Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

CONFRONTI di gravità. Ragazzi vendono focacce rotonde situate in certe cassette di bambù appoggiate per terra. Migliaia di piccole botteghe espongono le loro merci, in maniera antica, i venditori non sono, né insistenti, né invadenti. La povertà sfiora la miseria. Passano. portatori di acqua, venditori ambulanti di caffè. La strada di Bain-el Qasrain, titolo del primo libro della Trilogia del Cairo (ed. it. Pironti), l'opera più importante di Mahfuz, ha cambiato nome già due volte, sul muro ocra le targhe sono tre. Se il nome è cambiato i personaggi che animano la strada sono senza tempo, anche se i giorni sono troppo pochi per avere qualche certezza. Khan el Khalili è anch'esso un quartiere dove la storia è stratigrafata: fu costruito nel 1292 dal sultano el-Achraf Khalil sopra le tombe degli antichi califfi fatimidi. "Quante tombe ... Si stendono fino all'orizzonte, ammantando la terra che sembra offrirle a un nemico immaginario in un gesto di sottomissione. Città di silenzio e di verità. Sito di trionfi e di sconfitte, di omicidi e di vittime. Luogo di appuntamento di ladri e poliziotti che, per la prima e ultima volta, riposano in pace l'uno accanto all'altro". Alle falde del Muqattam, dove vive la maggior parte dei nubiani spostatisi al Cairo dopo la costruzione della diga di Assuan, si stende la. Città dei Morti. Le case di questo sterminato e poverissimo quartiere sono ad "altezza lapide". I mamelucchi nel 1300 attribuivano una particolare importanza alla costruzione delle tombe, considerate una sorta di status symbol familiare; a fianco delle tombe venivano costruite delle abitazioni per consentire ai vivi di trascorrere comodamente i giorni qedicati al culto dei morti, trasferendosi in questa specie di seconda casa. Quanti egiziani vivono oggi nella Città dei Morti? Nessuno può dirlo, i truèifacilmente si rifiutano di portarci i turisti. Sayyed el Sayyed, la mia guida, non fa nessuna difficoltà; le strade sembrano deserte, la grande Moschea En-Nasir Muhammad è una presenza dominante e lontana dall'alto della Cittadella, un bambino all'angolo di ùna via guarda con curiosità la nostra automobile passare. Mille.e mille lapidi spuntano dai bassi muri di cinta, inquietanti sentinelle di pietra. Un ragazzo apparso dal nulla ferma la macchina, si offre come guida per una visita alla moschea Imam-El-Khafey nel centro del quartiere. Il ragazzo mostra una banconota da un pound egiziano, penso che voglia dei soldi, Sayyed mi spiega pazientemente che la moschea Imam-EI-Khafey è quella raffigurata da un lato della banconota. Nella moschea è fresco, due bambini giocano appendendosi alle grate di una finestra, ragazzi studiano sdraiati su una stuoia di paglia. Le circa mille moschee del Cairo sono altrettante "case di Maometto", non vi si va solo per pregare, ma per stare tranquilli, chiacchierare, bere una tazza di tè. Quest'immagine della moschea come un luogo di incontro, e nori solo di preghiera, ricorre spesso nei libri di Nagib Mahfuz. "Si può interessare agli stranieri solo raccontando ciò che si conosce bene, ciò a cui si appartiene." Mahfuz non esce dai suoi quartieri, i suoi personaggi vivono intensamente in spazi limitati, ma attraversati spesso da un vento çaldo, secco e pieno di sabbia. Il deserto circonda il Cairo come il mare un'ìsola, e la sua presenza nell'atmosfera della città è chiaramente avvertibile.• L'altro Cairo, quello più ricco delle vecchie ville anni Trenta sulla Comiche che percorre il Nilo, è come un paese straniero per lo scrittore. Infatti è zona di ambasciate, di alberghi grattacielo americani, uguali ormai in tutto il mondo. La sede del giornale "Al Ahram" è in un grattacielo troppo alto per la piazza relativamente piccola in cui è situato. L'appuntamento con Mahfuz è qui: è il suo posto di lavoro da molti anni. "Egli sfoglia il giornale az-Zahra in cui per caso trova una rubrica di Rauf Aluan ... Egli si ferma davanti alla sede del giornale az-Zahra, in piazza Mari f. Un edificio imponente ... E questo cordone di automobili · che lo attornia come una catena di sentinelle poste a difesa di un muro che incute paura. Il rumore delle macchine tipografiche dietro le inferriate degli sfiatatoi somiglia al borbottio delle persone che dormono nelle celle. Entra con un gruppo di impiegati, si ferma davanti alla portineria e, con la sua voce grave, chiede: "Il professor Rauf Aluan?" L'addetto lo squadra, visibilmente irritato dai suoi insolenti occhi a mandorla, poi risponde seccamente: "Quarto piano" ... Non appena giunto in fondo al corridoio del quarto piano, prima che l'usciere riesca a fermarlo, irrompe nell'ufficio del segretario. Si ritrova in una grande stanza rettangolare con una grande vetrata che si affaccia sulla strada ..." (Il ladro e i cani). Anche