I CONFRONTI I Visita al Cairo,visita a Mahfuz Martina Vergani · La strada che conduce dall'aeroporto al Cairo è un viale larghissimo percorso da automobili dai colori più improbabili che vanno a grande velocità sfiorandosi pericolosamente come in un autoscontro di luna park. Lo Sheraton è sul ciglio della strada, inquietante enorme edificio bianco e nero, il nero è la testimonianza sinistra di un incendio forse 'doloso, avvenuto due mesi fa, l'albergo è ancora chiuso. ' "Mentre si avvicina percorrendo la strada delle colline, egli guarda la porta aperta. Per quanto ricordi è sempre stata spalancata. È un lµogo di buon.i ricordi situato nel quartiere di Darrassa, tra i due bracci del Muqattam. Il terreno sabbioso pullula di bambini e di insetti ... Sono molte le persone pigramente sdraiate all'ombra della collina, che ripara dai raggi del sole ormai obliqui." (Il ladro e i cani, Feltrinelli). Il viale che porta in città sfiora il quartiere Gebel el Muqattam a est del Cairo, uno fra i luoghi dove i protagonisti dei libri di Mahfuz si muovono. Lo scrittore non è mai uscito dall'Egitto. Dal diciottesimo piano del mio albergo non vedo la fine di questa sterminata metropoli, a occidente una luce opalina gialla diffusa segnala l'imminente tramonto, lontanissime a ovest le piramidi sembrano bizzarri tetti triangolari sospesi in mezzo ai grattacieli, quasi tutti hotel, del Centro Quasr-en-Nil. Lo sviluppo demografico del Cairo è un fenomeno incontenibile, ogni secondo nascono tre bambini, ogni anno sono circa 300 mila i nuovi abitanti, che si aggiungono ai quattordici milioni già esistenti. Le donne rivendono le pillole anticoncezionali distribuite dalle organizzazioni pubbliche, oppure le buttano via, o, ancora le usano come concime per le piante"sensibili agli ormoni secondo alcuni orticultori del posto. Per dare la possibilità a tutti i bambini del Cairo di studiare, si dovrebbero costruire 65 classi al giorno, 2.000 al mese e 24.000 ali' anno. Il territorio abitabile egiziano è solo un sesto di quello italiano per 56 milioni di abitanti. Gli autobus sono vecchi e scassati, molti passeggeri compiono il percorso aggrappati uno all'altro all'esterno, come in un pericoloso gioco acrobatico circense, guardando sotto il te~azzino della mia camera resto affascinata dalle automobili che scorrono veloci, dando dei continui colpi di clacson, il traffico è disumano, ma scorrevole, mi domando, se quel Cairo, che ho amato attraverso i racconti di Mahfuz esiste ancora, o è scomparso per sempre. "Mi piace molto giocare nello spiazzo tra il tunnel e il monastero. E, come tutti i bambini, mi diverto ad osservare i gelsi nel giardino del monastero." (Il nostro quartiere, Feltrinelli) Vicino alle mura della vecchia città il monastero derviscio pieno dei sogni infantili di Mahfuz è immutato al centro del quartiere El-Gamaliya dove lo scrittore è nato. "Il monastero è lì, simile a una piccola fortezza circondata dal giardino. Come sempre, il portone è chiuso con un catenaccio, invalicabile, anche le finestre sono sbarrate, tutto l'edificio assomiglia a qualcosa di irreale, pistaccato e indifferente al resto del mondo, a cui tendiamo le nostre mani, come se volessimo toccar la luna. Talvolta appare nel giardino una figura con una lunga barba, avvolta in unmantello svolazzante econ uno zucchetto di cotone ricamato."