e poi Cartesio, giungono fino alla scuola di Port Royal: mostrare che le lingue umane, tutte le lingue umane, non sono per certi aspetti che la stessa struttura, una sorta di variazione su di un tema precedente a qualsiasi esperienza individuale, vale a dire ereditato geneticamente. Questo scheletro, regolare come un cristallo, ammetterebbe delle variazioni minime mà così intricate da produrre tutto l'ampio spettro delle differenze che distinguono le lingue umane. Naturalmente, la forma e l'ampiezza delle variazioni possibili sono seppellite oltre il limit~ dell'introspezione diretta e compito del linguista diventa quello di esplorare le complessità apparenti secondo quello "stile galileiano" di ricerca che consiste nel ricostruire la semplicità soggiacente dopo un lavoro di ricomposizione dei dati empirici ad un livello più astratto. È questo ciò che Chomsky definisce una soluzione al problema di Platone: mostrare come possa un essere umano giungere a padroneggiare spontaneamente una costruzione così complessa come una lingua umana in così breve tempo, sulla base di dati disponibili così scarsi e disarticolati e, soprattutto, solo in quella fase della crescita di un individuo nella quale le operazioni astratte sono appena abbozzate. La linguistica inaugurava di fatto quella "rivoluzione cognitivista" che caratterizza tuttora parte del panorama filosofico e scientifico della ricerca avanzata e si costituiva come modello epistemologico ed operativo per altre discipline come la teoria della visione. Questo è, secondo Chomsky, il passaggio obbligato per accedere ad un successivo livello nel quale alcuni aspetti fondamentali della mente umana possano essere indagati nei termini della neurologia, della biologia molecolare e, in. definitiva, dei principi fisici. Storicamente, come ama ricordare Chomsky, siamo in una fase di ricerca che corrisponde a quello della genetica quando si utilizzava il concetto di gene senza che fosse nofa la sua base fisica. Non è un punto di arrivo ma non è neppure un vicolo cieco. Di fatto è venuto con ciò a cadere quel dogma che distingue a priori le scienze dell'uomo dalle scienze empiriche, per tanto tempo spartiacque sul quale si sono organizzati i vari circuiti accademici. Oggi, la linguistica chomskyana costituisce un riferimento obbligatorio per chi si voglia accostare seriamente alla ricerca scientifica in campo linguistico ed il programma di ricerca è ad uno studio avanzato e di completa autonomia metodologica al pari della altre scienze empiriche storicamente già affermate. La personalità di Chomsky, tuttavia, non sarebbe descritta completamente se non si indicasse una componente distinta che, paradossalmente, fu proprio ali' origine degli interessi scientifici del giovane Chomsky. La sua intenzione, da giovane ebreo figlio di un immigrato russo esperto della lingua ebraica, era quella di andarsene dall'ambiente di Philadelphia per poter partecipare in prima persona ali' attività di un Kibbuz nel quale si lavorava concretamente in favore della cooperazione arabo-ebraica. 49
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