Mahfuz come il professor Rauf Aluan, uno dei protagonisti de 42 Il ladro e i cani, ha una rubrica settimanale su un grande quotidiano, dove scrive in un ufficio al quarto piano; il suo articolo appare ogni giovedì, il giorno della settimana precedente alla festività del venerdì, la domenica dell'Islam. La stanza dove Mahfuz ci attende in piedi sorridendo è rettangolare con una grande vetrata che dà sulla strada. Ha un bel sorriso, un abito grigio di fattura indefinibile, un vistoso apparecchio acustico, una serenità calma e un po' distaccata tipica delle vecchiaie intelligenti. È nato al Cairo il 12 dicembre 1911, è sposato e ha due figlie: Fatma e Umm Kulthum. Il romanzo, così come lo intendiamo noi, è giovane nella letteratura araba, ha circa l'età di Mahfuz, prima c'è un vuoto che è durato dalla raccolta di favole Le mille e una uotte per circa 1.500 anni. "I miei maestri Taha Hussein e Tawfik Al Hakin, da tempo scomparsi, avrebbero meritato il premio molto più di me. iv1a penso che questo sarà il primo dei giusti riconoscimenti alla letteratura araba. Arriva alla fine della mia vita, mentre tutti noi avremmo avuto bisogno di un riconoscimento del genere molto tempo fa, per incoraggiare le nostre convinzioni e la nostra gravissima condizione nazionale." Così dichiarò lo scrittore ai giornalisti subito dopo la vittoria del Nobel. Mahfuz si sottopone con pazienza alle domande dei giornalisti, ha una voce dolce, un po' roca. "Niente è cambiato al Cairo nei vicoli e nei quartieri più poveri di questa città, i personaggi dei miei libri hanno cambiato poco o nulla delle loro abitudini esistenziali. Penso che il peggior nemico della letteratura sia la televisione, la gente si incanta davanti alle telenovelas e non legge più". Negli scritti di Mahfuz le droghe leggere, e anche l'oppio, spesso sono di uso quotidiano per i protagonisti dei suoi libri, uno dei suoi personaggi, venditore di hascisc, si lamenta che il governo proibisca la vendita della droga, non condannata dal Profeta, e consenta invece la libera vendita del vino, bevanda proibita ai seguaci dell'Islam. "L'eroina è una droga che mi fa paura quanto la bomba atomica. Sono molto spaventato dall'espansione di questo tipo di droghe. Mi chiedete del ruolo femminile oggi in Egitto. Le donne hanno sempre avuto una grande importanza, a loro ad esempio, da sempre, è affidato il compito di combinare i matrimoni, senza l'intervento e la mediazione di una donna il matrimonio diventa un'operazione impossibile ancora oggi. Certo, le donne egiziane del Novanta lavorano studiano e hanno un ruolo ancora più predominante.nella società, il protagonista della mia Trilogia del Cairo si potrebbe oggi chiamare Sayyeda, invece di Sayyed. "Non riesco più a scrivere come un tempo per via dei miei occhi. Scrivo solamente un'ora, un'ora e mezzo al giorno. Oggi il mondo della letteratura, soprattutto del romanzo, è come un vasto palcoscenico in cui sono entrati in campo di forza, usando le lingue e i generi europei, intellettuali e artisti provenienti da civiltà un tempo chiuse in se stesse. Una volta l'Europa si poneva al centro dell'universo, e distribuiva verso l'esterno, l'altro da sé, verso territori percepiti come periferici, le proprie lingue imperialistiche, i propri modelli religiosi, antropologici, culturali. Ora la frontiera mobile del grande movimento coloniale e post-coloniale si sta ripercuotendo in direzione nostra, e ritorna verso quella che era un tempo la testa dell'impero: verso le capitali europee. E vi ritorna portando con sé la ricchezza immensa di culture altre, di voci diverse. In passato, l'Europa è vissuta per la conquista: ora è venuto il momento della conoscenza. Il mio romanzo preferito, A 'bat-Agdar (Le assurdità del fato), non è mai stato tradotto in italiano, appartiene al mio fi Ione nazionalista denominato Nuovo Faraonismo e l'ho scritto negli anni Quaranta, dopo aver tradotto dall'arabo ali' ingleseAncient Egyptdi James Becky." Mahfuz stringe fra le mani, compiaciuto, Il tempo dell'amore, il suo ultimo Libro tradotto in italiano e pubblicato da Pironti, un libro particolare nella sua balzachiana produzione, l'unico in cui il racconto è affidato a una terza persona. "Affidare il parrare a un altro, mi è servito a dare una specje di distacco al racconto, ma resta un caso isolato, non ho mutato il mio modo di scrivere.:.". È giunto il momento dei saluti, delle fotografie ricordo, delle firme sui libri; fuori la città è ansiosa di ringhiottirci nel suo respiro ansimante e trafficato. "Il narratore racconta: Ma chi è il Narratore? Non è forse meglio presentarlo, sia pur brevemente? È una persona indefinita e senza storia, non è un uomo e neanche una donna, non possiede identità né nome ..." (Il tempo dell'amore).

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