(/ l nostro quartiere). Il monastero derviscio è in restauro, il tunnel su cui avevo molto fantasticato è un banale sottopassaggio pedonale, le antiche mura sono lì di un colore indefinibile, e sempre, la luce del deserto si spande sottile e implacabile su tutta la città. Il Cairo è una, dieci, cento, mille città e situazioni differenti: la hall del Ramses Hilton è affollata da palestinesi. Fuori dall'albergo la città ti affascina e ti spaventa nello stesso tempo, la storia ti attanaglia la gola, come un pasto troppo abbondante. Alle piramidi di Giza ci sono pochissimi turisti, ma molti egiziani, passeggiano e mangiano nascosti fra i gradoni della grande piramide di Cheope protetti dai blocchi di calcare. Centinaia di sedie in plastica bianca sono rivolte verso la Sfinge, ingabl;i.iatada un'armatura di ferro per il restauro del misterioso volto di Cheope uno fra i faraoni di cui si sa meno, forse oggi sarebbe indignato di essere protagonista di quotidiani "Sons et Lumiéres". Gli egiziani dall'aspetto vacanziero ali' ombra della · Grande Piramide sembrano perfettamente a loro agio inseriti nel contesto archeologico più impressionante del mondo. li museo archeologico del Cairo può provocare un intenso smarrimento al visitatore e una profonda sensazione di "indigestione" di bellezza. Una sensazione altrettanto intensa, si prova addentrandosi a Khan-el-Khalili, anche se non è data da oggetti inanimati di migliaia di anni fa, ma da una sorta di formicaio umano in.continuo movimento, fra vicoli strettissimi, pieni di botteghe che vendono ogni sorta di merci, caffè· dove uomini, e solo uomini, stanno a fumare fissando punti imprecisati dell'aria. I narghilé sono sugli scaffali dei bar, a sostituire le tazzine e i bicchieri dei nostri caffè. "Al caffè c'è uno sconosciuto. Nel nostro quartiere, gli stranieri attirano subito l'attenzione. Ci si chiede: Da dov'è venuto quest'uomo? È arrivato dal tunnel, e ciò significa che è giunto dalla zona del cimitero, quindi non è di buon auspicio." (Tra i due palazzi, Pironti). Gli avventori di un bar a Khan-el-Khalili sono sorpresi dall'apparecchio fotografico, dalla mia maleducata curiosità nell'annusare l'aria; il profumo non è quello del tabacco, gli sguardi sono evidentemente e apertamente ostili, anche se tutti gli avventori hanno un atteggiamento passivo; la contemplazione è pervasa da un'evidente avversione nei miei ·confronti. Sayyed, il mio angelo custode, mi spinge gentilmente fuori dal caffè. L'inestricabile intreccio di vicoli del bazar profumato di spezie, è un insieme confuso di voci. "Un giorno, Omar Morgagni, si presenta al caffè tutto elegante. Ha un vestito bianco, splendente come la luce ..." (Il ladro e i cani). L'immagine di un uomo identico a come avevo pensato Omar Morgagni uno dei protagonisti del Nostro quartiere mi accompagna per qualche istante mentre mi addentro nel cuore più segreto del bazar. I vicoli, stretti, non sono databili. "Il vicolo del Mortaio, come si vede ancora da molti segni, è stato una delle meraviglie dei secoli passati e un tempo ha brillato come un astro fulgente nella storia del Cairo. Quando? All'epoca fatimita, oppure in quella dei Mamelucchi o dei Sultani? Lo sanno solo Dio e gli archeologi... si tratta in ogni caso di una preziosa antichità. Né potrebbe essere altrimenti, dal momento che il suo selciato scende direttamente fino alla grande e storica Sanadiquiyya e che lì c'è un caffè, il caffè Kirsha, con le pareti coperte di arabeschi variopinti". (Vicolo del Mortaio, Feltrinelli). Nulla sembra essere mutato per le strade del bazar, le donne camminano altere con un portamento regale, è l'abitudine di portare pesi sulla testa a far sì che i loro passi siano così liberi, i piedi sfiorano solamente il terreno annullando parte della forza Mahfuz e l'editore Pironti al Cairo (foto di Mormoni 41
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