IL CONTESTO Non è colpa del mezzo, che appare ridicolo e impotente. È soprattutto colpa della guerra e sarebbe anche questa, nelle falsità che alleva, una buona ragione per non farla. Ma forse una picèola colpa ce l'ha anche il "sistema", diciamo il "sistema" di casa nostra, radiotelevisivo e cartaceo. Sceso in massa nel Golfo, presidiando ogni porto e ogni capitale (qualcuno si è persino inventato, come è capitato in un quotidiano romano, fronti di guerra inesistenti pur di strappare un posto da inviato) 'è rimasto a guardare ... E a leggere le veline. Veline di tutte le specie e di tutte le qualità: quelle dei ministeri, qu~lle dei comandi miiitari, quelle dei generali e dei colonnelli, persino quelle dei colleghi (come ci ha diffusamente raccontato un inviato di Repubblica a proposito del pool che dopo la visita guidata alle portaaerei stila comunicati stampa ad uso dei colleghi rimasti a presidiare gli alberghi). I nostri inviati spiegano ripetutamente che altro non si può fare. E soffrono la loro lontananza dal fronte e dalle notizie, al punto da ricreare l'ambiente per i téleutenti indossando maschere antigas in camera, senza accorgersi che alle spalle la troupe, comparsa inattesa in video, continua a lavorare come se nulla fosse (come nei film storici anni Cinquanta, quando dietro un elmo o un'alabarda o uno scudo romano, dietro un pretoriano o una monaca di Monza, compariva un interruttore della luce Ticino). . · · L'inviato ha ragione: che altro si può fare se ti negano i visti, se ti impediscono i movimenti, se ti proibiscono persino di parlare con un militare qualsiasi a proposito del rancio, se la guerra è lontana, novemila metri sopra le nostre teste, e quando arriva in basso, aBaghdad o Bassora, è ormai la guerra degli iracheni, degli sconfitti, delle bombe esplose, delle case distrutte. La guerra dei nemici. Ma si potrà pur dire che c'è qualche cosa di rovinosamente ridicolo in quei primi piani immobili, con uno sfondo di uffici, oppure di camionette in transito da film di repertorio, di cieli segnati da missili come fossero fuochi pirotecnici. Sono quadretti ad memoriam: "Io c 'éro. Ho visto i missili, i marines, le navi". Più ché testimoni, protagonisti, di quelli che la storia la fanno davvero, di quelli che il mondo intero (e soprattutto il mondo intero dei posteri) dovrebbe invidiare. ·· Perchè accusarli? Che cosa mai sarebbe loro consentito? Non lo so, marni chiedo se questo interrogativo si debba accettare così, come viene proposto, retorico e basta. Mi chiedo cioè se non ci sia davvero qualche cosa·di divèrso da f.are, se in quell'impotenza non si nasconda il vizio nostro di un giornalismo di potere e di · .monopolio, se la questione insomma non sia ancora una volta "politic,a'', piegata al conformismo d'obbligo della politica, che in questo.caso, salvo poche e sbeffeggiate posizioni, è guerriera e maschia, censoria e un po' fascista e che sposa per opportunismo da pentapartito la vecchia tesi che in tempo di guerra l 'opposizione deve tacere (appunto: "Taci, il nemico ti asc9lta"). · Forse, se per sopravvivere non ci si adeguasse, qualche cosa di diverso si potrebbe dire, solo se non si pretendesse di informare . a tesi, se si volesse tentare di informare davvero, se si capisse che la guerra è tante cose assieme, bombe cannoni politica petrolio, e 10 Due egregi commentatori televisivi: Giuliano Ferrara e Furio Colombo. • non ci si nascondesse dietro il mito di un diritto infranto e di una giustizia riparatrice. Se si partisse da qui cadrebbero certi toni, cadrebbero certi argomenti da "guerra santa", da "invincibile armata", come se si fosse tornati tutti ai terribili e ingenui giochi da ragazzini quando il marine John( o il cowboy Billy) sterminava gli sporchi musi gialli (o i perfidi apaches). Leggere i titoli. Il piglio militaresco è dominantr Davanti al movimento infernale di aerei che solcano i cieli c'è il compiacimento del generale della riserva. Ogni Patriot che va a segno è un goal e reclama urla di gioia. C'è Unamistificazione al fondo, che la televisione accentua: come se la guerra fosse lontana, non ci appartenesse; lo schèrmo a colori segna la distanza e assume il significato di un videogame. - La guerra è bella, diceva Giorgio Bocca. E l'affermazione nella sua sconcezza e paradossalità può sembrare vera, con la complicità di uno schermo che riduce tutto alla semplicità di un film, . ritaglia gli uomini e gli eventi secondo una stereotipia elementare, comprensibile e spettacolare. A questo punto, dovrebbe essere la radio, la "voce", a rivelarci il resto: il brutto, il complicato, il contraddittorio, l'ambiguo. Sarebbe possibile se non scattasse la censura, che non è quella dei comandi militari o di Saddam, ma è quella di "sistema" endogena e metabolizzata secondo i canoni della lottizzazione, che c'entra sempre perché si è sempre lì a nome di qualcuno e questo basta a mettere da parte o ridimensionare qualsiasi mestiere, qualsiasi informazione. Se non c'è la censura con l'autocensura, basta il conformismo, che è un bel patrimonio patrio. La, concorrenza, sembra, si vince così: ripetendo le cose che dice l'altro. L'importante è andare tutti d'accordo su alcuni concetti cardine intorno alla distribuzione dei diritti e dei torti, nel segno dell'equilibrio di regime. o addirittura del silenzio, secondo le direttive Pasquarelli. . Anche quando si fa la cosidetta televisione-verità, che raccoglie i pareri della gente, che piace tanto a Raitre: per esempio ho sentito dire da una signora del ghetto di Roma che è tutta colpa degli arabi e che i palestinesi bisognerebbe ammazzarli tutti,_ma nessuno si è mai sognato di ricordare come sia nato e per quali ragioni lo Stato d'Israele. Parzialità ... Siamo ai tabù, a un discutere di storia senza memoria storica. Può rinascere così, in batteria, come i polli, una
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