Linea d'ombra - anno IX - n. 58 - marzo 1991

IL CONTESTO Interessanti e nuove le prese di posizione di molte suore, sia come singole sia anche nei loro organismi di coordinamento, nazionali e internazionali: segno evidente di una diffusa coscientizzazione non soltanto a favore della p~ce nel mondo, ma contro la partecipazione italiana alla guerra. Posizioni diverse, dunque (possibilità odierna di una guerra giusta; ritiro o meno delle forze armate dal Golfo; obiezione di coscienza o diserzione; quale rapporto con le forze politiche, _ecc.) ma unite da alcuni elementi tutt'altro che insignificanti: la convinzione che la guerra - questa guerra, per lo meno - produce più disastri che altro, che il gioco (la guerra) non vale la candela (il ristabilimento del diritto internazionale violato); comune in tutti la presa di distanza più o meno esplicita dal governo italiano a guida Dc. Non è poco. Già nel passato settori importanti del cattolicesimo italiano avevano preso le distanze da qualche decisione Dc (si pensi al cartello "Educare e non punire" contro la legge JervolinoVassalli sulla droga) ma mai la opposizione era stata altrettanto diffusa e profonda. Si fa perfino fatica a trovare qualche autorevole espressione cattolica favorevole alle posizioni governative (fra le eccezioni, don Gianni Baget Bozzo). 2. Quali i motivi di tale diffusione, le radici del florido albero del pacifismo cattolico? Credo che si tratti di radici interne allo stesso cattolicesimo e che sia fuorviante rifarsi al desiderio di alleanze politiche nuove. Non si tratta di un "cattopacifismo" - secondo l'accusa di molti "laici" dell'area di governo - che avrebbe gli stessi ascendenti del cattocomunismo di un tempo e ne rinnoverebbe le brevi glorie. Fra le radici bisogna ricordare l'attenzione al terzo mondo che ha caratterizzato; ~ fortemente, i recenti anni del cattolicesimo italiano (impegni, gruppi, stampa ...) nonché l'attenzione a tutti i tipi di emarginati (compresi gli immigrati). Accanto a Pax Christi, dunque, la Charitas, i suoi volontari, i suoi obiettori di coscienza. Soprattutto, fra le radici del nuovo pacifismo, va annoverata la nuova posizione sulla guerra, maturata intorno al concilio Vaticano li: la dottrina della guerra giusta è finita. La sua lunga storia - che avrebbe potuto anche essere molto positiva se la si fosse applicata accuratamente-è tramontata con Hiroshima, il concilio, don Milani, il Vietnam, pernominare soltanto alcuni punti fermi del suo funerale. Un tramonto la cui portata soltanto oggi, di fronte alla guerra d~I Golfo, siamo in grado di misurare. Si noti bene che si tratta · di un tramonto non ideologico. È venuta meno non la dottrina in sé, ma uno dei capisaldi su cui si reggeva, una delle condizioni fondamentali per la "giustizia" della guerra, la proporzione, cioè, fra i mezzi - le distruzioni - e il fine, cioè il presunto ristabilimento di un diritto. Ecco perché oggi i cattolici contrari alla guerra non negano il diritto del Kuwait né quello dell 'Onu; ecco perché gli argomenti che ricorrono alla validità di tale diritto non li convincono. Non quel diritto è in questione, ma la proporzione: meglio, la possibilità che questa guerra, con le sue caratteristiche attuali e facilmente prevedibili, ristabilisca quel diritto. Non tanto Gandhi, quindi, tanto meno un pacifismo di tipo assoluto: a guidare l'attuale pacifismo cattolico troviamo piuttosto don Milani e il Vaticano II, con la proclamazione della fine di quella dottrina della guerra giusta sulla cui base per secoli erano state benedette armi e bandiere. 8 3. Non che con questo tramonto tutto sia chiarito, tutt'altro. Il nuovo pacifismo si trova a dover affrontare e risolvere nuove e gravi antinomie, per le quali sarebbe necessario in po' di tempo di dibattito e di maturazione, tempo che il dramma della guerra, invece, non concede. Mi limiterei a indicare - non certo a risolvere - due fra le antinomie che mi sembrano più interessanti e cariche di conseguenze pratiche. La prima antinomia si potrebbe situare fra i poli dell'assoluto e del relativo, ovvero, dell'utopia e della politica. Le due coppie non si identificano, ma si apparentano strettamente. La fine della dottrina cattolica della guerra giusta si deve applicare a tutte le guerre di oggi e di domani o soltanto a questa guerra che ci troviamo di fronte? La prim_aposizione - ogni guerra è ormai ingiusta- è più chiara e coerente, ma si espone ad alcune obiezioni (quelle avanzate, per esempio, da Bobbio) come a quella sulla nostra "giusta" guerra di liberazione. Né sembra corretto identificare il pacifismo "assoluto" con la nonviolenza, che esige un altro discorso. Analogamente: se il pacifismo si dirige verso l'assoluto, rischia di ridursi a una forma, per quanto nobile, di predicazione, a una utopia.· Se il pacifismo cattolico, invece, affrònta i problemi concreti di una situazione come l'attuale, indicando Foto di Luigi Boldelli (Agenzia "Contrasto)

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