mentre non ci voleva molto ad accorgersi qual è il vero "fantasma" che si aggira da un pezzo per l'Europa! Un coùgresso venuto da lontano L'ultimo congresso del Pci e il primo del Pds è stato un appuntamento, più che un avvenimento. Lunghe giornate di discussioni e commissioni hanno finito per consumarsi in una mezzanotte di fine d'anno, per sintetizzarsi nell'attimo di una scaqenza più dovuta che voluta, più paventata che attesa. Sarà per questo che i quindici mesi di preparazione non hanno avuto né il senso né lo scopo di fabbricare proposte, programmi, metodi e obiettivi nuovi. Una lunga rincorsa che ha stremato alcuni e ha stufato molti, una fase che ha raccolto un travaglio senza gestazione, un metabolismo senza digestione. Una specie di isolamento e di separazioné proprio come avviene nei riti di passaggio, con il prezzo pagato - e da molti rimproverato - di una sostanziale assenza dalla scena e dalle responsabilità politiche. Questa sensazione di stasi, di tempo regalato al dissolvimento del trauma, di spazio riservato al dibattito interno, appena interrotto dalle rare ostinate pattuglie di "esterni" (da quelli dei volantini a quelli del "Manifesto") non scandalizza_ma certo è imbarazzante. Non si può, nemmeno su questo definitivo congresso, azzardare dei commenti, provocare dei confronti "da fuori". La "questione comunista" si interroga su se stessa e da sé sola: sembra nata dalla coraggiosa proposta di Occhetto e non dal crollo dei regimi dell'Est. Non la si vuol.evalutare come il prodotto politico e realistico di un cambi.amento "dello stato dt;lJe.cose presenti", che magari andava compreso e approfondito più di quanto è stato fatto. Invece di essere l'occasione per riaprirsi al mondo, "la questione comunista italiana" si è ripiegata su di sé divtntando un problema di-storia nazionale, diviso per la geografia regionale e moltiplicato per la psicologia personale ... Sembra riguardi non una storia delle masse e delle coscienze ma il romanzo intimo della propria, non la responsabilità collettiva ma l'orgoglio individuale. Diventa pers.inosconveniente arrogarsi il dirittodi seguirne gli sviluppi, quando ci si accorge che "la storia comunista" viene riproposta in termini di biografie personali dei singoli militanti, ovvero celebrata nelle storie di vita dei singoli dirigenti. Un secondo imbàrazzo viene dal fatto che tutto il male che si poteva dire è stato già detto; e da pulpiti e.microfoni con i quali non si ha davvero piacere di essere confusi. Eppure non si può dar ragione alle malevole e prefabbricate "bocciature" degli avversari politici, da oggi ancora più comprensibili e scontate, perché finalmente. si tratta di libera concorrenza sul ~ercato globale dei consensi (e non può certo stupire che i negozianti di via del Corso si sentano minacciati dal restauro delle vicine vecchie botteghe oscure). Certo il Pci non -siè mai distinto per imprudenza, non ha una storia di grandi accelerazioni. Ma qui non è in ballo la lentezza provocata dalle ansie di tenuta, di conferma, di difesa·, quanto piuttosto l'assenza di proposte infilata nella copertina di una nuova offerta di sé. Si è insomma arrivati all'appuntamento con molto poco da dire e ancora nulla da dare; come se si fossero impiegati quindici mesi per risolversi a un gesto, e magari per assolversi di molti gesti precedenti.C'è voluto molto di meno per riunificare la Germania. Ci si è veramente resi c9nto che - per dirla con Occhetto - "molto è destinato a cambiare nella vita mondiale di questo ultimo scorcio di secolo"? Un terzo imbarazzo è individuale, ma non personale: si può pensare che riguardi tutti quelli che, almeno una volta, a torto o a IL CONTESTO ragione, si sono detti e sentiti "comunisti", ma non hanno mai provato la tentazione o il desiderio di entrare nel Pci. Riguarda forse quanti hanno fin qui atteso, sperato, osservato, ma si trovano · ancora una volta a concludere che quella "storia" non li riguarda e che questa "cosa" non li interessa. Francamente per molti di noi la· scomparsa del Pci non è prematura né dolorosa, eppure non ci fa gran comodo. Era meglio· continuare a polemizzare "da fuori", a giocherellare con quella sorta di entrismo a rovescio, con quei paragoni dai quali non si traevano mai auspici e orientamenti, ma sempre una sacrosanta indignazione, e anche qualche compiaciuta gratifica (a dire il vero). Adesso, assieme al Pci, cadono - se c'erano - gli alibi del disimpegno impegnato, si svuota l'idolo polemico di un confronto a distanza e abbastanza inattivo. Adesso non è più sufficiente motivare .unanon-adesione a un nuovo partito, occorre risolvere in altro modo la questione della politica tout court. Non si tratta di non credere al cambiamento del Pci, di supporre con compiacimento che la nascita del Pds non sia stata frutto di una miracolosa trasfigurazione nia di una banale dissolvenza incrociata. Non si tratta nemmeno della sacrosanta diffidenza con cui ci si ostina a guardare "gli uomini" (del resto sempre gli stessi) del partito, soprattutto in un momento in cui è inevitabile-che contino più delle idee. Quello di cui si è consapevoli è che il gioco della politica dei partiti è sempre più inadeguato e alienante, davanti alle molte cose che stanno per cambiare, ma anche a fronte di quelle che sono già cambiate. È facile e perfino ingiusto dire che il cambiamento del Pci è davvero poca cosa di fronte alle trasformazioni in corso e in arrivo. È facile, è ingiusto, ma è vero. Così come è vera la dis11{fr~io111' per la politica tante ,·olte rinl"acciata e temuta dai EUSCITIOLNUOVONUMERDOI: · 1aRiviSfeiSPECIALE LIBROGAME ALLACONQUISTA DEIBAMBINI LUPITTI I FILOSODFEI LLSOPOT ICLUB , LEGGEIRNESOCIETA VIA-OAVER7IO- ,20122MILANO- 02 / 5450777 19
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