Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

CINEMA TÈ E ANTIPATIA BERTOLUCCLI,'AFRICAB, OWLES Anno Cataldi Accade che ottimi film sul cui messaggio varrebbe la pena di soffermarsi almeno per un attimo escano nelle sale cinematografiche per svanire nel nulla dopo pochi giorni di programmazione, senza lasciare nel pubblico alcun rimpianto, poiché nessuno lo ha informato della loro esistenza. Altre volte succede il contrario. In occasione della prima mondiale di.Il tè nel deserto tratto dal non omonimo romanzo dell'ottantenne scrittore americano Paul Bowles, fiumi di parole hanno invaso i quotidiani lodando il fi,lm, criticandolo, vivisezionandolo, scandagliandone ogni possibile significato recondito, senza che nessuno si accorgesse che Bernardo Bertolucci aveva sciupato una grande occasione. Infatti l'istinto o il destino con quel libro gli aveva messo a portata di mano la possibilità di esprimere la vera profonda ansia che sèrpeggia in questo momento fra tutte le cosiddette popolazioni civilizzate del globo. Un'ansia che non è la banalità del rapporto personale, della crisi della coppia e dei problemi della non comunicazione (banalità che, avente come epicentro le stesse parole del regista, risuona ovunque sulla carta stampata), ma il terrore collettivo· della sconfitta tecnologica in cui la sopravvivenza di noi tutti viene messa in pericolo. · Non a caso Paul Bowles scrisse il suo romanzo nel 1947, due anni dopo quell'agosto del 1945 in cui la lettura_dei giornali sulla bomba di Hiroshima lo aveva fatto fuggire da un' America a cui non sentiva più di appartenere per approdare in Nord Africa alla ricerca non di una protezione geografica (poiché gli aerei e le bombe l'avrebbero forse raggiunto anche lì) ma di una rassicurazione interiore. Questi! poteva soltanto provenire dall'immersione in una cultura primitiva i cui riti immutati_nei millenni si. contrapponevano alla terrificante velocità di distruzione dell'arma nucleare inventata dagli scienziati. Pi.no ad allora Bowles non era stato uno scrittore, ma un musicista, piuttosto noto anche. Fra l'altro aveva composto la musica per la prima commedia di grande successo di Tennessee Williams, Zoo-di vetro. Negli anni in cui Hollywood fece poi moneta corrente delle opere di Williams, collaborò anche alla colonna sonora dei suoi film. Si stabilì dunque inMarocco nel 1947 e la moglie Jane lo raggiunse portando con sé il romanzo che, paralizzata dalla nevrosi, non riusciva ·a terminare. Per aiutare Jane a scrivere Bowles ritrovò la vocazione di adolescente, che era stata quella di comporre le parole invece che lé note. Divenne scrittore e non solo non tornò più in America, ma, a differenza di altri americani vissuti ali' estero (Henry James, Nabokov, Gore Vidal) non scrisse mai storie ambientate nel suo paese d'origine. Non sorprende quindi che gli Stati Uniti lo ricambiassero con un silenzio ovattato, 90 interrotto solo occasionalmente dal rumore serpeggiante a Hollywood fra pochi eletti dell 'esistenza di un libro interessante e semisconosciuto, da cui si sarebbe potuto trarre un buon f\lm. La prima persona che me ne ,parlò fu il regista Paul Morissey, uqa mattina di novembre, a Los Angeles, nel 1978. Morissey disse: "Dovresti leggere un libro sull'Africa, The sheltering sky". "Di°che cosa parla?" chiesi. "È la storia di un uomo e di una donna. Una coppia di iotellettuali nevrotici in viaggio in Nord Africa. Lui muore di tifo e lei viene rapita da una carovana di cammellieri e con loro attraversa il deserto. Alla fine è ritrovata, ma al moménto di rientrare nella civiltà ha un rifiuto e torna a vivere nel deserto." Raccontata così la· vicenda mi affascinò. Quel "tornare a vivere nel deserto" ai mieì occhi europei evocava tutti i luoghi comuni delle Mille e una notte. Ancor prima di aver trovato una copia del libro (che era fuori commercio) mi misi a far ricerche sui diritti cinematografici. Il risultato non fu incoraggiante: nel 1964 il regista Robert Aldrich aveva comprato i diritti, rinnovandoli quando erano·scaduti. Sembrava fermamente intenzionato a fame lui stesso uri film, anche se per il momento nessuna produzione era in corso. Malgrado questo responso, quando finalmente il volume dalla sfolgorante copertina blu cielo arrivò tra le mie mani, mi tuffai con entusiasmo nella lettura ... emèrgendone delusa! Era il finale soprattutto a mutilare le mie aspettative perché Kit - la protagonista - veniva sì ritrovata, ma del suo ritorno nel deserto non si parlava affatto. Nell'ultima pagina, infatti, troviamo Kit seduta "immobi\e cbme una statua" e "con gli occhi sbarrati" sul taxi che la sta portando all'albergo di Tangeri, primo contatto con la civiltà ritrovata dopo mesi di vita con i tuareg. Il taxi si ferma e la signorina Ferry (l'addetta del consolato americano che le fa da scorta) scende a parlare con il portiere. " ...Pochi minuti dopo, due uomini si diressero verso il taxi in attesa. Guardarono dentro la vettura, scrutarono in su e in giù lungo il marciapiede; poi si rivolsero in tono interrogativo all'autista che si stringeva nelle spalle ..." Sulla strada sta passando un tram, è buio, le luci del porto sono fioche: "... Al margine del quartiere arabo il tram descrisse un'ampia svolta a U e si fermò; era arrivato al capolinea." Dopo questo capolinea non c'è più nulla. Il libro finisce. E di Kit che ne è? Dov'è andata? Cosa le è passato per la mente? Stava male? Soffriva? Perché è scomparsa dal taxi? A noi non è dato di saperlo. Non sapremo mai se siederà due ore dopo sulla terrazza del Café d 'Eckmul-Noiseux, o se andrà in albergo a fare un bagno caldo. Forse tornerà inAmerica a farsi turare, oppure finirà in un bordello di Orano, o sarà venduta al mercato di Zagorà? Continuavo a pensare a quella fine e rilessi il libro una, due volte e poco a poco incominciai a capire che il destino di Kit non era importante perché quello che rendeva il rncconto così diverso da altre avventure di bianchi in Africa era proprio il fatto che la vicenda personale dei due (anzi tre, anzi cinque) americani era secondaria. Perché Il tè nel deserto (titolo italiano di The sheltering sky la cui tr.aduzione letteraria potrebbe essere Il cielo proteggente) non è il racconto dell'Africa vista dagli occhi occidentali di Port e Kit durante il loro viaggio senza ritomo,-ma al contrario è l'Africa che li guarda con occhi millenari facendoli diventare parte di se stessa. E stranamente a essere distrutti (Port muore e Kit impazzisce) sono loro, i due più evoluti, mentre gli altri tre americani, più stupidi e soprattutto meno innamorati dell'Africa, se la cavano. Bowles in Marocco divenne amico dei poeti arabi e si legò soprattutto a un giovane sceso

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