Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

IL SUDARIO Premchand traduzione di Laksman Prasad Mishra Sulla soglia della capanna, padre e figlio stavano seduti in silenzio di fronte a un fuoco ormai spento; dentro; la giovane nuora Budhia era in preda aJle doglie. Di tanto in tanto lanciava un urlo straziante che dava una stretta al cuore. Era una notte d'inverno; la natura era immersa nel silenzio; ·tutto il paese affogava nel buio. Ghisu disse.: "Non si salverà! Abbiamo passato l'intera giornata corrèndo da destra a sinistra; perché non vai dentro a vederla? Sei crudele, ingrato verso chi ti ha fatto godere un anno di felicità. E ora la ricambi così?" "Non posso vederla così tormentata, a torcersi per terra." Questa era là famiglia di un calzolaio, Ghisu, che aveva una pessima fama in tutto il villaggio: uno che per un giorno di lavoro, ne prendeva tre di riposo. E anche Madhav, il figlio, era un tal scansafatiche che dopo aver lavorato mezz'ora, se ne stava un'ora a fumare; perciò non trovavano mai lavoro da nessuna parte. Se c'era un po' di grano a casa non muovevano più un dito, quasi tenessero fede a un giuramento. Dopo tre o quattro giorni di digiuno, Ghisu andava a raccoglier legna e Madhav la vendeva al mercato. Finché duravano i soldi guadagnati a quel modo non facevano più nulla. Quandò ricominciava il turno di digiuno, tornavano a raccoglier legna o a cercare un lavoro. Il lavoro in paese non mancava. Era un paese di contadini: per uno che avesse avuto voglia di fare c'erano . cinquanta occupazioni diverse. Ma la gente li chiamava proprio quando non c' 1/raaltro mezzo per levarsi la voglia di vedere il lavoro di una persona sola fatto da due. Fossero stati sadhu ', non avrebbero avuto certo più pazienza e allegria, più controllo di sé e resistenza. Queste virtù le avevano nel sangue e la loro era una vita tutta particolare. In casa non c'erano che tre o quattro pentole di coccio. Si coprivano di uno straccio e così vivevano, lontani dai problemi del mondo. Erano indebitati fino al collo. Venivano coperti d'insulti dalla gente e qualche volta persino presi a legnate, ma non se ne dolevano a lungo. Erano tanto poveri che alle volte qualcuno prestava loro dei soldi, pur sapendo di perderli. Talvolta rubavano patate e piselli dai campi e li cuocevano per mangiarli o rubavano una mezza dbzzina di canne da zucchero per succhiarsele la notte. Vivevano dell'aiuto celeste; di quest'aiuto Ghisu era vissuto per sessant'anni e Madhav, suo degno figlio, seguiva le orme del padre, anzi dava ancor più lustro al suo nome. Anche ora, seduti davanti al fuoco, vi avevano cotto le patate rubate dal campo di qualcuno. La moglie di Ghisu era morta da un pezzo. Madhav s'era sposato l'anno prima e la donna, quando era venuta in casa, aveva imposto una regola nella famiglia: andava a fare la serva e riusciva a procurarsi il necessario per mangiare e riempire lo stomaco di quegli sciagurati. Da quando c'era lei erano diventati ancora più indolenti e scansafatiche. Avevano anzi cominciato a metter su arie. Se li chiamavano a lavorare, chiedevano imperturbabili doppia tariffa. Quella donna era la stessa che oggi spasimava tra atroci dolori. B quei due forse aspettavano che morisse per poter r,iposare in pace. Ghisu tirò fuori una patata e pelandola disse: 82 "Va dentro tu e vedi come sta! L'avranno stregata! Qui anche un ojha 2 domanda una rupia per venire." Madhav temeva che se si fosse allontanato, Ghisu gli avrebbe soffiato le patate e disse: "Ho paura di andarci." "Paura di chi? Sto qua io!" "Allora perché non ci vai tu?" "Quando morì mia moglie, io non mi mossi per tre giorni dal suo capezzale; e poi tua moglie avrà vergogna di me, non le ho mai visto la faccia, e ora dovrei vederla nuda. Sarà svenuta, ma se.non lo fosse, non avrebbe nemmeno ra libertà di agit.;rregambe e braccia." "Sto pensando che se nasce un bambino, che faremo? Non abbiamo niente a casa."· "Avremo tutto se Dio ci dà un bambino! Tutta questa gente che ora non ci dà un centesimo, domani verrà a chiamarci e ci darà biglietti da cento. Io ho avuto nove figli, non avevo niente a casa. Ma Dio, in qualche modo, mi ha aiutato." In quell'ambiente le condizioni di chi sgobbava giorno e notte, nonché dei contadini, non erano migliori della loro. Anzi proprio chi andava a pitoccare, approfittando delle superstizioni di quella gente, finiva per star meglio; e, grazie a una generale tendenza ~I fatalismo, nessuno se ne sorprendeva. Anzi potremmo dire che Ghisu fosse più saggio di quei contadini, perché, rifiutando di far parte della classe dei contadini ignoranti, preferiva la compagnia di viziosi e fannulloni; mentre quelli della sua cricca erano riusciti a essere i capi del villaggio, egli invece era trattato da tutti come una pezza da piedi. Tuttavia si consolava pensando che anche se era ridotto male, non doveva almeno ammazzarsi di fatica come i ·contadini, né che la gente poteva approfittare della sua dabbenaggine. Entrambi cominciarono a tirar fuori le patate e a mangiale mentre ancora scottavano. Erano digiuni dal giorno prima, non potevano aspettare che _siraffreddassero. Spesso si scottavano la lingua. Una volta pelata, la parte esterna della patata non sembrava calda, ma in bocca, sotto i denti, era di fuoco, bruciava la lingua e la gola ed era meglio sputarla che tenerla tra i denti. Perciò tutti e due le inghiottivano in fretta, nonostante venissero loro le lacrime agli occhi per lo sforzo. Ghisu si ricordò del matrimonio del Thakur 3 , al quale era andato, una ventina d'anni prima. La soddisfazione provata al pranzo di nozze, era una cosa da ricordare per tutta la vita. L'impressione era ancora viva. Egli disse: "Non·scorderò mai quel banchetto, non ne ho mai più gustato uno uguale." ' I genitori della sposa avevano distribuito roba a non finire. Piccoli e grandi, tutti avevano mangiato puri 4 fritti nel burro puro! E tante altre cose deliziose! ~on ti dico il sapore di quelle pietanze! Nessuno che ti rifiutasse qualcosa! Chiedevi quel che volevi e ne mangiavi a sazietà.C'eravamo rimpinzati a tal punto che non c'era posto per un sorso d'acqua ed eravamo costretti a rifiutare le altre portate; coprivamo i piatti con le mani, ma quelli che ci seivivano non si fermavano e alla fine quando ci pulimmo la bocca,.servirono il pan 5 • Non mi reggevo in piedi! Subito andai a buttarmi sul letto. Come er·ageneroso quel Thakur!

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