Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

IL CONTESTO che una guerra possa portare il nome di "giusta" o di "santa", e che tale nome convenga alla stessa guerra combattuta dall'un campo o dall'altro per opposte ragioni? che si invochi il nome di Dio per conseguire una vittoria pagata con la vita di milioni di "figli di Dio"? che venga bollato come disertore e punito come traditore chi, ripugnandogli in coscienza il mestiere delle armi, che è il mestiere dell'uccidere, si rifiuta al "dovere"? che sia fatto tacere colui, che per sé soltanto, senza la pretesa di coniare una regola per gli altri, dichiara di sentire come peccato anche l'uccidere in guerra? che si dica di volere la pace, e poi non ci si accordi sul modo, appena sopraggiunge il dubbio che ne scapiti la potenza, l'orgoglio, l'onore, gli interessi della,nazione? che si predichi di porre la vita eterna al disopra di ogni cosa, e poi ci si dimentichi che il cristiano è l'uomo che non ha bisogno di riuscire quaggiù? Crediamo che questi pochi accenni bastino per dar rilievo alla nostra sostanziale contraddizione, per metterci in vergogna davanti a noi stessi, e per sentirci meno sicuri in un argomento ove la nostra troppa sicurezza potrebbe degenerare in temerarietà o in un delittuoso conformismo alle opinioni dominanti. Cristianamente e logicamente la g'uerra non si regge. Cristianamente, perché Dio ha comandato: "Tu non uccidere" (e "Tu non uccidere", per quanto ci si arzigogoli sopra, vuol dire 'Tu non uccidere"); e per di più si uccidono fratelli, figli di Dio, redenti dal sangue di Cristo; sì che l'uccisione dell'uomo è a un tempo omicidio perché uccide l'uomo; suicidio perché svena quel corpo sociale, se non pure quel corpo mistico, di cui l'uccisore stesso è parte; e deicidio perché uccide con una sorta di "esecuzione in effigie" l'immagine e la somiglianza di Dio, l'equivalenza del sangue di Cristo, la partecipazione, per la grazia, della divinità. Dove vale il Vangelo, regna la pace, negli individui' e nelle nazioni; dove si scatena la guerra, il Vangelo è violato, anche se teologi pavidi o ingenui o prezzolati, abbiano sfigurato talora le parole di Cristo per legittimare il carnaio. Quando parliamo di iniziative di pace, non ci lasciamo prendere dalla facile e ingiusta tentazione di far colpa al papa e ai vescovi di non parlare e di non fare. La colpa è nostra, della cristianità, che non dovrebbe essere preceduta dalla voce dei pastori, i quali, non una, ma cento, mille volte, adesso, prima e sempre hanno affermato e confermato l'incrollabile volontà pacifica della Chiesa. Il tacere, il non muoversi, o il muoversi lentamente, è nostro; ed è uno dei segni della nostra decadenza, che poi ci fa chiusi, lamentosi e sterili oppositori delle iniziative altrui. Ogni guerra è parsa giusta a coloro che l'hanno dichiarata o combattuta: e la storia, a distanza non di anni ma di secoli, non ci capisce niente e traccia giudizi opposti, poiché i posteri, del pari che i contemporanei, leggono faziosamente gli avvenimenti. A parte che là guerra è sempre "criminale" in sé e per sé (poiché affida alla forza la soluzione di un problema di diritto); a parte che essa è sempre mostruosamente sproporzionata (per il sacrificio che richiede, contro i risultati che ottiene, se pur li ottiene); a parte che · essa è sempre una trappola per la povera gente (che paga col sangue e ne ricava i danni e le beffe); a parte che essa è sempre "antiumana e anticristiana" (perché si rivela una trappola bestiale, e ferisce direttamente lo spirito del cristianesimo); a parte che essa è sempre 24 "inutile strage" (perché una soluzione di orza non è giusta; e sempre comunque apre la porta agli abusi e crea nuovi scontri): qual è la guerra giusta e quella ingiusta? Può bastare l'affidarsi alla cronaca pura, alle semplici date, per stabilire chi attacca per primo, chi offende e chi si difende? Tutto è così complesso e intricato: guerra economica, guerra diplomatica, guerra pubblicitaria, guerra fredda. - · Oggi soprattutto, si fa sentire più evidente l'impossibilità di discernere se una guerra è giusta o no, e se si può ancora parlare di aggressori o di aggrediti. Saremmo tentati di vedere un segno provvidenziale in questa tremenda oscurità: lamano di Dio che ci trattiene dall'abbandonarci alla logica di chi si crede giusto e uccide in nome della giustizia. Non ci si accorge che se uno soltanto non perdona, è come se nessuno perdonasse? Il peccato di uno ha inquinato iImondo. Chi sono poi coloro che non devono perdonare? Non sono uomini, ma concetti, cioè mostruosità fabbricate dall'uomo per non ascoltare l'uomo. Moloch ha figliato: nazione, stato, classe, razza, democrazia, grandezza, onore, potenza, prestigio, gloria, libertà, giustizia: sono i suoi figli di oggi, che l'aiutano a divorare l'uomo. Ma la patria - dicono - non è un interesse; la libertà non è un interesse; ma "valori spirituali". Non lo neghiamo; ma se un bene spirituale viene tradotto in termini di interesse, per questi o per quelli, si può pretendere che altri vi si immoli come sopra un altare? Dopo essere stati più volte ingannati nel corso di una stessa generazione, i poveri marciano riluttanti alla difesa di certi beni spirituali, che dovrebbero essere difesi, se veramente fossero sentiti come beni spirituali, sul piano dello spirito e con metodo adeguato. Ma la stessa attuale schematica dottrina sulla guerra - frutto di lunghe elaborazioni' ed esperienze del passato - può ancora abbracciare la realtà nuova e il nuovo gioco di responsabilità, in una tecnica radicalmente mutata? La parola "guerra", sotto la penna di Agostino e di Tommaso, significa la stessa cosa, importa la stessa logica che la parola "guerra" sulle labbra e nel pensiero di Enrico Fermi, di Einstein, di Oppenheimer, di Compson? Le rivoluzioni subite dalla tecnica della guerra non ne hanno mutata la sua stessa natura e quindi la sua significazione morale, quando ormai la guerra non è più o non può più essere un ricorso alla forza per ristabilire la giustizia o il diritto violato, ma un puro e semplice evidente suicidio collettivo? Si può ancora (in un mondo nel quale la materia cieca è divenuta onnipotente mentre l'anima e la volontà sono restate paralizzate) ripetere come viatico sufficiente: la guerra, per essere giusta, esige un motivo giusto - la guerra deve essere dichiarata dalle somme autorità dello Stato aventi per scopo di conseguire un bene e di evitare un male? Basta (nella concretezza d'oggi) il chiedere che siano esperite tutte le vie di composizione prima, che siano osservate le norme internazionali durante, che si fissino riparazioni proporzionate dopo? Non è giunto ormai il momento, per la teologia, di individuare, di smascherare, di colpire tutte quelle forme mentali, quelle tacite · acquiescenze, quelle attività crimino~e che preparano da lontano ma sicuramente le guerre? Non è giunta l'ora di denunciare energicamente tutte quelle storture blasfeme che tentano di trascinare Dio nei labirinti dell'agguato umano? E perché tanta economia di insegnamenti sopra il delitto di Caino moltiplicato all'infinito, quando tutto lo spirito e la lettera del cristianesimo è pace, carità, primato dello spirito sulla materia, e soprattutto quando il Vangelo

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==