Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

rimaste le sole a parlare di vita di sezione e problemi del comune di appartenenza. Le uniche ad avocare a sé conoscenze e competenze relative ai problemi sociali, a evocare direttamente la società civile, a invocare la gente comune di tornare ad avere fiducia nella politica. · Si ha la sensazione che alle donne (o al massimo ai giovani) venga lasciato il compito di rappresentare "la base", interpretarne i problemi. Sullo sfondo delle grandi piaghe della società italiana, la criminalità, la mafia, la droga, che abbisognano di grandi rimedi politici, ci sono i piccoli accessibili problemi dell'elettorato. Francamente questa arcaica divisione dei ruoli sconcerta, ma ancora di più preoccupa l'assenza di una analisi sociologica più profonda: nqn sembra si formino nuove ipotesi o nuove opinioni sulle trasformazioni in atto, ma ci si contenta di registrare il lamento giovanile e l'insoddisfazione femminile, come·test di una mancata soluzione ai "problemi" (c'è ancora un compito per la sinistra). O appena come segni di un elettorato potenzialmente più vasto (c'è ancora una possibilità di vittoria). E sono molto gli interventi "al femminile", non importa se non tutti eseguiti da donne: il ritornello da cui si riconoscono è quello sull'indifferenza della gente, come segnale di disagio esistenziale e di sfiducia nella politica, e invece potrebbe anche darsi che la gente avverta un disagio quando si parla di politica e soffra una più complessa sfiducia esistenziale. In fondo una condizione simile a quella che traspare dai volti e dai discorsi di molte delegate e delegati "di base". Forse sono molto più vicini alla gente di quanto essi stessi vorrebbero. I disagi sono la materia prima della politica. Purché non siano interni al proprio partito. Il primo intervento che mi capita di ascoltare è quello di una delegata di Treviso: " ...il Pds dovrà essere un laboratorio per aprire unconfronto con quei cattolici che hanno un profondo disagio con la Dc come partito di potere ..." È solo il primo, ma non sarà l'ultimo intervento che chiamerà all'appello il mondo cattolico. Pian piano anzi si conferma il sospetto che l'attenzione e l'interesse verso i cattolici siano non solo aumentati, ma cambiati di segno. Ieri erano di più, oggi sono i migliori. C'erano una volta i cattolici come grande base elettorale e oggi ci sono i cattolici dei movimenti di base: non è un mistero quanta parte di movimento pacifista e di associazioni di volontariato sono fatte da credenti. Né è una difficoltà capire che i credenti, proprio in quanto tali, dimostrano una tensione e una continuità maggiore degli altri. L'apertura non è soltanto necessaria, ma si fa autentica e urgente: non si tratta più di erodere i consensi del partito di maggioranza, non si tratta come una volta di conquistare con la diversità delle posizioni e delle proposte - e perfino con una sfida morale - i delusi e gli stomacati dalla Dc. La tentazione e la seduzione sembrano venire adesso dall'altra parte: si vuole carpire, e magari anche capire e condividere, la letterale "buona" fede, che scarseggia sempre di più nella laica e gaudente sinistra. La "terza via" allora non è esaurita, predica Asor Rosa. E chiede al partito un altro po' di "necessario anche se provvisorio isolamento", cui corrisponda un lavoro politico che porti a un avvicinamento alle masse cattoliche. La terza via doveva essere una circonvallazione: a giro ultimato si scopre che il sogno del Pci non era quello di prendere il potere, ma quello di sostituire la Dc come partito. In meglio naturalmente, non stentiamo a crederlo. La gente, la società, la cultura in fondo già c'è: manca un partito come si deve. Forse è questa la lotta fra i partiti, ed è per questo che così poco interessa la "società civile". ILCONTESTO Al Congresso di Rimini (foto di Luigi Baldelli/ Contrasto) Ma come convinct;re masse o singoli, cattolici e non, a scendere in campo con il Pci-Pds? Cosa proporre in cambi_ooltre il proprio cambiamento, oltre il nome diverso, oltre l'albero nuovo da far crescere insieme, oltre le vecchie e orgogliose radici mai rinnegate? "Il partito è nudo" e lo dice da solo, anche con molta durezza. Non può proporre altro che se stesso. Anche per questo non può permettersi scissioni, non può rinunciare all'orgoglio della propria storia, non può rischiare di perdere niente e nessuno della sua organizzazione e del successo accumulato fin qui. Si tratta ancora · del secondo partito d'Italia e può mettere a disposizione la capillarità e l'efficienza di una grande organizzazione per fare "politica". . C'è tempo per decidere esattamente quale politica o per i dettagli del "che fare". Intanto si tratta della politica in quanto tale, della scelta di fare politica o no. Ci si rende conto che per molta sinistra emersa e sommersa la trasformazione del Pci rimette in discussione molto di più di un programma; forse la stessa decisione se fare (e credere, e portare avanti) un qualunque programma con i modi e i tempi e le logiche della politica di partito (anzi della politica dei partiti). I frequenti richiami ai movimenti si_possono leggere anche così, come inviti allarmati, come minacce velate - del resto nel . solco di una lunga tradizione - ma stavolta con quel timore, lo smarrimento, la debolezza di chi sta in un vuoto di identità, 17

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